Fulvio Fiano per il “Corriere della Sera”
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Aver avvolto con sei metri di nastro adesivo il capo di Serena Mollicone, prima di abbandonarne il corpo in un boschetto, può rivelarsi oggi, a 20 anni di distanza, una mossa che si ritorce contro i suoi presunti assassini.
Il nastro ha infatti custodito tra i capelli della 18enne micro frammenti di legno che l'analisi condotta con tecniche all'avanguardia dai carabinieri del Ris di Roma cataloga come «chimicamente, merceologicamente e morfologicamente indistinguibili» rispetto alla porta sequestrata negli alloggi degli ufficiali della caserma dei carabinieri di Arce.
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Nella precedente udienza il medico legale Cristina Cattaneo aveva mostrato come la lesione su questa stessa porta sia pienamente riconducibile all'impatto con il capo della ragazza.
A completamento della consulenza chiesta dalla Procura, il maresciallo del Ris Rosario Casamassima spiega quindi alla Corte d'Assise il lavoro fatto per isolare i 28 frammenti (23 di legno, 3 di legno e colla, 2 di resina da vernice, il più piccolo di 0,25 millimetri) sui 139 rinvenuti, fino a suffragarne con metodi empirici e modelli matematici la coerente distribuzione sul cranio della vittima in seguito all'urto.
Franco Mottola
Ma il Ris individua un altro elemento chiave in due frammenti di vernice bianca, ancora sul nastro, allo stesso modo «perfettamente compatibili», anche in base al tipo di ruggine rinvenuta, con quella di una caldaia presente su un balcone degli alloggi. È la risposta attesa dal pm Beatrice Siravo per sostenere che, dopo essere stata tramortita, Serena fu «nascosta» in caserma dal maresciallo Franco Mottola, con la moglie, il figlio e due carabinieri, in attesa di sbarazzarsi del suo corpo. Altre tracce sui vestiti e la tomaia delle scarpe ne indicano la posizione sdraiata.
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