Antonio Di Francesco per “La Verità”
SERGIO ROMANO
Le armi e le parole. All'alba della terza settimana di guerra, con i russi che moltiplicano i fronti d'attacco, il frastuono delle bombe è ancora forte sulle città dell'Ucraina, mentre le parole, quelle risolutive, restano chiuse in un cassetto. «La diplomazia ha i suoi strumenti, ma i governi non sono ancora pronti a farne uso», spiega alla Verità Sergio Romano, già ambasciatore italiano presso la Nato e poi a Mosca, negli ultimi anni dell'Unione Sovietica.
Sergio Romano, perché il cessate il fuoco resta un'ipotesi lontana in questo momento?
«Entrambi i fronti ritengono di poter ancora ottenere i propri obiettivi con un uso ragionato della forza».
zelensky putin
Per questo motivo la diplomazia non trova varchi?
«La diplomazia giocherà tutte le sue carte, ma non immediatamente».
Quando?
«I diplomatici lavorano per i governi. Se non c'è l'intenzione di interrompere le operazioni militari e si ritiene di poter esercitare delle pressioni molto forti, la diplomazia non può entrare in funzione. Quel momento arriverà, la situazione attuale non è tollerabile troppo a lungo».
sergio romano 3
Il primo tentativo di arrivare a un negoziato di pace è stato un nulla di fatto. «Sembra che ci siano altre persone che decidono in Russia», ha detto il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, riferendosi al suo omologo russo, Sergej Lavrov.
«Tra Lavrov e Putin c'è una distribuzione dei ruoli e delle parti, razionale ed efficace. Lavrov entrerà in gioco al momento giusto, quando gli sarà consentito di usare gli strumenti di cui dispone. Sul campo si sta ancora combattendo, i fronti si scambiano accuse e minacce in modo reciproco.
volodymyr zelensky e vladimir putin 1
È Vladimir Putin a guidare il gioco, per ora. Se dovesse affidarsi a Lavrov, il suo ministro degli Esteri non potrebbe far altro che usare l'arma della mediazione, che al Cremlino ritengono prematura».
Un incontro tra i due presidenti potrebbe essere risolutivo?
«Il contatto sarà certamente importante, ma sarà l'ultima tappa: i presidenti interverranno per mettere la loro firma su delle decisioni concordate precedentemente. Se i presidenti diventano gli unici protagonisti del dialogo, e non si mettono d'accordo, saremo molto più vicini a una degenerazione del conflitto piuttosto che alla sua risoluzione».
Putin Lavrov
Sulla scena si sono presentati alcuni possibili mediatori esterni: prima Macron, che nel giro di un mese ha avuto più di 10 colloqui con Putin, nessuno dei quali è risultato persuasivo; poi, è arrivato il turno del presidente turco Erdogan.
«E non dimentichiamo Israele: in queste settimane si sono fatti avanti personaggi israeliani che hanno avuto lunghi rapporti con entrambi i Paesi in guerra. I mediatori saranno utili solo nel momento in cui si riconoscerà loro un ruolo, quando saranno nelle condizioni di avanzare proposte concrete.
Per esempio, da qualche giorno si comincia a parlare della neutralità dell'Ucraina con una frequenza mai registrata prima. Un'ipotesi che non aveva ancora trovato il giusto spazio nei tavoli delle trattative».
La considera una via d'uscita?
putin biden
«È senza dubbio l'opzione più ragionevole. In ultima analisi, penso sia la vera soluzione al conflitto: un Paese con un'indipendenza totale, purché non ricorra mai all'uso delle armi. Il fatto che questa possibilità inizi a comparire nelle dichiarazioni dell'uno e dell'altro è interessante e, speriamo, promettente».
Perché non è arrivata prima?
«La situazione non era ancora matura, ciascuno dei due giocatori ha cercato di ottenere qualcosa in più da questa partita. Quando entrambi avranno capito che non ci sono altre vie d'uscita se non un accordo, si arriverà alla neutralità dell'Ucraina». D
ove vuole arrivare Putin, secondo lei?
SERGEI LAVROV VLADIMIR PUTIN
«Putin sta attraversando una fase piuttosto difficile».
Che cosa intende?
«Ambisce a restituire alla Russia di oggi l'autorità e il prestigio di cui ha goduto nei secoli e, più di recente, negli anni della guerra fredda. Ha creduto di poter perseguire questo obiettivo con una rapida occupazione militare dell'Ucraina. Andare in guerra con la speranza di vincere subito e poi doversi ritirare su posizioni più concilianti, per un uomo come Putin, è una disfatta.
Quando si è accorto che l'obiettivo non è stato raggiunto, ha reso la situazione ancor più pericolosa. Penso sia stato anche un po' bruciato, soprattutto dall'opinione pubblica, ma l'uomo ha ancora delle carte da giocare».
volodymyr zelensky
Quali sono queste carte?
«Putin controlla i settori più importanti del suo Paese, ha una certa influenza sull'economia, può contare su un insieme di oligarchi che ha enormemente agevolato nel corso del suo passato politico e nei confronti dei quali vanta un credito. In questo momento, anche gli oligarchi mi sembrano facciano parte dell'esercito di Putin».
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ritiene la minaccia nucleare di Mosca un bluff. Che ne pensa?
«Credo abbia ragione: l'arma nucleare serve per mettere in guardia il mondo. Di fronte a una situazione di grande crisi, si arriva a minacciarne l'uso, con tutti i rischi che ciò potrebbe comportare. Dobbiamo assolutamente evitare lo stato di impotenza che porta i Paesi che dispongono di armi nucleari a farne uso, ma non siamo ancora arrivati a quel punto. Per fortuna».
volodymyr zelensky visita un ospedale a kiev
È stato messo a punto il quarto pacchetto di sanzioni economiche contro Mosca. I costi imposti alla Russia sono così devastanti, come dice il presidente americano Joe Biden?
«Le sanzioni producono certamente qualche risultato, esercitando una pressione sui governi in difficoltà. Eppure, come abbiamo constatato ormai tutti, sono un'arma a doppio taglio: colpiscono l'avversario, certo, ma danneggiano anche chi ne fa uso.
I rapporti commerciali sono diventati globali, un Paese non è mai totalmente isolato: dipende dalle forniture di un altro Paese e, soprattutto, a quel Paese vende i suoi prodotti. In questo caso, un po' di retorica permette di sbandierare i provvedimenti adottati come se fossero estremamente efficaci. Qualche risultato lo ottengono, ma alla fine tutti sanno che le sanzioni possono essere suicide, anche se nessuno lo dice in maniera esplicita».
volodymyr zelensky
«L'economia russa si adatterà alla nuova situazione e rafforzerà l'indipendenza e la sovranità», ha risposto Putin, paventando l'aumento dei prezzi alimentari a livello mondiale.
«Queste affermazioni non sono politiche, sono posizioni bellico-propagandistiche: siamo nella fase in cui ci si minaccia anche retoricamente, nella speranza di indebolire l'avversario. La guerra non è fatta soltanto di armi, ma anche di parole».
Che ruolo potrà avere la Cina in questa crisi?
«La potenza della Cina è indiscutibile, ma ci sono circostanze in cui, per quanto autorevole e rispettabile, non può risolvere un problema di cui è solamente spettatrice. La Cina è un Paese saggio, la saggezza a volte suggerisce di restare a guardare».
valentina matvienko con putin 3
Secondo l'Ispi, negli ultimi anni la Russia ha raddoppiato la sua dipendenza commerciale da Pechino, mentre la Cina non ha fatto altrettanto. Pensa che questa guerra possa rendere Mosca una sorta di satellite cinese?
«Francamente no. La Cina ha bisogno di crescere: per rendere la popolazione più prospera, hanno bisogno di commerciare con tutti e non rinunceranno mai a farlo. I cinesi non si legheranno mani e piedi a nessuno, hanno bisogno di conservare i loro margini di libertà».
La prospettiva di un futuro dell'Ucraina nell'Unione europea si allontana: a Bruxelles, al massimo, offrono l'ingresso nel programma Erasmus. A Kiev sono stati sedotti e abbandonati?
«Sono certo che un giorno l'Ucraina entrerà a far parte dell'Unione europea, ma sono altrettanto convinto che non possa accadere in questa fase. Con l'ingresso di Polonia, Repubblica ceca e Ungheria, abbiamo già fatto un'esperienza negativa».
PUTIN USMANOV
Per quale motivo la giudica negativa?
«Questi Paesi non hanno portato nulla all'Unione europea: il loro punto di riferimento, lo Stato con cui vogliono avere rapporti e a cui vogliono affidare parte della loro sovranità sono gli Stati Uniti. Pensano solo agli Stati Uniti, all'Unione europea si interessano fino a un certo punto. Non si comportano da europei, ma come Stati satellite degli americani».
A proposito degli Stati Uniti, pensa che Washington stia traendo vantaggio da questo conflitto? Ridurre la dipendenza energetica dell'Europa da Mosca è un loro obiettivo?
«Gli Stati Uniti vogliono avere dei punti di riferimento in Europa, degli interlocutori. Si considerano una potenza globale, non accetteranno mai un ruolo da attore non protagonista. Per Washington, l'Europa è un'area a cui non è possibile restare indifferenti».