Marco Conti per “il Messaggero”
giuseppe conte nicola zingaretti 1
In Emilia Romagna si è guardato bene dall'andare e, tanto per dare il senso di un risultato che non toccherà il governo, Giuseppe Conte si prepara a riempire d'altro la giornata di lunedì. Dopo l'esperienza dell'Umbria, il presidente del Consiglio ha messo corposi sacchi di sabbia davanti l'uscio di palazzo Chigi ben sapendo che, qualunque sarà l'esito, a soffrirne sarà il governo. Paradossalmente su palazzo Chigi si riverseranno le tensioni dei due principali partiti che l'opinione pubblica considera come organici alleati mentre di fatto sono insieme sulla base di un contratto - chiamato programma - al punto che in Emilia Romagna e in Calabria dem e grillini si sfidano con candidati diversi.
BONACCINI MANGIA A UN GIORNO DA PECORA
LA MORSA
Anche se a Conte la corsa in solitaria di Pd e M5S è parsa da subito una mossa destinata a favorire solo il centrodestra, dopo il disastro umbro ha lasciato fare. Tantomeno ha contribuito a coltivare l'idea dell'appello al voto disgiunto pro-Bonaccini che qualche ministro grillino ha ipotizzato nei giorni scorsi. L'addio di Di Maio alla guida del Movimento, e il fatto che i grillini possano ripetere domenica una delle migliori performance negative, sono già novità che il premier ha messo in conto.
Manca ancora il risultato del Pd, che in Calabria sembra già compromesso, mentre in Emilia Romagna la sfida è apertissima. Ovviamente un successo di Bonaccini allenterebbe la morsa del centrodestra sul governo, allungherebbe a Di Maio il tempo di una rivincita costruita su un M5S che non è di destra nè di sinistra, ma al tempo stesso spingerebbe i dem ad ottenere dai grillini ciò che sinora non sono riusciti a spuntare. Nelle due regioni il M5S è fuori gioco e domenica si attende solo di sapere quanto profonda è la voragine che rischia di inghiottire il Movimento e quanti elettori di sinistra è riuscito a traghettare nella Lega dopo anni di retorica populista.
lucia borgonzoni giovane
LA FREQUENZA
Una sconfitta del candidato del Pd renderebbe invece molto più precario lo scenario del governo, anche se la legislatura resterebbe salva per la scarsa volontà di tutti gli eletti - opposizione compresa - di tornare al voto in un Parlamento ridotto di un terzo. Per evitare di diventare il capro espiatorio a Conte non resta che concentrarsi sull'azione di governo, compresa la riapertura dei cantieri che anche ieri invocava Matteo Renzi.
giuseppe conte nicola zingaretti
Il problema è che con l'uscita di Di Maio dalla leadership del M5S, il governo si è indubbiamente indebolito. L'eventuale sconfitta in Emilia Romagna farebbe perdere quota anche all'attuale segretario del Pd. Alla fine toccherebbe a Renzi - ammesso che ne abbia voglia - sostenere Conte magari con il supporto della sinistra di Speranza. «Andiamo avanti a prescindere dalle elezioni in Emilia Romagna», sostiene il ministro Vincenzo Spadafora ripetendo un leitmotiv che da qualche giorno riecheggia con sempre maggiore frequenza dalle parti di palazzo Chigi e che segnala pessimismo o scaramanzia.
vincenzo spadafora foto di bacco (2)
Il problema è che, oltre ad incrociare le dita, l'esecutivo non riesce ad andare. Varata la manovra di bilancio, che si è dovuta fare entro dicembre per evitare l'esercizio provvisorio, si è fermato pressochè tutto. Il Pd spera di poter dare una mano ai suoi candidati licenziando prima del voto il decreto legge con il taglio del cuneo fiscale di cui si è discusso ieri sera in consiglio dei ministri. Fermo è però la riforma del processo penale, tema sul quale si sono svolte n riunioni e vertici. Così come è sparito il tema della possibile revisione delle concessioni autostradali o di cosa fare di Alitalia.
Persino la conversione del decreto Milleproroghe sembra destinato ad essere oggetto di non facili trattative, viste le decine di emendamenti annunciati. La decisione di Conte di annullare la partecipazione al summit di Davos è stata spiegata come la voglia del premier di concentrarsi sui «dossier caldi», a cominciare dall'ex Ilva, ma i continui rinvii rischiano di non bastare, visto che prima o poi si arriva ad un voto in Parlamento. E' il caso della prescrizione targata Bonafede, sulla quale si voterà lunedì, e sulla cancellazione delle maxi penali in caso di revoca della concessione. Italia Viva ha già detto che non è d'accordo su tutti e due i provvedimenti e si prepara a votare contro.
alfonso bonafede.