Gianmaria Tammaro per Dagospia
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Un po’ in sordina e un bel po’ in ritardo, “The ABC Murders”, mini-serie in tre puntate targata BBC, con John Malkovich che interpreta Hercule Poirot e ispirata all’omonimo romanzo di Agatha Christie, è arrivata anche in Italia. È andata in onda in questi giorni, su Sky Cinema Collection. Chi non l’ha vista potrà recuperarla il 23 marzo alle 23:15 e il giorno dopo alle 17:55, stesso canale. Oppure su Sky On Demand e su NowTv, in streaming. Consiglio: guardatelo in lingua originale.
Il Poirot di Malkovich non ha niente a che vedere con quello di David Suchet, di Albert Finney o con il più recente di Kenneth Branagh: è un’altra cosa. Quasi, azzardiamo, un altro personaggio. Questo Poirot è alla fine della sua carriera, è vecchio ed è appesantito, e anche se cerca in tutti i modi, e con tutte le arti, di tenersi giovane (tingendosi il pizzetto, per esempio) deve affrontare la realtà: tutto, prima o poi, arriva a una conclusione.
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In “The ABC Murders”, ripercorre il proprio passato e guarda al suo arrivo nel Regno Unito proprio mentre nel paese si diffonde una nuova ondata di nazionalismo e (finto) patriottismo contro gli stranieri; collabora con un nuovo ispettore, più giovane e iroso, interpretato da Rupert Grint, e deve fermare l’ennesimo, tremendo assassino. La storia è costruita in modo certosino, con ogni cosa al suo posto, il giusto andamento e anche un discreto tentativo di “confondere” – le virgolette sono d’obbligo – lo spettatore. Alla fine, proprio durante l’ultima puntata, si rivelerà ogni cosa, e a Poirot verrà dato nuovamente il rispetto che merita.
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Più che l’andamento prevedibile delle indagini (è un giallo: c’è un colpevole, ci sono le prove e ci sono i sospettati), quello che convince è l’interpretazione di Malkovich, che prossimamente sarà anche in “The New Pope” di Paolo Sorrentino su Sky Atlantic: il suo Poirot è ferito, triste, ancora convinto delle proprie capacità e della propria forza, ma quasi pentito e nostalgico; ricorda i bei tempi, quando tutti lo volevano e lo acclamavano, quando si organizzavano serate a tema, “con il delitto”, solo per averlo ospite; e poi ricorda la guerra da cui è scappato e le sue origini.
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Malkovich riesce a tenere da solo la scena, a farsi carico dell’intera serie e a portarla fino alla fine. Non è un one-man show, e non è nemmeno teatro puro; ma c’è qualcosa di così profondamente scenico, composto e limitato, negli spazi e nei mezzi, da far risaltare gli attori e la loro performance.
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Insieme a Malkovich, si fa notare Eamon Farren, che seguiamo per buona parte dei primi due episodi: interpreta Alexander Bonaparte Cust, un ragazzo solo e malato, attorno a cui viene costruita intelligentemente una serie di eventi e di situazioni che ci portano a pensare – a noi, gli spettatori – che sia lui il colpevole. Ma, indovinate, non è così. Il resto del cast è un assemblage di attori inglesi di primo piano, tutti molto bravi. Parlavamo prima di Rupert Grint che qui, dopo molto tempo, trova finalmente un buon ruolo: qualcosa che lo allontani, e anche di parecchio, dal Ron Weasley che aveva interpretato in “Harry Potter”.
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Nel mandare in onda “The ABC Murders”, Sky ha deciso di rimettere mano agli episodi e di farli diventare due: non c’è stato alcun taglio, beninteso; ma sono stati allungati i tempi, molto più vicini al film, e rimaneggiati un po’ i finali (non c’è la sospensione tra primo e secondo episodio e tra secondo e terzo). Anche se parliamo di più di tre ore di girato, la cosa migliore, forse, sarebbe quella di vederle tutte insieme, una dietro l’altra, per godersele appieno.
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