Gianmarco Aimi per www.rollingstone.it
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Cosa hanno in comune Peter Doherty e Morgan? Apparentemente nulla, in realtà moltissimo. È bastato farli incontrare per averne la riprova. Non ci credete? Eppure, l’impensabile è accaduto a margine (e anche durante) di una delle folli serate del Dirty Mondays di Milano, dove non ci siamo lasciati scappare l’occasione di immortalare il momento.
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Non solo con una foto – che comunque c’è, un bacio tra i due piuttosto iconico – ma anche con un video che era pensato come una intervista: Morgan l’ha iniziata con tutti i crismi ma poi, fatalmente, fra qualche birra e alcune sigarette, è scivolata in un dialogo intimista fra due artisti che ormai – o forse mai – hanno saputo distinguere la musica dalla vita, nel bene e nel male. Meno male, visti i risultati, dirà qualcuno.
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Un bohémien inglese e uno scapigliato italiano, il rischio che non si annusassero era altissimo. Invece è bastato uno sguardo per instaurare una incredibile sinergia. Morgan arriva al Teatro Principe e quando si trova di fronte a Doherty fa un movimento circolare come per studiarlo.
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Doherty, dal canto suo, rimane immobile ma, dopo averlo squadrato dall’alto in basso, si apre in un sorriso. A quel punto Morgan risponde con una strizzata d’occhio e i due si abbracciano. Non è servito neppure parlarsi e la connessione era già stabilita.
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Dove vogliamo fare l’intervista? Rompiamo l’idillio. Ma come, dove? Non certo in un posto così formale come un teatro, puntualizzano all’unisono. «Andiamo in un bar», propone Pete, che è appena arrivato dall’aeroporto.
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«Ce n’è uno qui di fronte» risponde Morgan, che fa valere la conoscenza del territorio. E così, in un tavolo sotto un dehor senza nessuno sfavillare di aperitivi milanesi, fra l’indifferenza generale degli avventori (e chi poteva aspettarsi una compagnia simile?) si svolgerà uno degli incontri più bizzarri e inaspettatamente profondi ai quali ci è capitato di partecipare.
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«Posso dirtelo? Sei fighissimo stasera», esordisce Pete, attratto dalla giacca di Morgan, un capo di sartoria intarsiato e cucito su sua ispirazione. «Io? Grazie», risponde stupito, e rilancia facendogli notare di indossare anche un simbolo che sicuramente ha un valore per entrambi: «Sai cos’è questo? È un fiocco anarchico».
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Pete chiede di provarlo ma, sconsolato, si accorge vedendosi allo specchio che su una t-shirt non fa un grande effetto: «Non sta molto bene senza la camicia».
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Sono soltanto i convenevoli, prima che Morgan affondi il colpo con una domanda da ko: «Sei felice?». Doherty è colpito, ma non affondato: «E tu sei felice?», prova a svicolare.
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Ma a quel punto Morgan replica sicuro: «Credo di sì». E lo sollecita di nuovo: «Se dovessi morire adesso, saresti sereno?». E Pete, senza esitazione, finalmente si lascia andare: «Posso dirti di sì, in questo posto esatto».
Ne seguirà una stretta di mano, una specie di patto di sangue, e un dialogo successivo che riserverà diverse sorprese. Dal desiderio di Doherty di fare l’attore («per me è facile indossare i panni di qualcun altro»), alla sua visione del «liberal-capitalismo che sta opprimendo la società», a un modo per reagire condiviso («un pessimismo attivo»).
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E ancora, i soldi, più quelli persi (da tutti e due) che quelli risparmiati, le droghe («quando smetti perdi il mondo, ma guadagni te stesso»), le donne e l’amore («prima o poi finirà, lo sai?» lo provoca Morgan, ma lui – che si è appena sposato – non ha dubbi: «Non è possibile»), mentre nel frattempo le pinte si svuotano e il posacenere è sempre più stracolmo.
Si incontreranno citando Chomski, Marx, Brecht, duettano su un brano di Ziggy Stardust e declamando un verso della Divina Commedia da parte di Morgan con grande ammirazione di Pete. «Si vede che ami la poesia, è come se la sentissi dentro».
Il tempo è scaduto, purtroppo. Doherty è atteso per la serata, dove si esibirà in un dj set. Morgan parteciperà, salirà sul palco: altri abbracci, dialoghi fitti che solo loro si portano dentro (come è giusto che sia) e alla fine Morgan che, sulla via del ritorno a casa, ci ammetterà: «Pete Doherty è una persona gentile e molto curiosa, praticamente mi ha ricordato quello che viene insegnato come l’ideale del “fanciullino” nella poetica di Giovanni Pascoli. È stata una bella occasione fargli delle domande, mi sono riconosciuto». Siamo sicuri che sia accaduto lo stesso anche per Pete.