Andrea Rossi per La Stampa - Estratti
Chiara Appendino, il campo largo è tramontato?
CHIARA APPENDINO
«No, ma per costruire un campo giusto, più che largo, servono progetti credibili e candidati affidabili. Noi continueremo a provarci, senza mai rinnegare la nostra identità di cui la legalità e la dignità della politica sono pilastri irrinunciabili».
La vice presidente del Movimento 5 Stelle, ex sindaca di Torino, sembra non chiudere le porte al Pd e a una potenziale alleanza messa a dura prova dagli eventi degli ultimi giorni. Eppure, proprio come Giuseppe Conte, fissa una serie di paletti che rendono la strada non proibitiva ma di sicuro ancora lunga e piena di incognite.
Il Pd ribolle: Conte e il M5s vogliono lucrare sulle nostre disavventure per un pugno di voti in più. È così?
chiara appendino - processo piazza san carlo
«Non esiste. Noi abbiamo fatto della lotta al privilegio e ai sistemi clientelari un elemento di battaglia politica fin dall’inizio della nostra storia. In questa legislatura abbiamo portato in Parlamento simboli della lotta per la legalità come Cafiero de Raho e Scarpinato. Di sicuro non barattiamo i nostri valori con un posto in qualche giunta. E se vediamo che questi valori sono a rischio non possiamo voltarci dall’altra parte».
Davvero l’unica opzione era far saltare tutto?
«Quello che emerge dalle inchieste di Bari e Torino, prima ancora dell’aspetto giudiziario, è un rapporto deviato tra politica e affari: nepotismo, ricerca del tornaconto personale, svilimento della cosa pubblica. Un sistema di potere che pensa a proteggere se stesso e le sue rendite di posizione anziché perseguire l’interesse collettivo. Il Movimento con tutto ciò non ha nulla a che fare».
Ammetterà che il Pd ha reagito prontamente: in Puglia assessora e capogruppo si sono dimessi, a Torino Raffaele Gallo si è fatto da parte senza nemmeno essere indagato. C’è una certa differenza con altre parti politiche, o no?
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«Stiamo parlando del minimo sindacale e mi auguro non siano operazioni di facciata. Noi ci posizioniamo nel campo progressista e continuiamo a rivolgerci alle forze progressiste avendo ben chiaro che l’avversario, in Parlamento e nel Paese, è una destra che ha una visione incompatibile con la nostra, che confonde il garantismo con l’impunità, che difende una ministra in conflitto d'interessi che mente davanti al Parlamento (Santanché, ndr), un ministro che ferma i treni a suo piacimento in barba a milioni di pendolari (Lollobrigida, ndr) o un sottosegretario che rivela segreti di Stato mettendo a rischio la sicurezza del Paese (Delmastro, ndr)».
Eppure alla prova dei fatti le alleanze si sgretolano. Anche in Piemonte.
«In Piemonte mancavano i presupposti. Ci abbiamo provato ma su alcuni temi programmatici sono mancate le risposte del Pd. E alla fine c’è stata la forzatura sulla candidata».
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Mancavano tre mesi al voto, dovevano attendere un accordo che era chiaro non sarebbe arrivato?
«Ripeto: durante gli incontri sono emerse profonde differenze su sanità, ambiente, diritti».
Dica la verità: il problema numero uno era il suo successore, il sindaco di Torino Lo Russo.
«Ma non è una questione personale. È un tema di proposte politiche. Detto questo il Pd di Torino, a trazione Lo Russo, su molti temi è più vicino a Cirio che al campo progressista».
Poi è arrivata l’inchiesta.
«Che nel Pd di Torino ci fossero problemi irrisolti da anni era noto a tutti».
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La rete di favori e complicità coinvolge però anche alcune persone nominate da lei quand’era sindaca. Anche voi vi siete fatti abbracciare da quel sistema?
«Dalle carte emerge esattamente l’opposto: che noi agiamo diversamente. Le aziende partecipate dal Comune sono state usate, e lo sono tuttora, come posteggio per i fedelissimi, per ex politici rimasti senza ruolo o per persone legate al Pd. Da sindaca io non ho mai scelto in base all’appartenenza al M5s. Posso aver scelto più o meno bene a seconda dei casi, ma l’ho sempre fatto guardando i curricula, nominando tecnici in base alle loro competenze. Se poi qualcuno di loro non si è dimostrato impermeabile a certe richieste è una sua responsabilità. Ma la differenza mi pare evidente».
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