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La 'ndrangheta infiltrata «in uno dei settori strategici del Paese», ossia «il funzionamento delle rete ferroviaria». L'ipotesi della Dda di Milano è che colossi del settore delle costruzioni e della manutenzione delle linee, attraverso subappalti a società riconducibili ai clan, abbiano generato un sistema di incassi «in nero» per sostenere affiliati detenuti e le loro famiglie, facendo anche lavorare operai nei cantieri, «sovente senza alcuna competenza professionale» e «in condizioni di sfruttamento». Un procedimento nel quale Rete ferroviaria italiana è parte lesa.
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Ieri i Nuclei di polizia economico finanziaria della Finanza di Milano e Varese hanno arrestato 15 persone, alcune legate alle cosche Nicoscia-Arena di Isola di Capo Rizzuto (Crotone), e sequestrato oltre 6,5 milioni di euro. Un'indagine passata al vaglio del gip che ha disposto il carcere per undici, tra cui i quattro fratelli Aloisio, formalmente imprenditori, ma «contigui alla 'ndrangheta», e i domiciliari per quattro.
Il giudice ha respinto misure cautelari richieste dalla Procura per altri venti. Il pm Bruna Albertini, infatti, aveva sollecitato i domiciliari anche per Maria Antonietta Ventura, presidente del cda del Gruppo Ventura, che si occupa di costruzioni ferroviarie, e che era stata candidata da centrosinistra e 5Stelle alla presidenza della Calabria e la scorsa estate si era ritirata dalla corsa.
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LE ACCUSE Per la Dda ci sarebbe stato «un piano di spartizione in aree di competenza dell'intero territorio nazionale» da parte delle imprese che prendevano gli appalti per i lavori da Rete ferroviaria italiana. Gruppi imprenditoriali, scrivono i pm, che «gestiscono in regime di sostanziale monopolio l'aggiudicazione delle commesse». Le società che si aggiudicavano gli appalti, poi, scrive sempre la Dda, si rapportavano, con la formula del «distacco della manodopera», con il «gruppo Aloisio-Giardino» e «con le numerosissime società a loro riconducibili», «intestate a prestanome».
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Così gli operai delle aziende «di comodo» in odor di ndrangheta, attive tra il Varesotto e Crotone, venivano messi a lavorare nei cantieri ferroviari in varie regioni. Un meccanismo che sfruttava gli «strumenti giuridici astrattamente leciti che, secondo la prospettazione degli inquirenti - scrive il gip - vengono utilizzati per aggirare i divieti in materia di subappalto, per pagare meno imposte, per garantire alle imprese coinvolte il procacciamento di fondi extracontabili».
Fondi neri usati anche per foraggiare le famiglie di ndranghetisti arrestati, per i quali erano pronti pure «falsi contratti di assunzione». Il gip, tuttavia, mette nero su bianco di aver condiviso «solo in parte» l'impostazione dei pm.
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LE INTERCETTAZIONI Le intercettazioni citate dal giudice nell'ordinanza, però, sembrano lasciare pochi dubbi: «Adesso vai a prelevare... mi porti 2.000 euro al mese... che abbiamo i nostri carcerati da mantenere», dice un indagato. Ma i fratelli Aloisio avrebbero applicato anche il metodo mafioso: «Te la do io la mazzetta, nel cuore te la infilo la mazzetta - dice uno di loro a proposito di un operaio siciliano che aveva chiesto il pizzo - gli ho detto: Ti dico una cosa... se ti vedo solo passare da Varese ti scanno come un agnello».
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I DUBBI DEL GIP Delle accuse formulate dalla procura è rimasta in piedi l'associazione per delinquere finalizzata a reati tributari e bancarotta (è caduto il caporalato, ad esempio), ma l'aggravante dell'agevolazione mafiosa è stata riconosciuta solo per cinque (esclusa per i Giardino, non arrestati). Per gli imprenditori Rossi e Ventura, che restano indagati, così come per altre posizioni, «gli attuali esiti delle indagini - scrive il gip - non consentono» di «ritenere sussistenti gravi indizi di colpevolezza della partecipazione» all'associazione dei «fratelli Aloisio».
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