MOURINHO
Da corrieredellosport.it - Estratti
Mourinho, il commento sullo stop a Bonucci
allegri mourinho
Parole chiare quelle dello Special One, sul perché l'affare Bonucci sia saltato: "Io ti dico che il cuore del club sono i tifosi, poi c'è la proprietà che è sovrana. Ma il cuore del club sono i tifosi, se fai qualcosa che piace ai tifosi alimenti la passione e l'amore, se fai qualcosa che non piace ai tifosi non va fatta. Non dico altro".
Mourinho: "La Juve è risultatista"
"La Juve è la Juve e Allegri è Allegri. Sappiamo sempre cosa aspettarci dai bianconeri e da Max. Quando si parla di allenatore "risultatista", io lo interpreto come la cosa più importante del calcio. C'è gente che lo lega a qualcosa di negativo, ma per me ha una connotazione positiva. La Juve è risultatista, difende tanto e bene, esce in contrattacco ed è fortissima, anche con palla inattiva. Gioca una partita alla settimana, che significa anche tanti giorni di lavoro tattico e in campo. Sta lì, nella guerra con l'Inter per lo Scudetto".
Dybala contro la Juve, la risposta di Mourinho
allegri mourinho
Subito una domanda sulla presenza di Dybala: "Non do risposte sui titolari e su chi gioca. La conferenza a quest'ora, prima dell'allenamento, è una protezione. La sensazione è che Dybala sarà disponibile, poi vedremo se giocherà, se andrà in panchina. Al di là del fatto che non voglio dire nulla, ancora non ho deciso. Se tutto andrà bene nella rifinitura, verrà con noi. Mancini: stessa situazione della settimana scorsa, lui conosce già com'è giocare senza allenarsi. Ha fatto molto bene contro il Napoli, domani giocheranno Mancini, Llorente, Ndicka".
ALLEGRI E MOURINHO, IL DESTINO COMUNE DEI LEADER SOLITARI
Maurizio Crosetti per la Repubblica - Estratti
allegri mourinho
Non sono simpatici, non sono innovativi, non sono piacioni. Forse sono postmoderni, forse anche un po’ reazionari. Max e Mou, nomi da cartoon americani anni Cinquanta, praticano il calcio della realtà e diffidano del mondo delle idee. Positivisti e non platonici, credono solo in ciò che è dimostrabile. Garbano quando vincono, ma se perdono è un precipizio medievale: quando perdono, non c’è perdono.
(…) Mai come quest’anno, Mourinho ha teorizzato la Roma dei nervi tesi. Mai come quest’anno, Allegri ha costruito una Juve del mordi e fuggi. Pur non essendo tattici ossessivi, Max e Mou hanno disegnato un progetto gestionale della realtà. Non deflettono e non indulgono all’estetica. Quando il calcio sembra dirigersi altrove, verso le magiche terre della modernizzazione, loro due si piegano su loro stessi per difendere l’unica verità che conoscono: il calcio è un meccanismo semplice e sorride solo ai vincitori, meglio se attraverso racconti epici. Per divertirsi: il circo, il cinema, un buon libro, una compagnia spiritosa, una tavolata, una barzelletta, un’apericena.
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Quello di Max e Mou è un destino di ritorno: terzo anno di nuovo alla Juve per Allegri, terzo anno di nuovo in Italia per Mourinho. Entrambi soverchiati dal peso glorioso del loro immane passato, il vero avversario. Essere degni di ciò che sono stati. Per le chiacchiere citofonare ai presunti inventori del calcio, ore pasti. Non è un caso che la Juve sia stata l’unica ad aver messo paura all’Inter: senza fare miracoli, Max stava incartando la partita a Simone Inzaghi che se n’è accorto appena in tempo.
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La coerenza di Max e Mou a volte sembra testardaggine senza tempo, forse fuori tempo massimo. Il loro mestiere delle armi è ferro temprato dall’esperienza e dal clangore di mille scontri, un attrito che produce scintille, non sogni, non suggestioni. Sempre in primissima persona singolare, anche nel momento della lite che li esalta, Allegri e Mourinho sono i frontman più o meno involontari di club che in questo momento hanno scelto il profilo basso e un parziale nascondimento mediatico. Ed è così che Max e Mou, maestri di comunicazione, vanno avanti mettendoci la faccia e le parole. Questo li rende parafulmini dei giocatori, che perciò li apprezzano parecchio: gli allenatori portano anche i loro pesi.
Ora cercano entrambi un futuro di conferme, Max e Mou, il primo riconsegnando la Champions alla Juventus, il secondo ottenendo un altro contratto difficile a Roma. Sanno che sulle loro teste svolazzano gli avvoltoi del bel gioco, chissà poi cos’è, ma giustamente rifiutano di non saper guardare ai giovani: tanti ne hanno lanciati, gli ultimi sono Yildiz e Zalewski, Bove e Miretti, mentre qualche scheggia del passato si conficca sotto la pelle: ecco Bonucci che Max mise sullo sgabello e poi accompagnò alla porta, e che Mou avrebbe voluto accogliere e non avrà, ultimo nodo dello spago che ancora stringe due allenatori più unici che rari. Rari, perché unici.
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Non saranno simpatici, Max e Mou, però sono divertenti. Uno litiga con l’arbitro al punto da farsi squalificate, poi va in tv a dire che è tutto a posto e non c’è da lamentarsi; l’altro preferisce spiegarsi in portoghese, perché le lingue madri hanno soltanto figli unici. E comunque, ascoltare quei tipi è sempre uno spasso.
Forse non entreranno mai nella Treccani, dove esiste il sarrismo ma non c’è traccia di allegrismo o mourinismo, però certi modi di dire, e non soltanto di fare, sono ormai lessico familiare: tra zero tituli e corto muso, Mourinho e Allegri hanno creato qualcosa che prima non c’era, o anche solo il modo di nominarlo. E comunque, molti tituli per quei due, anche di larghissimo muso.
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