Marco Iaria per “La Gazzetta dello Sport”
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Un miliardo di perdite e 3,4 miliardi di debiti al netto dei crediti: se fosse un'azienda qualsiasi, la Serie A dovrebbe portare i libri in tribunale. La pandemia ha inferto il colpo di grazia a un'industria calcistica che già viveva al di sopra delle sue possibilità e utilizzava spesso le plusvalenze per mettere la polvere sotto il tappeto. Lo certifica l'inchiesta della Gazzetta sui bilanci dei club del massimo campionato 2020-21.
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Per la prima volta, in maniera aggregata, c'è la possibilità di scattare una fotografia esauriente sullo stato di salute della Serie A nelle due stagioni dell'era Covid.
Il confronto con il pre-Covid
È chiaro che i danni della pandemia, diretti e soprattutto indiretti, continuano a manifestarsi, ma se nel secondo semestre del 2021-22 stanno cominciando a intravedersi i segni di un ritorno alla normalità, la fase acuta si rintraccia nelle stagioni 2019-20 e 2020-21.
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Due stagioni che vanno esaminate in un tutt'uno, anche perché lo slittamento del calendario a causa del lockdown della primavera 2020 ha disallineato certi ricavi e costi rispetto alla loro competenza temporale.
E allora, ecco i numeri. Nel 2020-21 la Serie A ha registrato un deficit aggregato di 1025 milioni, dopo aver perso 754 milioni nel 2019-20: considerando che nell'ultimo anno pre-Covid, il 2018-19, il rosso era stato di 292 milioni, la maggiorazione della perdita durante l'emergenza pandemica ammonta a 1,2 miliardi.
CLAUDIO LOTITO E ANDREA AGNELLI
Come mai il conto economico è peggiorato così tanto? I ricavi caratteristici, che nel 2018-19 avevano toccato quota 2,7 miliardi, tra il 2019-20 e il 2020-21 si sono ridotti di 450 milioni.
E altri 450 milioni si sono persi per strada alla voce "plusvalenze", che si erano attestate sopra quota 700 ed erano fondamentali per mitigare le perdite. A fronte di 900 milioni di entrate ridotte, i costi sono addirittura cresciuti durante l'emergenza pandemica, per 450 milioni (rispetto ai 3,5 miliardi del 2018-19): gli stipendi, che ammontavano già a quasi 1,8 miliardi, si sono incrementati ulteriormente di quasi 200 milioni tra il 2019-20 e il 2020-21; gli ammortamenti, che pesavano per 800 milioni, sono aumentati di quasi 300 milioni.
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E lo squilibrio contabile sarebbe stato ancora più alto se alcuni club (Genoa, Sampdoria e Udinese) non avessero optato per la sospensione di una quota degli ammortamenti per un centinaio di milioni complessivi.
Beni rivalutati per patrimonializzare
Si tratta di una delle misure anti-crisi varate dal Governo per assistere le imprese italiane al tempo del Covid. Un'altra è quella del congelamento delle perdite per cinque anni: vi ha aderito lo Spezia. Ma quella più gettonata è stata la rivalutazione dei beni aziendali con applicazione di un'aliquota ridotta.
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L'hanno utilizzata otto società della scorsa Serie A (Cagliari, Crotone, Genoa, Inter, Napoli, Sampdoria, Torino e Udinese) che hanno affidato a periti indipendenti la stima dei loro asset, dal marchio all'archivio agli immobili alla rosa, ottenendo una rivalutazione per complessivi 700 milioni, iscritti a patrimonio.
Ecco perché il patrimonio netto aggregato della Serie A al 30 giugno 2021 è pari a 700 milioni, in crescita rispetto al passato nonostante il miliardo di perdite dell'ultima stagione. Se la rivalutazione dei beni è funzionale al rispetto dei parametri previsti dal codice civile, ciò non risolve il problema della cassa, la preoccupazione principale nel momento in cui si sono arrestati i flussi di ricavi.
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In alcuni casi sono intervenuti gli azionisti (600 milioni tra versamenti e prestiti elargiti nel 2020-21, e successivamente si è materializzato l'aumento di capitale da 400 milioni della Juventus) ma, in generale, è lievitato in maniera preoccupante l'indebitamento.
Crescono i debiti col Fisco e le banche
I debiti al netto dei crediti della Serie A hanno sfondato per la prima volta il tetto dei 3 miliardi: da 2,8 a 3,4 miliardi solo nell'ultima stagione, ma fa impressione guardare il trend storico e ricordare che dieci anni fa erano 1,6 miliardi e cinque anni fa 2,1, a dimostrazione che i problemi finanziari della Serie A affondano nel tempo e sono strutturali.
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Continuano ad aumentare i debiti verso le banche e gli istituti di factoring: 1,6 miliardi, un centinaio di milioni in più rispetto al 2019-20, anche per effetto delle condizioni agevolate dei prestiti statali con garanzia Sace.
In salita, seppur limitatamente, i debiti verso i fornitori (quasi 600 milioni), sono invece esplosi quelli fiscali (da meno di 300 milioni nel 2018-19 a oltre 500 milioni nel 2020-21) in virtù della sospensione dei versamenti concessa dal Governo alle imprese.
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Un sollievo temporaneo, ovvio, ma quelle pendenze andranno saldate. In assenza di ristori, il complesso delle norme salva-bilanci cui hanno fatto ricorso a piene mani i club di calcio rischia di avere solo un effetto placebo: i debiti con l'Erario accumulati e da pagare, ma pure i maggiori ammortamenti dei beni rivalutati, con conseguente sovraccarico dei costi negli esercizi futuri.
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Atalanta e Verona gli unici club in utile
In questa sfilza di perdite, due società vanno controcorrente e registrano utili: il Verona, che ha pure concesso i dividendi per il secondo anno di fila, e soprattutto l'Atalanta, che ha accumulato 129 profitti negli ultimi 5 anni e si appresta a festeggiare il sesto bilancio positivo.
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Dal punto di vista finanziario, i club di A senza debiti bancari sono Fiorentina, Napoli e Spezia. Attualmente la più indebitata verso finanziatori esterni è l'Inter, che ha appena emesso un bond da 415 milioni, seguita dalla Roma a quota 270, mentre la Juventus ha abbattuto le esposizioni a 215 milioni grazie alla ricapitalizzazione e il Milan tiene il livello attorno ai 100 milioni, relativi soprattutto ad anticipi di crediti. In una fase emergenziale come questa, la capacità dei soci di pompare risorse può fare la differenza.