Adriana Logroscino per il Corriere della Sera
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Le più a rischio sono tre regioni - Friuli-Venezia Giulia, Calabria, Lazio - oltre alla Provincia di Bolzano. Anche se per ora l'Italia resta «bianca», con il procedere lento e costante del contagio o con una sua eventuale impennata, il passaggio in zona gialla si concretizzerebbe anche per altri territori. E a rischio tornano a essere le feste di Natale e i suoi riti collettivi.
Da maggio gli indicatori sulla base dei quali si stabiliscono le restrizioni da applicare in ciascun territorio sono due: incidenza, cioè oltre 50 contagiati su 100 mila di abitanti per due settimane consecutive, e saturazione di posti letto in terapia intensiva, oltre il 10%, e nei reparti ordinari, oltre il 15%.
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Dall'ultimo monitoraggio (al 4 novembre) la soglia dei 50 positivi su 100 mila abitanti è superata come media nazionale (53) e in modo differenziato in 13 regioni su 21: provincia di Bolzano (189,1), Friuli-Venezia Giulia (139,6), Veneto (75,3), Lazio (63), Provincia di Trento (63), Toscana (57,7), Campania (56,9), Emilia-Romagna (56,1), Calabria (52,5), Liguria (52,1), Sicilia (51,7), Umbria (51,4), Marche (50,2).
Ma la combinazione dei due indicatori fa suonare il campanello di allarme in quattro di queste regioni. In Friuli-Venezia Giulia la saturazione dei letti negli ospedali è al 7,7% nei reparti ordinari e al 9,1 nelle rianimazioni. Nella Provincia di Bolzano (che ha l'incidenza più alta di tutti) si fanno i conti anche con l'11,6% di letti già occupati nei reparti ordinari, ma nelle terapie intensive il valore scende a 3,8%.
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In Calabria il problema potrebbe essere innescato dalle strutture fragili: per ora sature al 10,2% (ordinari) e al 4,7% (rianimazioni). Infine nel Lazio l'incremento dell'incidenza è stato vorticoso, da 38 a 63 positivi su 100 mila abitanti, nel giro di due settimane. E le percentuali di letti occupati (7,7% in area medica e ben 9,1% in rianimazione) sono ben oltre i valori medi.
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Osservata speciale la Sicilia che ha rischiato di finire in giallo subito dopo l'estate: l'occupazione di letti in area medica è all'8,1%, ma nelle rianimazioni è al 4,4%. L'equazione vaccini uguale conseguenze meno gravi per chi si infetta, regge anche guardando alle terze dosi somministrate complessivamente a 2 milioni di aventi diritto: le tre regioni con la più alta percentuale di iniezioni relativamente alla platea - Molise, Piemonte e Umbria - hanno anche ricoveri inferiori o in media rispetto al dato nazionale. Il bollettino di ieri conferma l'alta circolazione del virus: 6.764 i casi. Calano i decessi: 31.
SPERANZA
Monica Guerzoni per il corriere.it
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Nelle vie dello shopping si accendono le luminarie, il secondo Natale ai tempi del virus si avvicina e Roberto Speranza guarda alle festività con un mix di preoccupazione, fiducia e prudenza.
La stagione del rigore assoluto che lo ha visto protagonista, anche tra mille polemiche politiche, è alle spalle e per fortuna non è più tempo di imporre restrizioni. Ma anche se in Italia «i numeri dell’epidemia e dei vaccinati sono oggettivamente migliori» il ministro della Salute vuole «restare con i piedi per terra, perché in tutta Europa la situazione è seria, l’onda del Covid è ancora alta».
ROBERTO SPERANZA
Se l’Italia sta meglio rispetto a Germania, Francia, Gran Bretagna lo si deve al «dato meraviglioso di 46 milioni e 716 mila italiani che hanno fatto almeno una dose», nonché alla scelta del governo di allentare «molto gradualmente» le restrizioni. «La strategia ha funzionato - rivendica Speranza rispondendo al Corriere -. Vaccini, green pass e mascherine, che non abbiamo tolto mai, ci hanno messo in condizione di reggere meglio la quarta ondata».
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Basta alzare lo sguardo a Est per capire che la curva epidemiologica è destinata a crescere ancora: «La Romania con meno di 20 milioni di abitanti e solo il 30% di vaccinati fa 600 morti al giorno. La proporzionalità è evidente, più un Paese sale con i vaccini e più è protetto». Ma poiché è «realistico» aspettarsi una crescita anche in Italia, è fondamentale continuare a rispettare le regole: «Al chiuso resta l’obbligo di mascherine, non ho intenzione di toccarlo. E non si tocca l’uso robusto del green pass. I numeri sono dalla nostra parte, il modello adottato sta funzionando. Regole e strategia dunque non cambiano, ma ovviamente valuteremo».
LA TERZA DOSE DEL VACCINO ANTI-COVID
La priorità del governo è accelerare con la terza dose e avviare subito la vaccinazione dei bambini. Quando si parte con la fascia 5/11? «Il mio auspicio è dicembre, non appena l’Ema avrà approvato il vaccino e l’Aifa avrà dato il via libera per l’Italia. Gli scienziati stanno dicendo che la dose di un terzo di Pfizer è efficace e sicura. Lavoreremo con i pediatri per tranquillizzare le famiglie». Dei 3,2 milioni di bambini di quella fascia, Speranza punta a vaccinarne almeno la metà: «Se tra i 12 e i 19 anni siamo arrivati al 70%, per i più piccoli dobbiamo arrivare almeno al 50%».
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Mario Draghi tirerà dritto, anche con Matteo Salvini contrario? «Il premier ha grande fiducia nella comunità scientifica. Non ci sono paturnie politiche in grado di fermare una scelta che ci vede molto determinati. Su materie così delicate decide la scienza, non la politica. Fino ad ora il governo ha fatto così e i risultati sono sotto gli occhi di tutti».
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Anche sulla terza dose è il momento di correre: «Stiamo spingendo, c’è una crescita forte». I vaccini ci sono, gli appelli del governo sono destinati a intensificarsi. Che fare per convincere i dubbiosi? «Sabato abbiamo superato i due milioni e 44 mila booster e segnato il record di 120 mila terze dosi in un giorno, non sono pochissime. Questa settimana decideremo con gli scienziati di allargare a ulteriori fasce d’età».
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In Gran Bretagna hanno aperto agli over 50, possiamo fare meglio? «Penso che a sei mesi dalla seconda dose sia opportuno favorire la terza per la platea più larga possibile». Siamo in grado di scendere anche sotto i 30 anni? «Per me sì, ma già somministrare la terza dose alla fascia tra 40 e 60 sarebbe un bel risultato. Ci atterremo al parere degli scienziati».
Lo stesso si farà sulle regole del Natale. In conferenza stampa Speranza ha schivato la domanda su feste e cenoni perché teme che il «tormentone» parta in anticipo. Ma il calendario non fa sconti e il ministro si rassegna a sfogliarlo: «Al momento non abbiamo pianificato nulla, non ci sono norme allo studio. L’inverno è la stagione più insidiosa perché si sta più al chiuso, quindi il mio invito è alla prudenza totale, a indossare le mascherine e rispettare il distanziamento». Chi sta programmando viaggi all’estero può comprare serenamente il biglietto? «Io sono per le vacanze in Italia», prova a cavarsela con una battuta Speranza.
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Come se lo immagina, il Natale 2021? «Se i reparti ospedalieri tengono non scatteranno misure e sarà un Natale come gli altri prima del Covid. Se invece i ricoveri salgono scatteranno le misure nei territori, in base al sistema dei colori. Non abbiamo mica sospeso la legge che prevede le fasce di rischio... Con il giallo tornano le mascherine all’aperto e al ristorante c’è il limite di 4 a tavola».
E qui il ministro si ferma. Forse perché in una fase di (cauto) orgoglio, con il nostro Paese che può vantare le uniche sei regioni d’Europa nella fascia più bassa di rischio, non vuole evocare quella cartina d’Italia a macchie gialle, arancioni e rosse che ha scandito le fasi più dure della pandemia.
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«Il mio è un messaggio di prudenza, ma voglio ringraziare gli italiani che all’86% si sono vaccinati, anche gli ultimi 17 mila che, dopo tanti dubbi, hanno fatto la prima dose». E i no vax, che continuano a protestare nelle piazze? «Li invito a osservare la proporzionalità straordinaria tra numero di vaccini e numero di contagiati. C’è un lavoro massiccio di persuasione da fare su quel 12 o 13 per cento di persone che sono no vax, hanno paura o sono difficili da contattare. Dobbiamo convincerli uno per uno. Ogni vaccino in più rende il nostro scudo più forte».
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Arrivano notizie incoraggianti sul fronte delle cure. Le nuove pillole anti-Covid di Merck e Pfizer sono «ulteriori strumenti che possono aiutarci, ma non possono certo sostituire l’arma fondamentale che è il vaccino». Quando finirà questo lungo incubo? Dovremo vaccinarci contro il Covid ogni anno, come per l’influenza? «Lo capiremo con i mesi - sospira Speranza -. Ma quando hai una fetta larghissima di popolazione vaccinata affronti meglio il virus. Passato l’inverno, se a livello mondiale salirà la copertura vaccinale sarà più facile evitare ulteriori varianti». Ne arriveranno ancora? «È il tema vero, la cosa che più ci preoccupa».