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    SE NON IMPORTO, CHE MI IMPORTA - GLI USA METTONO IL VETO SUL PETROLIO IRANIANO: VIA LE ESENZIONI AGLI OTTO PAESI (TRA CUI L'ITALIA) CHE FINORA ERANO STATI RISPARMIATI DALLE SANZIONI. WASHINGTON HA CHIESTO ALL' ARABIA SAUDITA E AGLI EMIRATI DI AUMENTARE LA PRODUZIONE PER CERCARE DI EVITARE UN RIALZO DEL PREZZO, PERALTRO GIÀ AVVENUTO IERI SUI MERCATI MONDIALI - ORA CHE GLI USA HANNO PIÙ GREGGIO DI QUANTO NE CONSUMINO, FA COMODO AVERE UN RIVALE IN MENO…


     
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    IRAN, EXPORT PETROLIO NON SARÀ SOTTO 1 MLN BARILI AL GIORNO

     (ANSA) -  "Le nostre esportazioni di greggio non scenderanno a meno di un milione di barili al giorno" perché sono determinate da intese bilaterali e non dai 'bluff politici' degli Stati Uniti. Lo scrive su Twitter il presidente della commissione per la Sicurezza Nazionale e la Politica Estera del Parlamento iraniano, Heshmatollah Falahatpisheh, dopo l'annuncio degli Usa di non prolungare le esenzioni in vigore per otto Paesi per l'acquisto del greggio di Teheran, in scadenza a inizio maggio.

    TRUMP ROHANI TRUMP ROHANI

     

     

    "VIA LE ESENZIONI ALL' EXPORT DELL' IRAN" E IL PETROLIO CORRE

    Paolo Mastrolilli per ''la Stampa''

     

    Gli Stati Uniti hanno cancellato tutte le esenzioni concesse ai paesi che acquistano petrolio dall' Iran, per rafforzare la pressione sul regime. Chi continuerà a comprarlo verrà sottoposto a sanzioni. L' Italia è una delle otto nazioni coinvolte, ma non subirà conseguenze, perché ha smesso da tempo di importare greggio dalla Repubblica islamica. A rischiare invece sono rivali e alleati come Cina, India, Turchia e Giappone, mentre Washington ha chiesto all' Arabia Saudita e agli Emirati di aumentare la produzione per cercare di evitare un rialzo del prezzo, peraltro già avvenuto ieri sui mercati mondiali.

     

    Quando a novembre l' amministrazione Trump aveva abbandonato l' accordo nucleare negoziato da Obama con gli ayatollah, aveva concesso un' esenzione a otto paesi, ossia Italia, Cina, India, Giappone, Corea del Sud, Turchia, Taiwan e Grecia. Queste nazioni acquistavano petrolio da Teheran, e il timore degli americani era che un' interruzione brusca delle forniture avrebbe provocato un' impennata nel prezzo del barile, compromettendo la crescita economica globale.

    TRUMP IRAN SANZIONI TRUMP IRAN SANZIONI

     

    Qualche tempo fa Brian Hook, inviato speciale degli Stati Uniti per la politica verso l' Iran, ci aveva anticipato durante un briefing che le esenzioni non sarebbero state rinnovate alla loro scadenza, il 2 maggio, per due motivi: primo, il pericolo dell' incremento del costo del greggio non è più così forte; secondo, Washington intende dare massima forza alla sua pressione sul regime. Ieri il segretario di Stato Pompeo ha ufficializzato questa linea, confermando che le eccezioni non verranno rinnovate.

     

    Ha aggiunto che chi continuerà ad acquistare il petrolio iraniano verrà sottoposto a sanzioni. Quindi ha rivelato di aver avuto «discussioni estese e produttive con Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e altri grandi produttori, affinché facilitino questa transizione e assicurino un' offerta sufficiente. Ciò, sommato all' incremento nelle estrazioni da parte degli Usa, sottolinea la nostra fiducia nel fatto che i mercati dell' energia resteranno ben forniti». Teheran ha risposto minacciando di chiudere lo stretto di Hormuz.

     

    L' Italia non subirà conseguenze, perché ha già fermato i suoi acquisti. «L' Eni - ha detto un portavoce a La Stampa - non è presente in Iran, e non ha importato greggio durante il periodo dell' esenzione». Per quanto è noto, non risulta che altre aziende petrolifere del nostro paese abbiano compiuto o stiano ancora compiendo operazioni nella Repubblica islamica. Lo stesso discorso vale per la Grecia e Taiwan, ma non per gli altri. Cina e India sono i principali clienti di Teheran, ma anche alleati degli Stati Uniti come Giappone, Corea del Sud e Turchia, continuano ad importare il suo greggio.

     

    descalzi descalzi

    È presumibile che gli alleati cercheranno alternative, anche se la settimana scorsa Ibrahim Kalin, consigliere del presidente Erdogan, aveva detto che Ankara si aspettava un' altra estensione. Diverso è il discorso per l' India, ma soprattutto per la Cina, che nel pieno del negoziato commerciale per evitare la guerra dei dazi con Trump, dovrà decidere se accontentarlo sull' Iran, oppure sfidarlo.

     

    La questione globale del prezzo è ancora più complessa, come dimostra l' aumento del 2,59% registrato dopo l' annuncio di Pompeo. Gli Usa potenzieranno la loro produzione, e hanno chiesto ad Arabia ed Emirati di fare altrettanto, ma non è sicuro che il semplice aumento dei barili basti a placare le preoccupazioni geopolitiche, che si sommano alle sanzioni già imposte al Venezuela. Se i mercati interpreteranno la "massima pressione" americana sull' Iran come il possibile preludio ad uno scontro militare, diventerebbe molto difficile impedire un impatto sull' economia globale già in rallentamento.

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