1. LA GESTAZIONE PER ALTRI È ANCHE QUESTIONE DI LIBERTÀ
Michela Marzano per “La Stampa”
Michela Marzano
Provo a spiegarmi meglio. Leggendo commenti e critiche al mio pezzo sulla gestazione per altri (Gpa), mi sono resa conto che, forse, non ero stata chiara. Oppure avevo dato per scontato cose che, scontate, purtroppo non lo sono affatto. Quindi ricomincio e, questa volta, cerco di procedere con ordine.
O almeno ce la metto tutta, iniziando dal tema del femminismo. Anch' io, ovviamente, sono femminista; e non ho mai smesso di esserlo, come qualcuno ha detto. Esattamente come non ho smesso di stare dalla parte delle donne. Ma stare dalla loro parte, almeno per me, significa non trattarle in maniera paternalistica e non pensare che esistano persone che sappiano meglio di loro cosa sia giusto (corretto, buono, salutare) o sbagliato (dannoso, cattivo, scorretto) fare.
lucetta scaraffia foto di bacco
Non era d'altronde questo il significato degli slogan degli anni Settanta? «Io sono mia», «il mio corpo mi appartiene», «l'utero è mio e lo gestisco io». Le donne, per decenni, si sono battute affinché ognuna di loro potesse costruire autonomamente la propria vita, scegliendo se (e quando) diventare madre, se (e quando) fare sesso, se (e quando) usare la contraccezione o interrompere una gravidanza. E quando una donna non è in condizione di scegliere, perché oppressa, demunita e non libera? Potrebbe immediatamente obiettare qualcuno.
MATERNITA' SURROGATA
Aggiungendo che la mia concezione della libertà è astratta e disincarnata. Ma non è così. Anzi. Sono talmente consapevole dei limiti della libertà individuale, e quindi della necessità di non dimenticare mai il contesto all'interno del quale si prende una decisione, che sono convinta che nessuna scelta è del tutto libera.
Ma questo è vero sempre e per chiunque: uomini, donne e persone trans, giovani e meno giovani, eterosessuali e omosessuali, ecc. Decidiamo tutti all'interno di situazioni che non abbiamo scelto, visto che nessuno di noi decide in quale Paese o regione o famiglia nascere; nessuno sceglie le proprie abilità o le proprie disabilità, il proprio sesso o il proprio orientamento sessuale. Siamo tutte e tutti gettati nel mondo e, in quel mondo, proviamo a comporre con i limiti e le fratture della nostra esistenza.
lucetta scaraffia ernesto galli della loggia foto di bacco
Perché allora rimettere in discussione le parole di quelle donne che dicono di aver scelto liberamente di portare avanti una gestazione per altri? Perché dovrebbero essere prese sul serio solo le parole di chi sostiene che mai e poi mai potrebbe farlo? Il secondo snodo è quello del «diritto a un figlio». Non capisco perché mi si attribuisca questa posizione visto che non ho mai detto che un tale diritto esista.
Tanto più che, come ho scritto nel mio ultimo libro, Stirpe e Vergogna, se non ho avuto figli, è proprio perché ho a troppo lungo pensato di non aver alcun diritto di mettere al mondo una creatura che, non avendo chiesto nulla, mi avrebbe potuto un giorno rinfacciare di essere nata. Avere un figlio non è un diritto, è un dono. La paternità e la maternità non sono diritti, ma gioia e responsabilità.
MICHELA MARZANO
E il motore per diventare padre o madre, non è l'astratta rivendicazione di un diritto, ma il desiderio profondo di trasmettere qualcosa, lasciare una traccia, dare e ricevere. Non certo il Dna, come ha scritto l'altro giorno Lucetta Scaraffia. Che quando affronta certi temi, forse, potrebbe fare lo sforzo di andare sul campo e interagire con chi, questi temi, li vive sulla propria carne. Visto che tante volte non esiste alcun legame genetico tra i bambini che nascono attraverso la GPA e i loro genitori.
E allora perché, si chiederà qualcuno, non adottare? Perché mettere al mondo altri bambini che vivranno il trauma dell'abbandono, come ha suggerito Scaraffia? Anche in questo caso, però, la confusione è grande. Intanto, nel nostro Paese, l'adozione è riservata alle coppie sposate da almeno tre anni. Il che esclude ovviamente tutte e tutti gli altri. Non possono adottare le coppie di fatto, non possono adottare le persone single, non possono adottare nemmeno le coppie gay o lesbiche.
utero in affitto 2
E anche chi ha i requisiti per poter adottare, deve iniziare un percorso estenuante che non sempre finisce bene. Quante coppie sposate aspettano invano che il famoso «abbinamento» si faccia? Facile dire: con i tanti bambini abbandonati che ci sono sarebbe meglio adottarli che farne nascere altri! Peccato che, ancora una volta, la realtà sia molto più complessa. Tanto più che diventare genitore adottivo non è per chiunque.
michela marzano
Vogliamo dirlo una volta per tutte che ci vogliono doti eccezionali per adottare, visto che si deve essere capaci di accompagnare bambini e bambine che hanno vissuto il trauma dell'abbandono e, in molti casi, anni di solitudine, dolore e violenze? Vogliamo dirlo che è talmente difficile che ci sono coppie che, dopo aver adottato, rinunciano, condannando così un figlio al «doppio abbandono»? Arriviamo così al tema dell'abbandono.
E conseguentemente a quello dell'accesso alle origini che molti di coloro che oggi si preoccupano tanto dei bambini nati per GPA negano a chi è nato da madre che partorisce in maniera anonima. Il dramma, per questi piccolini, non è tanto legato al «distacco» dalla persona che li ha partoriti, quanto al «perché» dell'abbandono.
utero in affitto 1
Che è poi una conseguenza dell'assenza di desiderio. Queste bambine e questi bambini nascono senza essere stati desiderati. Durante la gravidanza, non c'è nessuno che proietta su di loro aspettative e sogni. Non c'è nessuno che, quando vengono al mondo, li accoglie con un «amore della mamma» o un «amore del papà». A differenza di chi nasce grazie alla GPA, che esiste proprio perché desiderato. Poi, come sanno bene le famiglie arcobaleno, anche questi bambini avranno il diritto di conoscere le modalità attraverso cui sono nati. Ma loro, almeno, non dovranno interrogarsi sul perché nessuno ha desiderato la loro nascita.
2. CARA MARZANO, TI SPIEGO PERCHÉ L'UTERO IN AFFITTO NON È ACCETTABILE
Lucetta Scaraffia per “La Stampa”
MICHELA MARZANO
È bastato che i partiti di destra depositassero un progetto di legge, in realtà piuttosto infelice - come può l'Italia da sola definire crimine internazionale l'affitto dell'utero? - che subito scattasse una polemica fondata sulla logica mutilante della polarizzazione, per cui dentro ognuno dei due schieramenti è ammesso solo il più rigido allineamento.
LUCETTA SCARAFFIA
Non è facile avanzare critiche libere e non ideologiche sulla pratica dell'utero in affitto. Come succede del resto per tutte le altre circostanze odierne in cui viene prospettato un allargamento dei diritti individuali, un'operazione ritenuta da molti positiva sempre e in ogni caso anche se applicata a diritti come il "diritto a un figlio": diritti sulla cui vera esistenza come tali è lecito nutrire dubbi fondatissimi. Infatti chi in queste situazioni si dichiara contrario e osa sollevare delle critiche viene subito stigmatizzato come un ottuso conservatore, per giunta "cattivo", animato da scarsa comprensione per il prossimo.
MICHELA MARZANO
Sicché la complessità morale alla quale egli vorrebbe dare voce, che è nelle cose, finisce per essere derisa e vilipesa da una certezza morale dai toni arroganti nella quale i fatti sono sostituiti dai sentimenti. Il dolore di una donna che non può avere figli, la speranza di un'altra che affittando l'utero può aiutare la famiglia: questi sono i sentimenti "buoni" che dovrebbero cancellare dei fatti che buoni invece non sono.
lucetta scaraffia col marito ernesto galli della loggia
Bisogna cominciare con il dire che il rapporto fra le due mamme (quella che prende in affitto e quella che affitta) - se si possono chiamare così - non è mai diretto. È mediato da agenzie internazionali che forniscono assistenza medica e legale, ovviamente sempre orientata a favore di chi le paga, cioè il committente. Agenzie costose, per cui in generale alla madre surrogata arriva ben poco della cifra spesa dai committenti. Il rapporto presentato al Parlamento europeo nel 2016 da Petra de Sutter denuncia molti degli aspetti coercitivi del contratto di surrogazione: tanto è vero che chiede regole più severe nonché un sostegno psicologico per le madri surrogate. Possiamo allora domandarci: come mai tutto questo sarebbe necessario, se si tratta di libera scelta?
michela marzano
Bisogna poi aver presente che per le donne che affittano il proprio utero questa pratica è dannosa, in primo luogo fisicamente. Infatti, anche se la loro "prestazione d'opera" viene sempre presentata come un percorso naturale, non è per nulla così. Dal punto di vista medico infatti non solo il prelievo di ovuli - qualora esso avvenga dalla madre surrogata - ma anche il trasferimento nel suo utero di un embrione altrui richiede cure costanti.
La futura madre deve dunque sottoporsi a cure ormonali molto pesanti già settimane prima del trasferimento, cure che continueranno per mesi al fine di evitare aborti spontanei.
Abbiamo idea di cosa significa? Tutta l'operazione è nel complesso molto difficile e presenta un tasso di riuscita bassissimo, che non supera il venti per cento.
Spesso va ripetuta più volte. Quanti sanno che queste donne arrivano a essere sottoposte anche a dieci iniezioni al giorno?
LUCETTA SCARAFFIA - LA FINE DELLA MADRE
Quanti sanno che la stimolazione ovarica e quella ormonale possono essere causa di tumori? Se poi si dà il caso che attecchisca un numero di embrioni superiore a quello desiderato, allora la madre surrogata dovrà necessariamente essere sottoposta ad aborto selettivo. Infatti, per contratto essa è priva di ogni potere nei confronti di ciò che sta dentro di lei: e dunque se per caso cambiasse idea, e volesse rinunciare alla gravidanza, non potrebbe. L'accordo contrattuale infatti anticipa la proprietà del feto ai committenti anche prima della nascita.
Tuttavia, anche se queste donne fossero libere di decidere, anche se avessero deciso davvero nella più completa libertà di vendere l'utero per un proprio progetto, rimarrebbe sempre una grande, inquietante domanda intorno a questa situazione: qual è il travaglio emotivo, il turbamento, di queste donne mentre sentono crescere dentro di sé una vita con la quale dovranno rescindere immediatamente ogni legame?
UTERO IN AFFITTO
Non a caso si cerca di controllare questo effetto scegliendo sempre donne che hanno già avuto figli, e questo già rivela la consapevolezza che l'abbandono di una creatura tenuta un grembo per nove mesi non è per nulla facile. La gravidanza è un processo complesso. Se da una parte l'epigenetica ci ha reso consapevoli che lo scambio genetico non finisce con il momento del concepimento, ma continua nell'utero, durante i mesi della gravidanza, la psicologia e l'osservazione pediatrica hanno approfondito i vari modi in cui, già durante la gravidanza, il rapporto fra madre e figlio è fonte di impressioni indelebili e importanti.
LUCETTA SCARAFFIA
Il corpo delle donne non è come un forno in cui si mette a cuocere una torta. Il distacco dalla madre che porta nel suo ventre il bambino è un trauma, sempre. La cosa che a me pare terribile è che mentre per i casi dei bambini dati in adozione si riconosce senza problemi il trauma che per essi ha rappresentato l'abbandono da parte della madre naturale, e si riconosce senza problemi che anche per la madre costretta ad abbandonarlo si tratti di una scelta dolorosissima, nel caso dell'utero in affitto viceversa ciò non si vuole vedere, anzi si nega che si tratti di un trauma in questo caso addirittura programmato.
UTERO IN AFFITTO
Di un trauma prodotto appositamente per rendere "felici" due adulti egoisti, che, non volendo adottare un bambino abbandonato, ne vogliono uno che abbia i loro geni, che porti il loro indelebile marchio di fabbrica. In questi casi, cara Michela Marzano, si tratta come vedi precisamente della ricerca a tutti i costi di un legame biologico, anche se tu scrivi che "la genitorialità vera ha ben poco a che vedere con il Dna o con il sangue".
UTERO IN AFFITTO
Come se la misura del nostro comportamento, delle nostre scelte, dovesse essere solo l'intensità del desiderio, e tutte le altre pur necessarie componenti di ogni scelta che voglia essere d'amore - cioè il senso di responsabilità, l'attenzione al bene dell'altro prima che al bene proprio, la rinuncia e il sacrificio - non contassero nulla. Ma è bene che si sappia quanto invece passa spesso sotto silenzio: la condanna della pratica dell'utero in affitto non viene solo da vecchie conservatrici bigotte, viene da gran parte del femminismo di tutto il mondo. Da una moltitudine di donne, madri e non, che non hanno dimenticato, non possono dimenticare, cosa sia il dolore, né cosa voglia dire l'amore.
UTERO IN AFFITTO UTERO IN AFFITTO MEN HAVING BABIES - LA FIERA DELL'UTERO IN AFFITTO