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    GUAI A TOCCARE LE LEGGENDE. PURCHÉ NON VENGANO PRESE TROPPO SUL SERIO - VENEZIA E IL PESCE D’APRILE FATTO DAGLI STUDIOSI DELL’ARCHIVIO DI STATO SULLA FONDAZIONE DELLA CITTÀ - LA BUFALA DELLA DATA (25 MARZO '421) E I DOCUMENTI CREATI AD ARTE SUI 1.600 ANNI DI VENEZIA: “NON PER BURLA, MA PER UN’ETICA DELLA RICERCA STORICA” – STELLA: "MALE NON FA FAR FESTA PER UNA TRADIZIONE. TANTO PIÙ IN MOMENTI COME QUESTI. ALLO STESSO TEMPO, PERÒ, OCCORRE…" - VIDEO


     
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    Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”

     

    VENEZIA PESCE D APRILE VENEZIA PESCE D APRILE

    Evviva la Lupa, Romolo, Remo e Roma e pure la «foto di gruppo» del bronzo ai Musei Capitolini: ma c'è qualcuno al mondo che crede davvero che i gemelli abbiano succhiato dalle mammelle d'una femmina di lupo? Sono magnifiche, le leggende: guai a toccarle.

     

    Purché non vengano prese troppo sul serio. Com' è successo coi famosi 1600 anni dalla fondazione di Venezia. E così, per dissetare gli assetati di prove certificate, alcuni studiosi si sono inventati dei falsi «autentici». Pesce d'aprile. Sia chiaro: nessuno mette in discussione, proprio come nel caso della nascita di Roma fissata al 21 aprile dell'anno 753 a.C., la scelta di una comunità di festeggiare quello che per tradizione ritiene essere il proprio compleanno.

     

    E già vari storici del medioevo, negli ultimi mesi, avevano sorriso della ricorrenza della data del 25 marzo 421 (presa per buona dal famoso cronista veneziano Marin Sanudo a fine '400 con la spiegazione che il 25 marzo era stato scelto anche da Dio per far nascere Adamo) dicendo che per carità, è una bufala «ma male non fa». Tant' è che a nessuno è passato per la testa di far le pulci a Sergio Mattarella per le sue parole di celebrazione della festa. Viva Venezia, viva il compleanno.

     

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    L'insistenza sulla sacralità della data, il fastidio per la crudezza storica degli accademici e l'invocazione a tirar fuori nuove «prove» che dimostrassero la verità «documentale» della data stabilita otto secoli fa, però, hanno spinto infine alcuni studiosi a immaginare: perché non dargliele, queste prove? Detto fatto, si sono inventati, a fin di bene, la scoperta nei polverosi e oscuri archivi di due documenti inesistenti «costruiti» apposta per accontentare chi proprio non si rassegna alla supremazia della storia sul mito.

     

    Certo, si trattava di una beffa. Ma non diceva forse già mezzo millennio fa Baldassarre Castiglione nel Cortegiano che anche la beffa può esser consentita e utile se non è offensiva ma sobria? «E parmi che la burla non sia altro che un inganno amichevole di cose che non offendano, o almeno poco e sì come nelle facezie il dir contra l'aspettazione, così nella burla il far contro l'aspettazione induce il riso. E queste tanto più piacciono e sono laudate quanto più hanno dello ingenioso e modesto».

     

    VENEZIA PESCE D APRILE STUDIOSI VENEZIA PESCE D APRILE STUDIOSI

    Ed ecco che nell'ultima settimana, un giorno dopo l'altro, vengono via via postati sulle pagine dell'Archivio di Stato di Venezia e della Biblioteca Nazionale Marciana, due delle istituzioni culturali più prestigiose della Serenissima e non solo, brevi video di vari studiosi, dal docente di paleografia Attilio Bartoli Langeli del Pontificio ateneo Antonianum all'ordinario di Filologia romanza all'Università di Losanna Lorenzo Tomasin, dall'archivista Alessandra Schiavon ai direttori dell'Archivio e della Marciana Gianni Penzo Doria e Stefano Campagnolo. Video «serissimi» che annunciano la scoperta «tra decine di chilometri di scaffalature che conservano migliaia di incunaboli, cinquecentine, pergamene, disegni, mappe, registri e filze all'interno dei quali è racchiusa la storia della Città» di due documenti spettacolari e ignoti.

     

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    Certo, «per scongiurare clamori inopportuni», l'annuncio ribadisce «che non si conservano in città documenti del V secolo, ma che i primi frammenti di storia sono attestati dal IX» tuttavia «la scoperta è affascinante. Si tratta della trascrizione di un accordo pattizio che Milano, già due volte sottomessa e distrutta dalle truppe imperiali, propone a Venezia con l'intento di fermare Federico I d'Hohenstaufen, re di Germania e d'Italia, e imperatore dei Romani, più noto come il Barbarossa: corre l'anno 1176». «Ma c'è di più: la trascrizione fedele degli accordi riporta anche una poesia in lingua provenzale di un autore poco noto, Aloysius o Alovisyus (sono due le ricorrenze grafiche nel patto, in forma diversa) de Bhrukny, probabilmente un uomo d'arme, che fa riferimento espressamente all'anno 421». È in «lingua incerta, con molte influenze limitanee all'Occitania». Dice: «Kel bindù malahuratz / del kaiser barbaros / buschar noirimen ala batalha cogitat / da vu cha g' avei fondà Vineghia / nel quatrozent vinti...».

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    Visto?

    «Fondà Vineghia / nel quatrozent vinti»! Urrah! Quanto alla seconda scoperta, «un garbuglio magico, che si dipana attraverso i secoli per aprirsi finalmente in tutta la sua maestosa grandezza alla Venezia contemporanea», trattasi di «una cronachetta minore del secolo XIV, opera peraltro di autore ben noto e studiato, il medico clugiense Jacopo Dondi Dall'Orologio». Anche da lì, nuove conferme. Al punto che «l'Archivio di Stato e la Biblioteca Nazionale Marciana sono, quindi, lieti di porre in luce e di rendere disponibili agli studiosi questi due tasselli interrelati: da un lato certamente minori e indiretti, ma dall'altro testimonianza incontrovertibile della fondazione di Venezia al 25 marzo 421, come già nota alle genti dell'allora Lombardia (in pratica, tutta la Pianura Padana) e come inequivocabilmente percepita mille anni fa».

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    Il 1° aprile, ieri, ecco la lieta novella: «Domani, venerdì 2 aprile 2021 alle ore 10.30 sul canale YouTube dell'Archivio e della Marciana ci sarà un'anticipazione della mostra per i 1.600 anni e saranno messe a disposizione queste fonti ora riportate alla luce, ma che assestano un colpo micidiale a chi - ignaro e disattento - non ha finora dato credito alle ipotesi formulate sulle origini così antiche della Città». In un video, una mano leggera e sapiente indica un punto sulla pergamena: «...e questa è la firma del Doge».

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    In saccoccia, però, gli studiosi hanno già pronto il documento firmato da Stefano Campagnolo, Gianni Penzo Doria, Alessandra Schiavon, da diffondere solo stamattina, 2 aprile. Titolo: «Abbiamo scherzato: era un pesce d'aprile. Non per burla, ma per un'etica della ricerca storica». Poche parole, nette: «La fondazione di Venezia datata al 25 marzo 421 è storicamente una bufala, anzi una fake news. Il presente e il futuro di una città si reggono sulla propria capacità di costruire forti risorse identitarie, non certo retrocedendo la nascita a un passato che non c'è. Per chi è chiamato a custodire, tutelare e valorizzare questo passato l'obiettivo più importante, al di là di miti, di leggende e di eroi, è un faro da seguire sempre: si chiama "Etica della ricerca"».

    VENEZIA - PIAZZA SAN MARCO VENEZIA - PIAZZA SAN MARCO

     

    Insomma, male non fa far festa per una tradizione. Tanto più in momenti come questi, quando vorremmo davvero trovarci tutti insieme ad abbracciarci allegri intorno al Leone di San Marco. Allo stesso tempo, però, occorre «dare voce e visibilità alle fonti primarie, avere cura degli archivi e delle biblioteche, che non sono polverosi depositi della memoria, ma scrigni di tesori...». Stando alla larga da una storia costruita sui miti.

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