Giuseppe Sarcina per il "Corriere della Sera"
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La vendetta trumpiana è servita. I deputati repubblicani rimuovono Liz Cheney dalla presidenza del gruppo, la terza carica nella gerarchia interna. Ancora martedì sera, parlando in aula, Liz aveva definito Donald Trump «una minaccia mai vista in America». Da mesi l' ex presidente stava premendo non solo per toglierle i gradi, ma addirittura cacciarla dal partito. I vertici repubblicani avevano resistito fino a febbraio, quando l' assemblea dei parlamentari respinse, con un voto a scrutinio segreto (145 contro 61), la richiesta di dimissioni avanzata dall' ala più dura del partito. Ma era un segnale fuorviante.
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Da allora l' offensiva di Trump e del suo circolo ha piegato ogni resistenza. Negli ambienti conservatori di Washington, non solo nel Congresso, è prevalsa l' idea che senza «The Donald», il partito non vada «da nessuna parte», come sintetizza il senatore Lindsey Graham. Così, ieri il numero uno dei conservatori alla Camera, Kevin McCarthy e il capogruppo Steve Scalise hanno convocato una riunione che si è conclusa con una mozione di sfiducia contro Cheney. Non c' è stata neanche una votazione formale: un modo per nascondere le voci residuali di dissenso e per presentarsi come un blocco compatto davanti all' opinione pubblica.
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Liz, 54 anni, è considerata la naturale erede politica del padre Dick Cheney, vice presidente con George W. Bush e figura di spicco di quella corrente «neo conservatrice» che ha dominato la politica americana nei primi anni Duemila. Nel 2016, Liz Cheney ha comunque appoggiato la candidatura di Trump, intuendo da subito che non avrebbe avuto avversari. È entrata alla Camera nel 2017 e nel 90% dei casi ha votato i provvedimenti proposti dalla Casa Bianca. Tuttavia ha sempre chiarito di essere «altro» rispetto al populismo trumpiano. La rottura si è consumata negli ultimi due anni.
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Cheney ha criticato l' allora presidente prima sulla questione dell' Ucraina; poi non ne ha condiviso l' approccio minimalista alla pandemia e, infine, lo ha indicato come il principale responsabile dell' assalto a Capitol Hill. Ieri si è rivolta in questi termini ai suoi compagni di partito: «Non resterò seduta a guardare. Non possiamo consentire all' ex presidente di trascinarci indietro, non possiamo essere complici dei suoi tentativi di destabilizzare la democrazia. In fondo alla strada lastricata di bugie ci sono la nostra distruzione e, potenzialmente, la distruzione del nostro Paese. Se volete dei leader che asseconderanno e diffonderanno le sue bugie, io non sono la persona adatta. Ne avete molte altre tra cui scegliere».
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Trump e i suoi terminali al Congresso hanno già selezionato la deputata Elise Stefanik, 36 anni, proveniente dallo Stato di New York. È un profilo che rispecchia in pieno la devitalizzazione politica del partito repubblicano: ormai conta solo la lealtà trumpiana, senza riserve. Domani l' assemblea dei deputati la nominerà al posto di Cheney.
Liz dice che «farà il possibile» per evitare che Trump possa tornare nello Studio Ovale.
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Ma, intanto, dovrà preoccuparsi di mantenere il suo seggio nel Wyoming, nelle elezioni del 2022.
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