1 - "AUGIAS E OLIVER STONE PUTINIANI", IL REPORT CHE IMBARAZZA IL PD
Giuliano Foschini per “la Repubblica”
andrea romano
Se tutto è disinformazione, nulla è disinformazione. L'assunto è banale, ma nel marasma comunicativo generato dalla prima guerra in Europa del ventunesimo secolo c'è chi, ancora, ci scivola su.
La buccia di banana, questa volta, è stato il report "Disinformazione sul conflitto russo- ucraino" curato dalle ong Federazione italiana diritti umani e Open Dialogue, e presentato martedì in Parlamento in una conferenza stampa con l'onorevole del Pd Andrea Romano: annunciato come lavoro di tracciamento di casi di chiara disinformazione pro Cremlino, è invece un pentolone dove tutto si mischia - opinioni, fatti, versioni, interviste - e dove tutto, quindi, si perde.
Le trenta pagine cominciano così: «Dall'inizio del conflitto in Ucraina, speculazioni e contenuti propagandistici sono stati diffusi sul web e nei media italiani».
ALESSANDRO ORSINI
Segue un elenco di servizi individuati come propaganda se non propriamente dettata dalla Russia comunque favorevoli a Vladimir Putin: ci sono gli interventi del corrispondente Rai da Mosca Marc Innaro, le ospitate di Alessandro Orsini e Donatella Di Cesare a #Cartabianca su Rai Tre, un'intervista allo scrittore russo Nikolai Lilin, la puntata della trasmissione "Rebus" del 27 febbraio dove Corrado Augias discuteva con lo storico Alessandro Barbero, l'intervista di Oliver Stone a Putin, alcuni articoli del Fatto Quotidiano e gli interventi di Toni Capuozzo su Mediaset.
donatella di cesare foto di bacco
Il punto è che - a differenza di quanto ha deciso l'Unione Europea definendo i criteri della disinformazione e bloccando Russia Today e Sputnik - il dossier non prova neanche a distinguere tra opinioni personali e fake news: si limita a gettare nell'unico calderone cose ben diverse tra loro.
La questione è diventata, inevitabilmente, politica: la partecipazione di un esponente del Pd alla conferenza stampa, e l'annunciata presenza di altri due parlamentari (Lia Quartapelle del Pd e Riccardo Magi di +Europa) annullata all'ultimo momento, ha scatenato un putiferio, facendo piovere sul partito accuse di "caccia alle streghe", "liste di proscrizione", "fatwa".
nicolai lilin
Le due ong spiegano che per disinformazione intendono «la diffusione non di opinioni, che sono legittime, ma di fatti, dati e argomentazioni che non trovano riscontro nella realtà» e sostengono che Pd e + Europa non abbiano avuto alcun ruolo nella stesura del report. Repubblica ha chiesto ad Andrea Romano il motivo del suo "patrocinio" (è lui ad aver prenotato la sala alla Camera per l'evento): «Perché credo che il tema della penetrazione della disinformazione russa in Italia sia sotto gli occhi di tutti.
Purtroppo cammina anche sulle gambe di giornalisti validissimi che, spesso in modo inconsapevole, non contrappongono alla disinformazione putiniana i fatti per come essi sono. E i fatti vengono sempre prima delle opinioni che sono tutte legittime». Magi e Quartapelle hanno disertato l'evento dopo aver letto il report, e non per caso.
riccardo magi al quirinale
«Guardiamola in positivo: l'errore è sostenere che tutto sia disinformazione », dice Quartapelle. «Dobbiamo distinguere cosa lo è da cosa non lo è, per poterla combattere. Questo episodio è l'occasione per discutere con serietà sull'argomento».
Magi sottolinea il pericolo insito in ricerche pur animate, in linea di principio, da obiettivi condivisibili: «Il dossier confonde piani diversi, rischiando di creare liste di proscrizione che hanno coinvolto professionisti impegnati da anni per una informazione circostanziata sulla Russia. La stampa libera è uno dei punti di forza delle nostre democrazie. I bavagli, le pagelle di conformità, lasciamole a quei regimi che poco hanno di democratico».
corrado augias foto di bacco
2 - SCUSATE, MA FILORUSSO A CHI?
Corrado Augias per “la Repubblica”
Dunque, putiniano. Questa l'accusa nei miei confronti contenutain un documento presentato in sede parlamentare. Cadono le braccia. Non per l'accusa insensata ma per i suoi estensori. Mi chiedo dove prendano le loro informazioni, con quale criterio, quale preparazione, le valutino.
Sono andato con la memoria alla ricerca di una possibile fonte. Credo di averla trovata nel fatto che, nel corso del programma Rebus (Raitre), ho detto che bisogna anche tenere presenti le ragioni storiche che possono aver motivato il dittatore russo nella sua aggressione all'Ucraina.
dostoevskij
Il sottotitolo del programma è il celebre motto virgiliano "Rerum cognoscere causas", cercare di capire perché le cose avvengono.
È evidente che anche un tiranno come Putin avrà avuto bisogno di trovare ai suoi stessi occhi una qualche giustificazione all'aggressione e ai crimini che ne sono derivati.
andrea romano servizio delle iene sui talk show
Questa giustificazione può averla trovata in un'idea che percorre la storia russa, attraversa i secoli dagli zar a Dostoevskij a lui stesso: l'idea di un impero che non è né Occidente né Oriente, quindi titolato a congiungere idue mondi in nome di una sua peculiare forza morale. «È ora che io passi alla storia», dichiarò Putin a un giornalista russo nel 2013.
Traggo queste informazioni da un saggio appena pubblicato dall'editore Neri Pozza: "L'idea russa" di Bengt Jangfeldt. L'autore, insegna all'università di Stoccolma, è uno dei maggiori studiosi di letteratura russa. La sua visione storica è illuminante. Fëdor Michajlovi Dostoevskij scriveva: «C'è una sola verità, e solo un popolo può avere un vero Dio. L'unico popolo portatore di Dio è il russo».
fedor dostoevskij 9
Questa idea, forse dovrei dire questo ideale, ognuno poi lo declina come può e sa. Il livello di Putin non è certo paragonabile a quello di un gigante della letteratura mondiale. Né idee come queste possono avere, nel mondo contemporaneo, un'applicazione politico-militare.
La Russia non ha mai conosciuto gli avanzamenti che in Occidente consideriamo fondamentali. Non ha mai avuto quella divisione dei poteri che resta uno dei principi giuridici fondamentali dello Stato di diritto e della democrazia liberale. Non esiste un Montesquieu russo. Putin ha ricavato anche da questa storia così peculiare, che noi consideriamo mutila, la giustificazione alla guerra contro un Paese vicino avviato sulla strada della democrazia.
C'è un altro saggio illuminante, che ho appena recensito per il Venerdì. Lo ha scritto Masha Gessen, nata a Mosca poi naturalizzata americana. Il sottotitolo parafrasa un dramma di Brecht: "L'improbabile ascesa di Vladimir Putin". Descrive con un accattivante stile narrativo la conquista del potere da parte di un uomo che non s' è risparmiato nulla per arrivare alla sua posizione e, ora, per mantenerla. Avevamo tutto sotto gli occhi da tempo, scrive Gessen, e ci siamo rifiutati di vedere. Esorto gli estensori dell'accusa a coltivare la lettura e, volendo, a qualche parola di rammarico.
nicolai lilin in rianimazione
LA RISPOSTA DELLA RAI ALL INTERROGAZIONE DI ANDREA ROMANO SU ORSINI