Alessandro Barbera e Marco Bresolin per “la Stampa”
giuseppe conte luigi di maio
Come in una disfida fra sette, ormai sono divisi fra messianici e antimessianici. E però non è una guerra di religione, più prosaicamente la battaglia fra gli audaci che vorrebbero portare a casa i soldi facili del Mes (acronimo di Meccanismo europeo di stabilità) e chi invece ne teme le conseguenze politiche.
Il segretario Pd Nicola Zingaretti è il capo dei messianici. Con lui la lobby delle Regioni, il partito di Matteo Renzi, Luigi di Maio e l'ala realista dei Cinque Stelle. Gli antimessianici sono guidati dal premier Giuseppe Conte, il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri, colleghi Pd come Dario Franceschini e Roberto Speranza.
ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO
Il sonno degli antimessianici è disturbato dal voto in Parlamento per autorizzare il sì al fondo salva-Stati. Se i grillini si dovessero spaccare, addio maggioranza. L'esito del vertice di ieri a Bruxelles fra i capi di Stato sta rafforzando le ragioni dei messianici.
Lo scontro sul bilancio europeo e la difesa dello Stato di diritto in Europa sono la dimostrazione che i soldi del Recovery plan potrebbero arrivare ben oltre la primavera. Senza quell'accordo la procedura per concedere all'Italia i primi 65 miliardi a fondo perduto non può nemmeno iniziare.
NICOLA ZINGARETTI ROBERTO GUALTIERI
L'ottimismo post-elezioni di chi vedeva il governo Conte al 2023 è già offuscato. La legge di bilancio del 2021 non può prescindere dal sostegno dell'Unione, e senza di esso il debito italiano rischierebbe di tornare nel mirino degli investitori non appena l'emergenza Covid verrà meno.
Lo stallo è tale da impedire il via libera alla nota di aggiornamento dei conti pubblici, l'atto con il quale il governo è tenuto ad anticipare cosa intende fare di qui ad un anno. Una riunione programmata per ieri fra i tecnici è slittata a oggi. Il Consiglio dei ministri è convocato per lunedì, ma nessuno è ancora in grado di garantire se ciò avverrà.
Giuseppe Conte Angela Merkel al castello di Meseberg
Con sfortunato tempismo a inizio settimana Conte e Gualtieri hanno provato a far prevalere le ragioni del no. Zingaretti - che la fuga l'aveva fatta dalla parte opposta - l'ha vissuta come un affronto. Al di là del timore per la tenuta della maggioranza, Gualtieri deve evitare l'ulteriore esplosione del debito.
Al Tesoro puntano tutto sui 65 miliardi a fondo perduto a cui avrà diritto l'Italia. Qualunque altro prestito è nuovo disavanzo, persino l'uso dei fondi Mes per rendicontare spese già effettuate o comunque messe a bilancio. Per Zingaretti, che come tutti i governatori ha da spendere otto euro su dieci in sanità, il sì al Mes ha un valore simbolico.
Conte Speranza
Speranza ha un obiettivo in più: aumentare il volume complessivo della spesa. Gualtieri spiega a tutti che con i rendimenti sotto all'un per cento il Mes permetterebbe di risparmiare 250 milioni di euro l'anno rispetto a normali emissioni di obbligazioni. «A che pro rischiare per così poco?».
Risponde Luigi Marattin, pasdaran messianico: «Abbiamo tagliato 345 parlamentari per risparmiare 50 milioni l'anno, non si vede perché rifiutare il Mes per cinque volte tanto». La questione che separa i due partiti è però un'altra: che ne sarebbe della maggioranza nel momento in cui il Parlamento dovesse esprimersi.
di battista di maio
Benché si tratti di un prestito senza condizionalità, i grillini ne fanno una questione ideologica: il fondo salva-Stati evoca la Grecia e le vecchie politiche di austerità. Gli antimessianici sono certi che il disagio di Di Battista e dei suoi è incontrollabile. I messianici sono convinti viceversa che il timore delle urne - e la probabilità di non essere rieletti - spingerebbe la gran parte di loro a votare l'invotabile.
Per Conte la faccenda è sempre più scivolosa. Anche ieri, al termine della due giorni di Bruxelles, ha evitato di rispondere: lo slittamento del Recovery spingerà Roma ad attivare il prestito sanitario? «L'Italia non permetterà a nessuno di alterare o procrastinare l'entrata in vigore del Recovery». E ancora, a sera: «Concentriamoci sui contenuti del piano sanità piuttosto che sul sistema di finanziamento».
VIKTOR ORBAN GIUSEPPE CONTE
Peccato che il problema sia esattamente quello: scegliere una strada. Benché Conte minacci, c'è poco da fare: basta che un solo Stato si metta di traverso dentro al Consiglio perché si blocchi tutto. Ce ne sono almeno sei (escludendo la Polonia) pronti a tenere in ostaggio il Recovery. Il nodo è il meccanismo che lega l'esborso dei fondi al rispetto dello Stato di diritto: per l'ungherese Viktor Orban quello proposto dalla Germania è troppo rigido, mentre per l'olandese Rutte e per gli altri leader nordici è troppo blando.
URSULA VON DER LEYEN ANGELA MERKEL
Angela Merkel ha incassato l'impegno del Parlamento di Strasburgo a lavorare sulla bozza tedesca. Gli eurodeputati si accontenteranno di massimo dieci miliardi in più nel bilancio per finanziare i programmi Erasmus, Horizon, Salute e Immigrazione. «La richiesta iniziale dei negoziatori era di 113 miliardi» ricorda un diplomatico. Fonti europee assicurano che il ritardo sulla tabella di marcia è ormai certo: «Nella migliore delle ipotesi chiuderemo i negoziati all'inizio di novembre. Poi ci vorranno le ratifiche dei Parlamenti: due mesi e mezzo al Bundestag, ancora di più nell'Olanda del falco Rutte». Dove a marzo si vota per le elezioni politiche.
GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO ANGELA MERKEL BY OSHO