Maurizio Molinari per ''la Stampa''
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Sulla soglia del suo Lab Center di Milano Thomas Miao ci accoglie sorridente, con eleganza impeccabile e una energica stretta di mano. È il ceo di Huawei in Italia, ovvero il protagonista economico più corteggiato, temuto e discusso del Paese. Viene da Shanghai, ha 42 anni e deve la sua forza alla tecnologia 5G. Ovvero, la fantascienza dietro l' angolo nel mondo delle telecomunicazioni.
Per farci capire di cosa si tratta è lui stesso, affiancato da due stretti collaboratori, ad attivare con un tocco delle dita i mega schermi digitali che descrivono le trasformazioni della nostra vita di cui è portatore: occhiali con realtà aumentata per ricevere istruzioni minuziose a grande distanza come un pilota di jet, auto che dialogano fra loro e con i semafori per tutelare pedoni e circolazione, reti urbane intelligenti nei trasporti per milioni di persone e un super-router pronto a entrare nelle nostre case per sostituire ogni connessione via cavo, fibra inclusa, garantendoci una velocità di trasmissione dati senza rivali.
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Miao si mostra consapevole di essere portatore del futuro, guarda la concorrenza di Ericsson e Nokia con il minimo rispetto necessario ed è pronto a ogni compromesso per avere luce verde allo sbarco in grande stile sul nostro mercato: «Huawei è favorevole al golden power di cui parla il governo in Italia perché dimostra comprensione per l' importanza della tecnologia per lo sviluppo del Paese». E ancora: «La cybersicurezza è un tema fondamentale, quindi è giusto che il governo abbia l' ultima parola, ponendo regole certe per tutti».
thomas miao inaugura la sede milanese di huawei con beppe sala
Ovvero, sì alle condizioni che l' Italia porrà perché ciò che conta è l' avvento delle reti cellulari di quinta generazione. E le obiezioni sulla sicurezza che vengono da Washington le liquida così: «Gli Stati Uniti sono indietro sulla tecnologia, usano la politica per tentare di ostacolare la nostra crescita di mercato».
Il passaggio al 5G è inevitabile perché il traffico mobile cresce vertiginosamente e le reti 4G non saranno sufficienti per gestire una quantità di dati che nel 2024 sarà di 60 volte superiore al 2013. Ma chi controllerà il 5G?
«Saranno gli operatori a farlo, noi costruiamo solo l' infrastruttura dove passano i dati . In Italia le chiavi le avranno Wind-Tre, Fastweb, Tim, Vodafone e gli altri. Gli standard del 5G sono stabiliti da un' organizzazione mondiale (3GPP), la stessa del 4G: non c' è stato nessun problema di sicurezza con le reti attuali, ma ora col 5G sembra non si parli d' altro. L' architettura è analoga, però la cifratura è molto più complessa: 256 bit contro 128, inattaccabile anche dal computer più potente del mondo. Dunque mi chiedo come mai si parli tanto di sicurezza delle reti 5G».
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Forse perché cambierà le nostre vite. Come si spiega i timori che circolano in Occidente nei confronti della sua azienda?
«Guardiamo al mercato: chi sono i nostri concorrenti? Ericsson, Nokia, Zte. È una partita a due tra Europa e Cina, gli Stati Uniti non ci sono. E credo che questa sia la spiegazione: quando qualcuno rimane indietro, fa rumore e litiga. Ecco perché tutto questo polverone sulla sicurezza del 5G».
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In effetti per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, l' Occidente è in affanno sul fronte delle nuove tecnologie: l' interlocutore privilegiato dell' Europa erano gli Stati Uniti, ora è la Cina. Per questo la cancelliera tedesca Merkel chiede che Huawei rispetti gli standard di sicurezza tedeschi. Perché tanto timore sulla sicurezza se non avete accesso ai dati?
«Me lo chiedo anch' io, e non trovo una risposta. Da un punto di vista tecnologico non esistono segreti, solo standard comuni da seguire, altrimenti le apparecchiature non funzionano. E poi, se ripercorriamo la nostra storia, in 32 anni abbiamo costruito una reputazione molto solida, mai avuto un problema grave o uno scandalo. I politici devono fare i politici, scienziati e ingegneri lavorare per migliorare la tecnologia. E sono sicuro che anche in Italia arriveremo a un accordo come in Germania».
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Teme che la politica ostacoli il business in Europa?
«La politica segue ragioni diverse dal business e noi siamo un' azienda di mercato».
C' è chi sostiene che nel vostro software possa esserci una backdoor, un accesso segreto da sfruttare al momento opportuno. E con il 5G che permette di regolare il traffico, guidare auto autonome, monitorare fiumi e dighe, sarebbe facile prendere il controllo di un intero Paese.
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«Se c' è davvero una backdoor perché nessuno è riuscito a scoprirla? Abbiamo reso pubblico il codice sorgente, tutti possono studiarlo e capire come funziona. Un mese fa abbiamo aperto un Centro per la Sicurezza e la Trasparenza a Bruxelles, dove oltre al codice illustriamo strategie di cybersecurity e le relative pratiche "end-to-end" e di protezione della privacy. C' è anche un Experience Center, per condividere le nostre competenze sul 5G con il resto dell' ecosistema, in particolare start-up, giovani e imprese. Siamo trasparenti».
A che punto siamo con la rete 5G in Italia?
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«Abbiamo partecipato a due dei tre progetti pilota partiti nel 2017, che termineranno nel 2020. Per Milano il nostro partner è Vodafone, per Bari e Matera siamo capofila con Tim e Fastweb, oltre a una cinquantina di aziende che sviluppano applicazioni sul network. Mentre per le reti cellulari precedenti parlavamo solo di accordi con gli operatori, il 5G invece coinvolge un intero ecosistema».
Che succede dopo i progetti pilota?
«Aspettiamo che gli operatori aprano la rete agli utilizzi commerciali, entro quest' anno dovrebbero arrivare le offerte al pubblico. A maggio-giugno saranno in vendita i primi smartphone compatibili col 5G».
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Quanto è importante l' Italia per Huawei?
«Molto. In Italia operiamo da 15 anni, e già nel 2006 collaboravamo con Telecom. Eravamo presenti all' inizio solo con le infrastrutture per le reti, poi abbiamo aperto la divisione consumer. E oggi con i nostri smartphone siamo al 30 per cento del mercato italiano, contro il 28 per cento in Cina. Ma cresce anche il settore delle imprese».
Perché, secondo lei?
«Perché in Italia le regole sono chiare ed equilibrate, il mercato è aperto e trasparente. Ci sono anche ottime competenze, tanto che abbiamo aperto a Segrate un centro di ricerca mondiale sulle microonde: ci lavorano 100 persone, il 90 per cento del personale è italiano e anche il direttore. In totale abbiamo in Italia 850 dipendenti».
Come giudicate l' approccio del governo italiano alla vostra azienda?
«Ha un approccio positivo».
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Potrebbe decidere di esercitare il golden power per ragioni di sicurezza nazionale, ponendo limiti alla vostra attività. Che ne pensate?
«Huawei è favorevole al golden power in Italia perché mostra che industria e governo comprendono l' importanza della tecnologia per lo sviluppo del Paese. La cybersicurezza è un tema fondamentale, quindi è giusto che il governo abbia l' ultima parola».
Il mercato degli smartphone in Italia va bene, ma siamo invece dietro a Francia, Germania, Regno Unito e altri Paesi nelle nuove tecnologie: robot, intelligenza artificiale e IoT. Perché dunque investite proprio qui sul 5G che ha bisogno di nuove tecnologie per rendere al massimo?
«Perché il 5G è un' opportunità enorme per l' Italia. Le frequenze sono state assegnate, la rete si può - almeno in parte - adeguare aggiornando il software. Con i pilot abbiamo avuto la possibilità di sperimentare, così se è vero che per la fibra l' Italia è indietro, nel 5G ha un vantaggio rispetto al resto d' Europa, ora bisogna capire come sfruttarlo: la palla è nelle nostre mani».
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Come sfruttarlo?
«In tre modi. Dobbiamo mantenere il nostro primato nelle reti, e assicurarci che il network garantisca una buona copertura per l' industria, l' agricoltura, il traffico e per connettere le persone. Poi dobbiamo fare in modo che i giovani, le start-up, le imprese piccole e medie cominciano a costruire applicazioni con le quali l' industria possa trarre vantaggio dal 5G, altrimenti anche il migliore dei network non porterà valore alle persone e alla società. Infine, i regolatori devono capire che solo apertura, trasparenza e integrità aiuteranno l' industria».
Dunque sta dicendo che con Huawei il 5G garantirà all' Italia un vantaggio competitivo nella sfida dell' innovazione?
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«Esatto. Siamo uno degli agenti di questa svolta perché anche gli operatori hanno un ruolo primario. Noi realizziamo la struttura, ma è tutto l' ecosistema di operatori e sviluppatori di app che può rendere l' Italia di nuovo competitiva sul piano tecnologico».
Ma a chi appartiene Huawei?
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«Siamo tutti azionisti, l' azienda ha offerto azioni a circa 98 mila impiegati, anche a me. Gli azionisti votano 115 rappresentanti che prendono le decisioni».
Dunque non rispondete al governo di Pechino?
«Siamo un' azienda privata, non di proprietà del governo cinese, tutto è trasparente e non è possibile che persone o istituzioni decidano al posto nostro. Nel rapporto finanziario è spiegato chiaramente».
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Scusi ma nel 2017 non è stata approvata in Cina una legge sulla sicurezza che obbliga tutte le imprese a rispondere al governo?
«Sì, è vero. Ma riguarda solo le aziende che operano in Cina. Non quelle che, come noi, lavorano all' estero».
Il mercato cinese delle telecomunicazioni in che condizioni è?
«Huawei c' è, e anche Ericsson, Nokia e ZTE, non chiudiamo le porte a nessuno. Ma il 5G è un' opportunità globale: per chi produce chip in America, infrastrutture in Cina, smartphone in Giappone, servizi in Corea. Trovo sia ingiusto puntare i riflettori sempre e solo su Huawei, però in fondo sono ottimista».
Perché?
XI JINPING DONALD TRUMP
«Perché è nei nostri valori. Abbiamo successo perché siamo attenti ai clienti, sappiamo rispondere ai bisogni del mercato, offriamo buona tecnologia e prezzi bassi in poco tempo. Immaginiamo che Huawei venga esclusa dal mercato: sarebbe un vantaggio? L' industria ha bisogno di competizione e di un' azienda come la nostra, che investe il 15 per cento dei guadagni in ricerca per aiutare lo sviluppo dell' economia e della società».
Il confronto sul vostro ruolo in Europa tuttavia sembra solo all' inizio. Voi temete battute d' arresto?
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«Incoraggiamo il confronto e lo scambio, il 5G è l' alba di una nuova generazione di tecnologie e nessuno ha le soluzioni a portata di mano. È importante che tutti i protagonisti di questo cambiamento si scambino informazioni tra loro, non dobbiamo perdere di vista il quadro globale, ma basarci sui fatti. E noi vogliamo le prove delle accuse che ci vengono rivolte: nessuno finora le ha fornite. Siamo pronti a studiare e affrontare le questioni di sicurezza, affidabilità, privacy, ma per risolvere i problemi bisogna conoscerli».
Dove sarà Huawei Italia fra 20 anni?
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«Vogliamo lavorare insieme con Università e aziende, apriremo spazi per condividere le nostre conoscenze, faremo da incubatori per studenti e startup. L' Italia ha bisogno di Huawei, e noi ci offriamo come partner per supportare la trasformazione digitale del Paese: chiunque voglia collaborare è benvenuto. Ci prendiamo anche l' impegno di riqualificare i lavoratori per rendere più facile la loro integrazione nei nuovi sistemi produttivi dominati da intelligenza artificiale e robot. Saremo nelle fabbriche, aiuteremo le aziende a cambiare. Il nostro compito è dare spazio alle opportunità».