Tonia Mastrobuoni per “La Stampa”
Stavolta non è stato uno scivolone dell’euro, ma un balzo del dollaro, dovuto non tanto alle parole di Mario Draghi, quanto all’ottimo dato sulla disoccupazione rimbalzato dagli Stati Uniti. Tuttavia, dopo i fuochi d’artificio del mese scorso, quando la Bce aveva deciso un taglio dei tassi e il presidente della Bce aveva risfoderato le sue geniali formule per ricordare ai mercati che è meglio non scommettere contro una banca centrale, Draghi è riuscito di nuovo a sorprendere tutti.
MARIO DRAGHI
Primo, promettendo un quantitative easing, l’acquisto ampio di titoli, nel caso la traiettoria dell’inflazione dovesse continuare a peggiorare. «Il consiglio è unanime nel suo impegno a utilizzare strumenti non convenzionali» per evitare un periodo «troppo prolungato di bassa inflazione», ha detto, aggiungendo che «se le stime di medio o lungo periodo dell’inflazione dovessero cambiare, useremo sicuramente un ampio programma di acquisto di titoli».
banca_centrale_europea
Secondo, la Bce ha ampliato il programma di Tltro, i prestiti lunghi che consentiranno tra settembre e dicembre alle banche europee di procurarsi sino a 400 miliardi di euro a tassi minimi, aggiungendo nuovi appuntamenti tra il 2015 e 2016 che potrebbero far salire quella cifra sino a 1.000 miliardi. Il deterrente per convincere le banche a girare i soldi alle imprese e alle famiglie consta in un monitoraggio dei bilanci: se in due anni gli istituti di credito non avranno aumentato i prestiti, la Bce li costringerà a restituire tutta la cifra presa in prestito, oltretutto in una sola tranche.
EURO DOLLARO
In ogni caso il rischio di una ripetizione delle ultime ltro, quando in un momento acuto della crisi una parte consistente dei prestiti Bce a tre anni è stata utilizzata per fare il cosiddetto carry trade, per comprare i titoli di Stato dei Paesi sotto pressione come l’Italia o la Spagna approfittando del divario tra il tasso minimo Bce e il rendimento alle stelle dei bond sovrani, è diminuito enormemente. È sufficiente guardare agli interessi dei titoli di Stato oggi - quello dei decennali italiani e iberici si muove attorno al 2,6-2,8 per cento - per rendersi conto che è diventata un’operazione molto meno redditizia.
Joerg Asmussen
Draghi ieri ha anche annunciato due novità epocali: la prima è che dal 2015 la Bce imiterà l’americana Federal Reserve e si riunirà ogni sei settimane invece che ogni primo giovedì del mese per prendere decisioni di politica monetaria. Questo non significa, ha puntualizzato, che la crisi sia finita: «il nostro lavoro non è concluso». Ma che per un’istituzione che prende decisioni «di medio e lungo periodo», è sbagliato alimentare aspettative di un’azione ogni mese, ha spiegato il presidente della Bce. Come dire, i tempi frenetici dei mercati non vanno assecondati quando si persegue la “veduta lunga” come avrebbe detto Dante.
la merkel esulta per il gol
L’altra notizia clamorosa è che dall’anno prossimo l’Eurotower pubblicherà le cosiddette minute, i resoconti delle riunioni del consiglio direttivo. Ancora non sono stati resi noti i dettagli, ma intanto la Bce si adegua così alle maggiori banche centrali del mondo. C’è però chi ha sempre guardato con scetticismo a questa mossa.
Un conto è rendere note tensioni tra banchieri centrali della Fed o della Banca del Giappone, un conto è ufficializzare che durante una riunione a Francoforte il finlandese, il tedesco e l’olandese hanno votato contro una decisione presa a maggioranza dagli altri. Insomma, per un’istituzione gelosissima della propria autonomia come la Banca centrale europea, non sarà facile evitare interpretazioni politiche, “per bandiere”, delle proprie decisioni.