Riceviamo e pubblichiamo:
Per rispondere a Die Welt sul tema dei soldi alla mafia l’argomento migliore e’ quello usato da Carofiglio a Ottoemezzo: “La Germania si ostina a non adottare la normativa antimafia nonostante gli inviti dell’UE; evidentemente perche’ gradisce i capitali investiti dai mafiosi in Germania.”
gianrico carofiglio 12
Ne parla anche Caselli in un suo articolo.
1. GRECO E MELILLO: "ECCO PERCHÉ IL DECRETO CREDITO È PERICOLOSO"
Francesco Greco e Giovanni Melillo per ''la Repubblica''
Alcuni aspetti del Decreto Credito, osservati nella prospettiva delle politiche di prevenzione criminale, appaiono assai preoccupanti, anche nella prospettiva di un ordinamento, come quello italiano, che ha nel tempo sviluppato una solida reputazione internazionale nel contrasto delle più pericolose organizzazioni mafiose e del conseguente rischio di utilizzo del sistema finanziario a scopi di riciclaggio.
Nel momento nel quale il Governo attiva una gigantesca iniezione di liquidità nel mercato delle imprese, si avverte, infatti, tutto il peso dell’inadeguatezza degli strumenti di controllo del rischio di distorsioni applicative in grado di favorire indebite erogazioni e persino i processi di accumulazione patrimoniale tipici del crimine organizzato.
La magistratura, le forze di polizia e le altre istituzioni preposte al contrasto del riciclaggio e della criminalità degli affari opereranno per un controllo di ogni condotta di malversazione, distrazione o truffa nelle erogazioni del credito così come non vi è dubbio che le banche e la stessa Sace segnaleranno tempestivamente eventuali operazioni sospette, capaci di generare ed alimentare programmi investigativi che richiederanno il dispiegamento di ogni strumento di coordinamento e cooperazione.
giovanni melillo
Tuttavia, anche considerando la vastissima platea dei beneficiari, occorrono più alti e resistenti argini normativi rispetto ai pericoli che si profilano.
Nessun strumento tecnico-giuridico è previsto quale riparo dal rischio di finanziamento pubblico di imprese mafiose. Un rischio assai concreto, avendo ben chiare le reali dimensioni dell’espansione affaristica propria delle componenti più raffinate dei circuiti di influenza mafiosa, che non solo non aiuta a spiegare la sostanziale rinuncia ai tradizionali controlli prefettizi, ma che sembra finanche accettato con rassegnazione, quando si prevede che, emergendo successivamente la contiguità mafiosa dell’impresa finanziata, la revoca delle agevolazioni già concesse (e ben difficilmente recuperabili) non farà venir meno la garanzia dello Stato.
Non appaiono privi di significato i silenzi del decreto, quando, ad esempio, si rinuncia alla tracciabilità dell’uso del finanziamento, attraverso il ricorso obbligatorio a conti dedicati, in grado di facilitare l’individuazione di anomalie e rischi di riciclaggio, ma anche, nell’attuale fase di grave esposizione delle imprese al rischio di vessazioni usurarie e mafiose, una preziosa risorsa investigativa.
FRANCESCO GRECO
In generale, appare concreto il rischio che si determinino condizioni favorevoli ad un imponente trasferimento di risorse pubbliche dallo Stato ad imprese governate da interessi opachi o prettamente illeciti, finanziando di fatto anche evasori e truffatori seriali, quando non anche fiduciari delle organizzazioni criminali della peggior specie.
Pur comprendendo la necessità di enfatizzare più i profili di immediatezza del finanziamento piuttosto che quelli di rigorosità e trasparenza delle procedure, non convince la scelta di rinunciare anche a subordinare l’accesso al credito agevolato al preventivo assolvimento di un obbligo dell’imprenditore di attestare, innanzitutto, di non essere sottoposto a procedimenti per gravi delitti, innanzitutto di criminalità organizzata, corruzione, frode fiscale.
Si sarebbe così introdotto un preciso dovere di una sorta di offerta reputazionale, essenziale per giustificare la destinazione di risorse collettive all’impresa in crisi, agevolmente verificabile e gravemente sanzionabile in caso di falsità.
Francesco Greco - Francesco Saverio Borrelli - Gherardo Colombo e Ilda Boccassini
E dato che nel sistema così delineato è anche alto il rischio che finanziamenti con la garanzia dello Stato siano concessi ad imprenditori che hanno accumulato cash in conti bancari esteri come in cassette di sicurezza nostrane, perché non estendere quell’obbligo di attestazione anche alla inesistenza di liquidità personali alle quali sarebbe doveroso ricorrere per capitalizzare le imprese in crisi, anziché attingere a risorse pubbliche così sottratte ad imprese realmente bisognose? Sarebbe un modo per tenere lontani dall’accesso ai finanziamenti garantiti dallo Stato imprenditori che davvero non ne avrebbero bisogno, come sottolineato dal Ceo di Intesa-San Paolo Carlo Messina.
Né va sottaciuto quanto segnalato dai professori Boeri e Perotti in ordine al rischio dell’utilizzazione dei finanziamenti per ristrutturare le esposizioni, sostituendo la garanzia dello Stato a quella, oggi più incerta, legata al rischio di impresa.
Ma sui meccanismi di finanziamento delle imprese prostrate dalla crisi Covid-19 pesano anche altri interrogativi, cui almeno la legge conversione del decreto o una nuova, immediata manovra normativa dovrebbe dare più adeguata risposta.
giovanni melillo 3
In particolare, ci si riferisce alla necessaria tracciabilità degli impieghi ed alla loro finalizzazione a sostenere i livelli occupazionali e le spese correnti che renderebbe altresì necessario un obbligo di rendicontazione da parte dell’amministratore ed un analogo dovere di verifica degli organi di controllo interni, con conseguente segnalazione immediata alla banca finanziatrice e all’autorità giudiziaria dell’inadempimento degli obblighi assunti all’atto del finanziamento.
Ne risulterebbe grandemente potenziata la capacità dello Stato di individuare tempestivamente abusi e condotte penalmente rilevanti, spesso sintomatiche delle dinamiche e degli interessi speculativi di strutture mafiose e, nello stesso tempo, della corrispondente emersione di una prepotente domanda di legittimazione sociale di antiche e nuove leadership criminali.
Si scorgono, dunque, istanze di controllo che avrebbero meritato immediata e più attenta considerazione normativa e che ora esigono urgenti correzioni di rotta.
In conclusione, la lettura del decreto non offre risposte rassicuranti alla domanda fondamentale: è possibile fare in modo che la più poderosa delle manovre di immissione di liquidità nel mercato delle imprese non apra la strada a sistematici abusi e ruberie?
DIE WELT CONTRO I CORONABOND E I SOLDI DA BRUXELLES CHE LA MAFIA ASPETTA
In un Paese ove il crimine organizzato, la corruzione e l’evasione fiscale sono connotazioni strutturali di ampia parte del tessuto sociale ed economico e la macchina giudiziaria, già lenta e farraginosa, sarà sfiancata da una lunga fase di paralisi, risposte lacunose e tardive proietteranno la loro ombra non solo sulla finanza pubblica, ma anche sulla tenuta della coesione sociale e delle stesse istituzioni democratiche cui compete garantire l’effettività della promessa di eguaglianza e di progresso sociale inscritta nel patto costituzionale. Anche nel tempo buio del contagio da Covid-19.
2. NOI LA MAFIA LA COMBATTIAMO, LA GERMANIA NO
Gian Carlo Caselli per https://www.huffingtonpost.it/
DIE WELT CONTRO I CORONABOND E I SOLDI DA BRUXELLES CHE LA MAFIA ASPETTA 1
Il quotidiano “Die Welt” si è esibito in una performance di rara aridità intellettuale e morale, sostenendo che il governo tedesco non deve cedere alle richieste avanzate dall’Italia per far fronte all’emergenza del Coronavirus. Ciò perché in Italia la mafia è forte e sta aspettando i nuovi finanziamenti a pioggia di Bruxelles. Per cui non si dovrebbero versare all’Italia fondi per il sistema sociale e fiscale ma solo per quello sanitario. E Bruxelles dovrà controllare che gli italiani li usino in modo conforme alle regole.
La dimostrazione che quando si è in guerra (frase ripetuta con tetra insistenza per la pandemia Coronavirus) la situazione può spingere a valutazioni nell’ottica di interessi egoistici, legati ad appartenenze politiche o geografiche. “Nemico” può allora diventare - piuttosto che il virus - “l’altro” da noi. Solo così si può promuovere (come fa “Die Welt”) la tesi abietta che la solidarietà deve cedere alla sovranità nazionale.
DIE WELT
Ora, è vero che i mafiosi hanno nel loro Dna di sciacalli-avvoltoi la specialità di approfittare delle disgrazie altrui. E poiché lo shock economico-finanziario del coronavirus ha messo in ginocchio molte attività che forse dovranno poi chiudere o fare una gran fatica a riprendersi, ecco un terreno fertile per i mafiosi. Forti di alcuni vantaggi “storici”, in particolare capitali a costo zero che assicurano un’incessante liquidità. Senza per questo escludere che i loro appetiti si rivolgano anche ai fondi europei (che per altro stiamo ancora aspettando...).
Ma un giornale che si rispetti (compreso “Die Welt”) dovrebbe sapere – basta informarsi – che l’Italia non sta di certo con le mani in mano. Il capo della Polizia Franco Gabrielli ha infatti costituito un “Organismo permanente di monitoraggio presso la Direzione centrale della Polizia Criminale”, affidandogli il compito di procedere ad un’accurata e preventiva ricognizione a tutto campo dell’infiltrazione dell’economia mafiosa italiana ed europea. Come percorsi operativi del monitoraggio si indicano “i settori imprenditoriali e merceologici di elezione” delle mafie, insieme alle “modalità di penetrazione nei circuiti economici e finanziari” e ai “tentativi di condizionamento dell’attività deliberativa relativa agli appalti pubblici”. E la “cabina di regia”, oltre a tutte le Forze dell’ordine, dovrà coinvolgere gli organismi pubblici e privati capaci di fornire un apporto conoscitivo e analitico qualificato, in particolare le associazioni di categoria e d’impresa, gli osservatori del lavoro, gli uffici con sensori sull’andamento del mercato e della legalità, i centri sudi, i laboratori di indagine e inchiesta.
GIAN CARLO CASELLI
In realtà, “Die Welt” ragiona come il Candide di Voltaire e si illude che la Germania sia immune da infiltrazioni mafiose. Non è così. Tant’è che Europol ( in questo caso proprio a trazione italiana) sta operando partendo dalla constatazione che i criminali - mafiosi per primi - in tutt’Europa “hanno colto rapidamente [ogni] opportunità per sfruttare la crisi adattando i loro metodi operativi o impegnandosi in nuove attività illegali”.
La differenza fra l’Italia e la Germania che “Die Welt” ignora o nasconde è che noi queste cose le sappiamo e cerchiamo di combatterle, mentre in Germania si preferisce spesso far finta di niente, perché – gira e rigira - pecunia non olet. Noi, anzi, sappiamo di esser purtroppo un paese con gravi problemi di mafia, ma possiamo rivendicare con orgoglio di essere anche il paese dell’antimafia.
giovanni falcone e paolo borsellino
Non solo per il prezzo altissimo pagato subendo un’infinità di vittime innocenti. Anche per essere all’avanguardia sul versante dell’organizzazione del contrasto (con strutture specializzate come la Dia e le Procure antimafia, nazionale e regionali). E poi per la legislazione antimafia, che da noi può contare - non così in Germania - sullo strumento indispensabile del reato associativo. Di cui Giovanni Falcone diceva che senza di esso, pretendere di combattere la mafia sarebbe come voler fermare un carro-armato con una cerbottana. Ma il nostro vero fiore all’occhiello, ovunque studiato e imitato, è l’antimafia sociale o dei diritti: quella che paga in termini di lavoro e iniziative economiche libere; quella che materializza la legalità come vantaggio per la collettività, attraverso la restituzione di ciò che le mafie le hanno tolto.
Anche questo, piaccia o no a “Die Welt”, è l’Italia.