Diletta Parlangeli per “Il Messaggero”
app clubhouse
Se senti le voci, sei su ClubHouse. È questa la regola dell'applicazione che sta scuotendo gli animi di oltre 2 milioni di iscritti in tutto il mondo, da poco anche in Italia: gli utenti possono usare solo la propria voce. Non si possono condividere post, né Storie, né chattare. Si può solo parlare all'interno di Stanze che hanno un tema, accedere come pubblico ed eventualmente chiedere a chi l'ha creata di parlare (se non si è già stati invitati sul palco dal moderatore).
Oppure crearne una propria e iniziare la conversazione con chi partecipa. Come aprire la porta di un'aula in cui ci sono persone a disquisire, chiedere è permesso? e poi decidere se contribuire alla conversazione o restare in ascolto.
nuova app clubhouse
IL PUBBLICO
La creatura di Paul Davison e Rohan Seth entrambi con un passato nella tecnologia importante, da Google a Pinterest sta accendendo gli animi di chi da troppo tempo aspettava una novità nel panorama dei social network. Ancora? Sì, ancora.
Forse perché le piattaforme degli ultimi anni sono state pensate per un pubblico giovane, la Generazione Z: da Snapchat a TikTok (che dopo essere stato osteggiato in tutti i modi da Donald Trump, vive un difficile momento sulla verifica dell'età degli utenti). E anche perché i due statunitensi stanno usando un meccanismo di accesso che ha sempre generato il cosiddetto hype (l'aspettativa): l'ingresso a inviti. Si può accedere solo se tirati dentro da qualcun altro (il cui nome comparirà anche sul profilo, come una sorta di referenza). Ah, e bisogna avere un dispositivo Apple, perché al momento sono esclusi gli utenti che usano Android. Un meccanismo che aumenta la sensazione di esclusività.
I MODERATORI
le stanze di clubhouse
Le stanze di Clubhouse per gli amici, già CH contengono moltitudini: si va da quella tedesca di consulenza, intitolata Convincere usando la voce, a quella d'Oltreoceano in cui un nutrito gruppo di afroamericani si interroga da due giorni sulle sorti legali del rapper T.I e consorte Tiny, accusati da un gruppo di donne di istigazione sessuale.
Negli Stati Uniti, dove l'app è stata lanciata nel marzo del 2020, i temi sono dei più vari, dall'NBA alle audizioni per i musical. Ci sono anche stanze dedicate al silenzio: d'altronde, quando l'elemento portante è la voce, anche quello ha un senso.
ARRIVA LA APP CON LE VOCI
Per tutto il resto, ci sono i moderatori, cioè chi organizza gli incontri e ha il potere di dare o meno la parola agli altri. Il che, in una dimensione dal vivo, quale è ClubHouse, non è affar da poco: sta al buon senso di chi conduce e a quello dei partecipanti.
«È un problema di tutte le piattaforme, come stiamo vedendo», dice Marta Basso, imprenditrice, tra i fondatori del gruppo ClubHouse Italia, che sta organizzando un vero e proprio palinsesto di eventi sull'app. «Se poi parliamo di un controllo per evitare che si creino gruppi razzisti, cyberbullismo e affini, potenzialmente ciò che viene detto può essere trasformato e analizzato con un meccanismo Speech to text (cioè la trascrizione del parlato, ndr)».
I POTENZIALI PROBLEMI
clubhouse
È solo uno dei temi aperti, così come quello dei diritti. Ma anche la community italiana sta sperimentando. Molti gli appassionati di digitale e i professionisti della comunicazione presenti e mentre già si paventa l'ipotesi di stanze dedicate a Sanremo, c'è chi ci vede enormi potenzialità anche per la Dad, come il sociologo dei nuovi media Giovanni Boccia Artieri.
Secondo il docente dell'Università Carlo Bo di Urbino, l'attuale configurazione dell'applicazione ha un'altra caratteristica fondamentale, oltre all'utilizzo della voce (che è anche un buon deterrente contro l'hate speech), e cioè la deperibilità del contenuto. «Tu ci sei se puoi partecipare, altrimenti sei escluso. Sei cioè costretto a una presenza in sincrono - spiega -. Un po' come succedeva con il mondo virtuale di Second Life. Da questo punto di vista, lo trovo decisamente Time consuming», cioè molto coinvolgente.
Ed è vero, la realtà di CH è immersiva, a suo modo. Il sistema di notifiche di ClubHouse aggiorna di continuo su quale conversazione sta avendo inizio, e la tentazione di curiosare anche solo un attimo, quando tra i partecipanti c'è qualcuno che conosci - o che segui è forte, anche solo per un minuto. Che poi, appunto, un minuto non è mai. E quindi eccoci davanti al nuovo candidato 2021 per la categoria F.O.M.O, ovvero Fear of missing out, la paura di rimanere fuori dagli eventi che contano, specie online. In effetti, da FOMO a fono, non ci passa poi tanto.