Fabrizio Goria per "la Stampa"
EUROPA E IMPORTAZIONE DI GAS DALLA RUSSIA
La guerra del gas è già iniziata. Le tensioni geopolitiche fra Russia, Ucraina e Nato stanno spingendo in alto il prezzo del petrolio, ben sopra i 93 dollari al barile, e il piano su cui si sta muovendo la diplomazia internazionale non potrà non tenere conto delle implicazioni sui costi dell'energia. Secondo l'Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), l'Italia è fra i Paesi dell'eurozona più esposti alle turbolenze sul gas naturale, insieme all'Austria. Fattore che potrebbe essere incidere anche sulla ripresa economica, che a causa delle spirali inflattive rischia di essere più disomogenea e fragile del previsto.
I parallelismi con il 1973 sono sempre più numerosi. La crisi energetica che l'Europa sta vivendo ha delle reminiscenze con quella degli Anni Settanta, come rimarca anche la banca anglo-asiatica Hsbc. Ma in questa fase la parte più vulnerabile è l'area euro. Al suo interno, Roma e Vienna rappresentano gli anelli deboli della catena di approvvigionamento di gas naturale. «A gennaio le forniture di gas russe verso l'Europa si sono ridotte del 40% rispetto alle attese, recuperando leggermente (-20%) negli ultimi giorni», fa notare l'Ispi Data Lab, in una nota di inizio febbraio.
CRISI UCRAINA
E lo scenario è in evoluzione negativa. Per ora, sottolinea l'istituto guidato da Paolo Magri, l'Europa è inondata dal Gnl (gas naturale liquefatto). E gli arrivi sono sufficienti a coprire i cali di fornitura da parte della Federazione Russa. Ma gli stoccaggi, e questa è l'allerta, «sono a livelli critici». Alcuni Paesi, dice l'Ispi, «potrebbero comunque non avere gas fino alla fine dell'inverno, e un'ulteriore stretta di Mosca metterebbe l'Ue con le spalle al muro». Il piano su cui si muove l'Italia è molto inclinato. Tra i grandi paesi dell'Unione europea, rimarca l'Ispi, «l'Italia è di gran lunga il più "dipendente" da Mosca.
EUROPA E IMPORTAZIONE DI GAS DALLA RUSSIA - LE VIE DEL GAS DI MOSCA
L'indice di vulnerabilità varia da un minimo di 0 (Svezia) a un massimo di 31 (Ungheria). Su questa scala, l'Italia fa segnare un sostanziale 19. Seconda tra i grandi Paesi Ue è la Germania, che fa segnare un valore di 12, comunque piuttosto elevato. Al contrario per la Francia, che si affida molto al nucleare e alle importazioni di Gnl, l'indice crolla a un valore di 3». Allo stesso tempo, preoccupa anche l'andamento del prezzo del petrolio, che sull'onda delle turbolenze fra Russia e Ucraina potrebbe superare quota 100 dollari, come ravvisato da Goldman Sachs, Morgan Stanley e J.P. Morgan.
tensione russia ucraina
La soglia dei 95 dollari è stata sorpassata nella seduta di venerdì, ma il ritracciamento è stato repentino. Potrebbe non essere così nella settimana che inizia. Svariati sono gli analisti che vedono Roma in una posizione poco rosea. Nonostante ciò, secondo Wolfango Piccoli, co-president della società di intelligence Teneo, c'è margine di dialogo.
«È altamente improbabile che la Russia o l'Europa vogliano interrompere il flusso di gas naturale in Europa. La fornitura di gas naturale della Russia - e prima di quella dell'Unione Sovietica - all'Europa ha creato un'interdipendenza duratura che è sopravvissuta a molti sconvolgimenti geopolitici, come l'invasione sovietica dell'Afghanistan nel 1979, il crollo dell'Unione Sovietica nel 1991 e, più recentemente, l'annessione della Russia della Crimea nel 2014.
TENSIONE RUSSIA UCRAINA
Più e più volte entrambe le parti hanno riconosciuto di avere troppo da perdere a causa dell'interruzione del flusso di gas», dice Piccoli. Inoltre, fa notare, «la rottura dei contratti di fornitura di gas esistenti comporterebbe un danno finanziario, legale e reputazionale per la Russia. Per quanto riguarda l'Europa, è improbabile che le sanzioni colpiscano il flusso di gas naturale».
Allo stesso tempo, Simone Tagliapietra, senior fellow presso il think-tank economico europeo Bruegel di Bruxelles, ha pochi dubbi su chi sia a perdere la partita in caso di rottura totale. «Qualora si dovesse arrivare a una situazione di totale interruzione dei flussi di gas russo verso l'Europa, a farne le spese sarebbe sicuramente l'Europa stessa. L'Europa importa dalla Russia il 40% del proprio consumo di gas e non vi sono oggi possibili sostituti di questi volumi: i produttori di gas come Stati Uniti e Qatar stanno già operando a piena capacità, così come gli altri maggiori fornitori dell'Europa via gasdotto», sottolinea Tagliapietra.
tensione alle stelle tra russia ucraina
Per far fronte ad una eventuale crisi del gas, rimarca l'economista, «l'Europa dovrebbe dunque ricorrere anche e soprattutto a una limitazione della domanda industriale di gas, al fine di salvaguardare il settore domestico». Tale circostanza, conclude, «avrebbe ovviamente implicazioni di vasta portata per l'economia del continente, mettendo a serio rischio il processo di ripresa economica in corso». Uno scenario che, da Roma a Berlino, passando Parigi e Madrid, nessuno vorrebbe veder realizzarsi.
tank ucraini