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    BREXIT, DENTRO O FUORI - SE L'ACCORDO RAGGIUNTO DALLA PREMIER THERESA MAY CON BRUXELLES NON FOSSE APPROVATO DAL PARLAMENTO IL 15 GENNAIO, IL GOVERNO BRITANNICO AVRA’ SOLO TRE GIORNI PER PRESENTARE UN “PIANO B” - GLI EUROPEISTI NON VOGLIONO USCIRE DALL’UE SENZA UN ACCORDO - TUTTE LE IPOTESI SONO SUL TAVOLO COMPRESO QUELLA DI UN SECONDO REFERENDUM E I SONDAGGI DICONO CHE...


     
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    Cristina Marconi per “il Messaggero”

     

    THERESA MAY THERESA MAY

    Tre giorni: è quanto avrà il governo britannico per presentare un piano B sulla Brexit qualora l'accordo raggiunto dalla premier Theresa May con Bruxelles non fosse approvato dal parlamento martedì prossimo, 15 gennaio. È quanto votato da Westminster con una maggioranza di 308 deputati di tutti gli schieramenti contro 297 in un ennesimo giorno di fuoco per l' esecutivo, che si è visto battuto per due volte in meno di ventiquattr' ore e che sperava che l' emendamento di ieri fosse bloccato dallo speaker della Camera John Bercow per ragioni procedurali.

     

    Questo non è avvenuto, dando così un ulteriore giro di vite alla ribellione in corso a Westminster, dove i deputati europeisti stanno facendo di tutto per scongiurare l' ipotesi di un'uscita senza accordo con l'Unione europea, mettendo pressione sul governo, che prima poteva contare su tre settimane per formulare una via alternativa e che invece a questo punto dovrà farsi avanti entro il lunedì 21 gennaio.

    BATTIBECCO TRA THERESA MAY E JUNCKER BATTIBECCO TRA THERESA MAY E JUNCKER

     

    «UN BUON ACCORDO»

    Questo, in teoria, apre le strade a tutte le ipotesi, compreso un secondo referendum, che però avverrebbe in uno scenario in cui l' opinione pubblica è estremamente divisa. Secondo YouGov solo il 27% degli elettori è a favore dell' accordo della May, mentre il 42% è contrario, e questo vale sia per i leavers che per i remainers.

     

    Il no deal è l' opzione più popolare, secondo i sondaggi, seguita da quella di un secondo referendum, che però non trova le persone d' accordo per quanto riguarda la domanda da fare. Il no deal attrae più di un quarto degli elettori, mentre poco più di un quinto vuole avere la possibilità di bloccare la Brexit. I remainers sono il 53% e i leavers il 47% secondo gli ultimi dati raccolti, che avrebbero valore se e solo se si arrivasse a un referendum in cui restare nella Ue fosse un' opzione. Poi c' è un 15% che vorrebbe fosse negoziato un accordo migliore e un 12% che, come il Labour, sogna nuove elezioni per uscire dall' impasse.

     

    THERESA MAY THERESA MAY

    Scenario, quest' ultimo, che la premier, nel corso del tradizionale question time del mercoledì, ha escluso anche in caso di sconfitta, sottolineando di puntare a «un buon accordo». Secondo quanto riferito dal Telegraph, subito smentito, Londra starebbe sondando le acque per una possibile estensione dell' articolo 50, quello che ha portato a fissare l' uscita dalla Ue per il 29 marzo prossimo. Martedì sera il governo è stato battuto con soli sette voti sulla possibilità di alzare le tasse in caso di un no deal, scenario che preoccupa per le conseguenze economiche e per l' imprevedibilità delle condizioni che le imprese britanniche si troverebbero a dover affrontare.

     

    theresa may balla sul palco 3 theresa may balla sul palco 3

    Nel frattempo la May va avanti nel tentativo di far votare la sua proposta e ha presentato ieri un documento di tredici pagine sulla clausola di salvaguardia per l' Irlanda, il punto più controverso del testo siglato con la Ue, annunciando che il parlamento nordirlandese, bloccato dal 2017 per via di divergenze tra gli unionisti del Dup e lo Sinn Fein, potrà votare l' applicazione di qualunque legge europea che venisse applicata unicamente all' Ulster.

    Le discussioni con Bruxelles, ha riferito sulla questione la premier, «hanno indicato che un ulteriore chiarimento sul backstop è possibile e i colloqui proseguiranno nei prossimi giorni».

     

    brexit brexit

    ASSIST AL GOVERNO

    Ieri c'è stato il primo giorno di dibattito in vista del voto sull' accordo, già rimandato rispetto alla data originariamente prevista dell' 11 dicembre scorso, alla luce della certezza di una sconfitta. La premier, in ogni caso, non sembra darsi ancora per vinta. I numeri di oggi le sono contro, ma in effetti con margini non irrimediabili se il governo riuscirà a mercanteggiare almeno con una delle due frazioni di rivoltosi contrapposti: lo zoccolo duro dei Tories più euroscettici (in asse con gli alleati unionisti nordirlandesi del Dup); o la pattuglia delle colombe (in grado magari di tirarsi dietro qualche laburista moderato).

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    Un assist efficace al governo è giunto dal ministro per l' Ambiente Michael Gove, euroscettico e, da eterno aspirante premier, desideroso di voltare pagina approvando l' accordo della May. Per lui quelli che sognano la Brexit ideale sono come «dei piacioni cinquantacinquenni che aspettano che gli si pari davanti Scarlett Johansson».

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