Fabio Dragoni per "La Verità"
youtube chiude byoblu
Essere un editore oppure un social media? Non è «un dubbio esistenziale di troppo» grazie al quale, se associato soprattutto a «un congiuntivo usato correttamente, venivi subito bollato come finocchio». Questo almeno accadeva nella ruggente Livorno degli anni Settanta e Ottanta splendidamente raccontata dal regista Paolo Virzì nel film Ovosodo.
claudio messora
Non è neppure una questione di lana caprina. Il tema è dirimente. Se sei un editore fai informazione attraverso un prodotto. Che sia carta, televisione o Web poco importa. Scegli i contenuti e li valorizzi. Diranno i tuoi fedeli lettori che qualcosa per te spendono. Oppure li manipoli e li strumentalizzi.
byoublu
Diranno coloro che non ti leggono e se dipendesse da loro non esisteresti neppure. Poco importa. Hai una tua linea editoriale. Può piacere o meno. Un direttore che dirige la baracca. Una macchina operativa che produce i contenuti. E di tutto questo ne rispondi. Prima di tutto ai tuoi lettori, che se numerosi o pochi, decreteranno il tuo successo, oppure il fallimento. Ma anche, eventualmente, di fronte a un giudice.
byoblu messora
Chi dirige un giornale sa che la busta verde di notifica degli atti giudiziari è una compagna di viaggio irrinunciabile. Qualcuno che si risentirà di ciò che scrivi lo troverai sempre. Avere dei buoni avvocati e conoscere soprattutto il mestiere sono anticorpi indispensabili contro il morbo delle querele facili.
Se invece sei un social network, niente di tutto questo. Hai una piattaforma di cui tutti si servono. Chi più e chi meno responsabilmente. Se Tizio si sente offeso o diffamato o calunniato da ciò che di lui ha scritto Caio è proprio quest'ultimo che dovrà essere trascinato in tribunale. Non il social network che come tale è un semplice vettore.
byoblu claudio messora
«Ambasciator non porta pena», recita il proverbio. Questo almeno in teoria. Perché poi succede che i social media si fanno prendere la mano. Cresce il fatturato. Crescono gli utenti e cresce il loro potere. Cambiano i termini e le condizioni di uso. Quelle che uno clicca e non legge mai ogni volta che scarica un software dal Web.
E qualche social network (tipo Facebook, Twitter e fra poco vedremo Youtube) si mette a giocare all'editore. Comincia a selezionare i contenuti. A cancellare i post. Ad avvisare gli utenti con messaggi di avvertimento. Poi arrivano le sospensioni. Chi vi scrive o la brava Silvana De Mari non sono che due esempi. Infine, arriva la chiusura definitiva ed «irreversibile tipo l'euro».
claudio messora beppe grillo
Ne ha fatto le spese prima di tutti il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Che oltre ad aver per tempo investito e vinto la guerra dei vaccini, aveva ben compreso lo strapotere dei social media. Ancora in carica a maggio 2020, aveva firmato l'ordine esecutivo per promuovere l'iter di legge con cui delegare le competenti autorità di modificare la sezione 230 del Communications decency act.
CLAUDIO MESSORA
È una legge del 1996 che prevede la non responsabilità del social network rispetto ai contenuti pubblicati da terze parti. Il social non è cioè considerato editore. La proposta di Trump si basava invece sulla loro equiparazione alla figura di editore, con tutte le responsabilità connesse. Ivi inclusa la possibilità di essere trascinati in tribunale.
Il decreto fu firmato dopo lo scontro con Twitter che aveva segnalato due post del presidente come «potenzialmente fuorvianti». Da settembre a gennaio prima di chiudere definitivamente l'account, Twitter segnalerà almeno un centinaio dei cinguettii di Trump con questa etichetta.
Claudio Messora blogger
Se ne ha fatto le spese Trump ancora in carica, figuriamoci il bravo Claudio Messora, che si è visto brutalmente chiudere - dopo varie ammonizioni e sospensioni - il suo canale Youtube. «Che si tratti di austerity, di "ce lo chiede l'Europa" o di Covid, emerge sempre lo stesso pattern», mi dice al telefono Claudio. «Una élite minoritaria dispone di ingenti mezzi. Uniforma il dibattito pubblico. Lo allinea al pensiero unico».
Una dittatura orwelliana che però stavolta potrebbe infrangersi contro una resistenza gagliarda. «I cittadini sanno benissimo come tutelare il loro diritto di espressione e conoscono bene l'importanza del pluralismo delle fonti di informazione; il pilastro della democrazia».
gianluigi paragone su byoblu
Messora diventa tonico. «Lo dimostra la reazione perentoria alla chiusura da parte di Youtube, del canale Byoblu; testata giornalistica regolarmente registrata in tribunale con una linea editoriale più vicina ai cittadini, come voi della Verità. Vogliamo che Byoblu acquisti un canale del digitale terrestre. Servivano 150.000 euro: in sole 24 ore abbiamo raccolto già ben oltre 160.000 euro e tante altre donazioni stanno continuando ad arrivare». E sul finale prima di lasciarci quasi raggiante: «Nasce oggi l'editoria condivisa, finanziata dai cittadini che scelgono liberamente chi sostenere».
ALBERTO BAGNAI 1
La questione intanto approda al senato con due interventi rispettivamente di Gianluigi Paragone (Italexit) e di Alberto Bagnai (Lega Salvini premier). Quest'ultimo lancia una proposta concreta esortando il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, a incardinare un dibattito parlamentare cui dovrà seguire il progetto di un disegno di legge che si ponga un obiettivo minimo: impedire che i canali di testate regolarmente registrate in tribunale - come appunto Byoblu - possano essere chiusi dalle stesse piattaforme a seguito di una valanga di segnalazioni organizzate ad arte dalle «squadracce di odiatori digitali», che si servono di questa strategia per intasare un accondiscendente e complice algoritmo di censura. Le leggi, più corte sono, più sono efficaci. Aspettiamo e speriamo nella fioritura.