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    SERIE DA PRENDERE SUL SERIO – GET UP, STAND-UP! ALTRO CHE BEPPE GRILLO, FINALMENTE SU NETFLIX ARRIVANO GLI STAND-UP COMEDIAN ITALIANI – IL PRIMO È EDOARDO FERRARIO CON “TEMI CALDI”, DA DOMANI ONLINE: UN’ORA E UNA MANCIATA DI MINUTI DI COLPI BASSI, SALI-E-SCENDI, PROVE E CONTRO PROVE – L’OROSCOPO DI BREZSNY E L’IMITAZIONE DI RODOTÀ, CHE 15 ANNI FA ANDÒ NELLA SUA SCUOLA PER… – VIDEO


     
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    Gianmaria Tammaro per Dagospia

     

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    Dopo la falsa partenza di Beppe Grillo etichettato, a torto, “stand-up comedian italiano”, su Netflix arrivano finalmente tre fuoriclasse del genere: domani, 15 marzo, tocca ad Edoardo Ferrario con “Temi caldi”, il 12 aprile a Francesco De Carlo con “Cose di questo mondo” e il 17 maggio, in chiusura, a “Il satiro parlante” di Saverio Raimondo. Sono tre ragazzi, tre comici italiani, tre che capiscono cos’è, come si fa, e che si dice durante uno spettacolo di stand-up.

     

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    Al di là del qualunquismo tuttologo: lo stand-up comedian non è un cabarettista, né, banalmente, “solo” un comico; ci sono tantissime sfumature nel termine che cogliamo, e tantissime altre, a noi che non parliamo in inglese, che non arriveranno mai (dire che Woody Allen era un comico da cabaret è vero, ma non era un comico da cabaret come lo intendiamo noi).

     

    Basta guardare lo spettacolo di Ferrario, una produzione di Dazzle con Aguilar, un’ora e una manciata di minuti di colpi bassi, di sali-e-scendi, di prove e controprove. Ci sono lui e il pubblico. Si misurano. Lui con le battute. Il pubblico con le risate. E più Ferrario alza il tiro, più è chiaro quanto il pubblico sia pronto a sentire e dove sia disposto ad andare.

    SAVERIO RAIMONDO SAVERIO RAIMONDO

     

    La prima parte fa da riscaldamento: qualche battuta più riuscita delle altre, un po’ di voci, Roma, Roma che deraglia, Roma “capitale del terzo mondo”. E poi le birre artigianali, i negozi tutti uguali, la poca immaginazione. Quando Ferrario comincia a parlare delle sue vacanze in Vietnam, però, cambia qualcosa: e il pubblico ride di più, partecipa di più; si diverte veramente.

     

    L’apice, forse, è il momento in cui parla di Stefano Rodotà, che quindici anni fa andò nella sua scuola per parlare di privacy. Lo imita senza pietà, paragona la professoressa che l’aveva presentato a un’organizzatrice di Lucca Comics and Games, eccitata per l’arrivo di Zerocalcare, e parla di social, di facebook, di vecchi su facebook – forse la parte migliore di tutto lo spettacolo.

     

    FRANCESCO DE CARLO FRANCESCO DE CARLO

    Ferrario usa il tema dei trent’anni come un ariete da sfondamento; parla di cose attuali, vere, parla dei nuovi borghesi, dei trentenni (un po’ morettiano in questo), dei laureati, di quelli che non si capisce mai che lavoro fanno, degli italiani che all’estero si riconoscono sempre, della sua peggiore esperienza come standuppista (e qui ci va duro con Brignano, imitandolo e sfottendo la sua ironia, sottintendo una cosa importantissima: mai, mai sottovalutare il pubblico), e per tutto il tempo non fa che raccontarsi: io penso, io credo, io ricordo.

     

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    Perché la stand-up, ecco, è proprio questa: il punto di vista di qualcuno che viene presentato a qualcun altro, che non cerca scuse, che non ci gira attorno, che diventa, e lo diventa, un po’ una confessione. E più imbarazzante e sincera è, meglio funziona. Una roba che, per gli standard della comicità italiana (che poco, davvero poco, ha a che fare con questo genere), è assurda.

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    Ferrario parla di cinema, del doppiaggio, di quanto oramai sia obsoleto (“i doppiatori vanno aiutati, lo stato li deve aiutare: noi gli paghiamo le licenze, e vanno a lavorare in un compro-oro”). Gioca con le facce e con le espressioni. Si prende le pause e sa quanto aspettare: si capisce che dietro, dietro il suo pezzo, dietro il suo monologo di un’ora, c’è un certo lavoro, c’è una precisa preparazione, c’è un taglia-e-cuci delle cose che funzionano di più. Provate e riprovate, finché non scatta qualcosa.

     

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    Ferrario, che è, per quanto giovane, un veterano della stand-up, riesce anche a far partecipare il pubblico, a dargli l’idea di essere complice, in qualche modo partecipe del successo. E quindi chiede nomi, invita a parlare, risponde, improvvisa (una o due volte, non di più: la stand-up comedy non è improvvisazione), e riesce a racchiudere tutto in un discorso con un suo ritmo, una sua forza, una sua identità. Internazionale, Paolo Fox, l’oroscopo di Brezsny.

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    È la stand-up comedy, quella dei più grandi, dei grandissimi, solo che stavolta è nata e cresciuta in Italia, e ora trova lo spazio su una piattaforma come Netflix: 190 paesi, quasi 140 milioni d’abbonati in tutto il mondo. Per una volta, pensateci, non siamo noi a sentire loro, gli inglesi; ma è il contrario. E qui, di battute buone per ridere, ce ne sono veramente tante.

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