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    “IO NON SO COME ANDRANNO A FINIRE LE COSE MA NON L'HO UCCISA IO” - SEBASTIANO VISINTIN, MARITO DI LILIANA RESINOVICH, TROVATA MORTA A TRIESTE, SI DIFENDE: “HO PAURA DI DIRE COSE SBAGLIATE E DI NON SAPER DIFENDERMI PERCHÉ SONO SOTTO PRESSIONE. QUI VA A FINIRE CHE IO ANDRÒ IN GALERA E QUALCUN ALTRO SI DIVERTIRÀ” - IL RAPPORTO DELLA DONNA CON UN SUO EX, LE VOCI SULLA SEPARAZIONE E LE ACCUSE DI PLAGIO, LA QUESTIONE DEI SOLDI…


     
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    1 - «MIA MOGLIE NON SI È UCCISA»

    Giuseppe Scarpa per “il Messaggero”

     

    LILIANA RESINOVICH E SEBASTIANO VISINTIN LILIANA RESINOVICH E SEBASTIANO VISINTIN

    «Per me Liliana non si è suicidata. Se così fosse, vuol dire che non ho visto un malessere che lei stava attraversando. Spero che sia ancora viva. Secondo me la polizia chiuderà il cerchio a breve». Sono le parole di Sebastiano Visintin, 72 anni, marito di Liliana Resinovich, 63 anni, la donna scomparsa dal 14 dicembre e il cui cadavere corrisponderebbe a quello trovato mercoledì pomeriggio nel parco dell'ex ospedale psichiatrico a Trieste. Il corpo era avvolto da sacchi neri e aveva una busta sulla testa.

     

    Il marito ha parlato anche dell'amico di Liliana, Claudio Sterpin: «Mi ha disturbato molto questo rapporto occulto, di cui non sapevano nulla nemmeno le sue amiche né suo fratello. Forse lui l'ha plagiata». Inoltre ha detto di voler partecipare a una fiaccolata per Liliana (che si è tenuta ieri sera) «anche se - ha precisato - apprendo dell'iniziativa da voi giornalisti: nessuno mi ha detto nulla, né mi ha telefonato qualcuno per avvisarmi. È comunque un bel gesto per Lilly. Poi alle 19.00 dovrò andare a lavorare: mi attendono a teatro, dove ogni anno faccio un reportage fotografico».

    liliana resinovich e sebastiano visintin 1 liliana resinovich e sebastiano visintin 1

     

    Il 72enne ha riferito ieri di essere stato convocato dalla polizia: «Avevo un appuntamento in Questura ma non mi hanno chiesto nulla di importante». In merito al 14 dicembre, giorno in cui è scomparsa la moglie, Visintin ha spiegato che l'assenza della donna all'ora di pranzo non gli ha fatto strano perché «non mangiavamo mai assieme».

     

    Quanto al fatto che Liliana avesse due cellulari, il marito spiega che ne aveva uno in più perché «le avevo chiesto io di tenere quello che era appartenuto a mia figlia, morta dieci anni fa. Lei lo usava solo per andare sui social. Era la prima volta comunque che lasciava i telefonini a casa, non era mai capitato». Sulle abitudini della moglie poi ha sottolineato: «Liliana non portava sempre gli occhiali e metteva sempre la borsa nell'armadio».

    liliana resinovich liliana resinovich

     

    È morta soffocata. È questa l'ipotesi che il medico legale dovrà confermare. La testa della vittima era dentro due sacchetti di plastica. Sul corpo nessun segno apparente di violenza, armi da taglio o fori di proiettile. Il cadavere era avvolto in due grossi sacchi, il capo in due più piccoli. Un elemento che potrebbe far pensare a un decesso per asfissia. Il medico legale dovrà fornire anche un'altra risposta: da quanto tempo il corpo fosse nel boschetto. Anche su questo elemento ci sono più ipotesi. Il cadavere non mostrava le condizioni di un corpo fermo lì da una ventina di giorni, ma le fredde temperature registrate potrebbero aver rallentato la decomposizione.

    Liliana Resinovich Liliana Resinovich

     

    Non c'è ancora nessuna persona iscritta nel registro degli indagati. Sul fronte dell'inchiesta «è certo che Resinovich si sia allontanata a piedi, per questo mercoledì le attività di perlustrazione riguardavano la zona raggiungibile attorno alla sua abitazione». È una precisazione che, giovedì, ha fatto il prefetto di Trieste Annunziato Vardè, dopo aver avviato le ricerche della Resinovich, escludendo «elementi per dire che Liliana abbia preso un bus».

     

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    Una dichiarazione che smentisce le affermazioni del marito di Liliana, il quale aveva reso noto che gli era stato riferito che le telecamere della Trieste Trasporti avrebbero inquadrato la donna il 14 dicembre. Liliana quella mattina avrebbe dovuto recarsi a casa di un suo amico di vecchia data, un'ottantaduenne che vive a Trieste, Sterpin. L'anziano ha spiegato di aver ricevuto una telefonata dalla donna alle 8.22.

     

    «Lilly mi ha chiamato per avvisarmi che sarebbe venuta da me un po' più tardi, attorno alle 10, doveva passare prima al negozio di WindTre. Da qualche mese lei veniva da me per darmi una mano a stirare. Ci conosciamo da quarant' anni e siamo legati da un'amicizia affettuosa». Ma dopo quella telefonata, da quanto risulta Resinovich non è mai arrivata a casa dell'amico. Il marito Visintin ha affermato che sua moglie non lo aveva messo al corrente di questa frequentazione.

     

    2 - IN CASA DI LILIANA CON IL MARITO: «TEMO DI NON SAPERMI DIFENDERE VA A FINIRE CHE ANDRÒ IN GALERA»

    Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”

     

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    Arriva di corsa con la sua Fiat Alpina, scende vestito da ciclista, ti scruta giusto quei due secondi e passa subito al tu, veloce, gentile, diretto: «Cosa vuoi chiedermi? Andiamo sull'altopiano a farci un giro? Vuoi entrare in casa?». Entriamo in casa, un appartamentino al primo piano di un palazzo popolare del rione San Giovanni, nella Trieste che sale ripida verso il Carso. E qui, in queste stanze, tutto parla di Lilly, le foto, i vestiti, le piante, gli occhiali. Perfino il calendario manuale, fermo alla data del 14 dicembre 2021: il giorno della sua scomparsa. «Lo aggiornava lei, non ho più toccato nulla».

     

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    Nessuno al mondo vorrebbe essere oggi Sebastiano Visintin, il fotografo in pensione sul quale grava un pesante sospetto - nonostante non risulti indagato - in relazione alla tragedia della moglie, Liliana Resinovich, ritrovata mercoledì scorso senza vita nella boscaglia del vicino ex Ospedale psichiatrico di San Giovanni. Era rannicchiata all'interno di due sacchi neri dell'immondizia con la testa infilata in una busta di nylon legata al collo. Per gli inquirenti non è ancora certo che sia un omicidio. Lo diranno i medici legali che devono eseguire l'autopsia preceduta da una tac.

     

    Cosa pensa sia successo?

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    «Che sia stata uccisa e che presto avremmo un colpevole. Liliana comunque non si sarebbe mai suicidata, a me sembrava felice e se non lo era significa che io non ho capito nulla di lei, cosa che escluderei visto che ci conosciamo da più di trent' anni».

     

    Eppure qualcuno l'ha vista cupa negli ultimi tempi. Soprattutto questo amico di vecchia data, Claudio Sterpin, un suo ex oggi ottantaduenne che aveva ripreso a frequentare da alcuni anni. Dice che fra di voi le cose non andavano bene, che lei voleva separarsi, anzi, aveva anche deciso il giorno in cui gliel'avrebbe detto, il 16 dicembre. Le aveva anticipato qualcosa?

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    «Questa è una cosa ignobile, mi ferisce molto. Primo perché io non sapevo che mia moglie frequentasse un uomo. L'ho scoperto dai messaggi che ho trovato nel cellulare di Lilly dopo la scomparsa. C'era una chat in codice. Te la faccio vedere... eccola qua, questa è del 14 dicembre: "Cambè?" "Spettosempreunsegnal", e tanti altri. Allora io l'ho chiamato e gli ho chiesto conto. E lui: ma dai che mi conosci, sono del marathon, lo sai che Lilly viene a farmi i lavori in casa da anni. No, gli ho detto, non lo sapevo».

     

    Sterpin smentisce che fossero amanti. Parole sue: «Con tre interventi alla prostata che amante sarei?». Dice però che lui e Lilly erano legati da un'affettuosa amicizia e avevano programmato un weekend insieme, proprio quello del 17 dicembre. Come la vede?

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    «Penso che qui ci sia la chiave del mistero. Secondo me lui l'aveva plagiata, aveva manipolato la sua volontà, riuscendo addirittura a convincerla di lasciarmi. Dopo che lei l'ha chiamato, alle 8.22 del 14 dicembre, io ero già fuori casa, lei è entrata in uno stato di follia. Ha lasciato a casa i documenti, i telefoni, cosa che non aveva mai fatto prima, e se n'è andata chissà dove. La fruttivendola oggi mi ha detto che l'ha vista con gli occhiali, altra stranezza perché Lilly non li usa molto».

     

    Lei dov'era andato?

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    «Prima a consegnare i coltelli ai clienti. Li affilo io, ho un magazzino giù in città. Poi sono tornato e, senza passare da casa, sono andato a farmi un giro in bici sull'Altopiano. Ho girato anche dei video che ho consegnato alla Questura. Verso le due sono tornato a casa, ho mangiato qualcosina e ho riportato la bici in magazzino tornando su in macchina. Mi sono accorto dei cellulari, ho aspettato qualche ora e poi sono andato a segnalare la cosa in Questura. Io non so come andranno a finire le cose ma non l'ho uccisa io, sono innocente e Lilly mi manca moltissimo. Era molto sensibile...».

     

    Visintin si ferma e gli occhi si inumidiscono. Poi dicono dei soldi, lei non ne ha, Lilly sì...

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    «Non ne posso più, i soldi non sono mai stati un problema. Io sono stanco, stanco e ho anche paura di dire cose sbagliate. Ho paura di non saper difendermi perché sono sotto pressione... Dovrei lavorare, stasera vado a fare le foto alla compagnia teatrale. Vuoi una pastasciutta? Ma capisci cosa voglio dire? Perché qui va a finire che io andrò in galera e qualcun altro si divertirà».

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