DAGOREPORT - A RACCONTARLO NON CI SI CREDE. RISULTATO DEL PRIMO GIORNO DI OPS DEL MONTE DEI PASCHI…
Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
Seguendo le partite dell’Europeo mi rendo sempre più conto che - dài e dài - siamo diventati l’università del masochismo calcistico.
Da decenni non diamo spazio ai nostri giovani talenti, abbiamo squadre nobili come Milan e Fiorentina che non forniscono un solo giocatore alla Nazionale, ci riempiamo bocca e orecchie di blablabla, rimpianti e promesse a vuoto ma, nel frattempo, formiamo con un certo successo (loro) i nostri avversari.
In due o tre anni di serie A, a lezione sei su sette dagli allenatori più completi del mondo, gli italiani, centinaia di stranieri migliorano sensibilmente sul piano tecnico e soprattutto tattico; stranieri che ci ritroviamo puntualmente contro nei tornei internazionali. Nella migliore delle ipotesi, li rivendiamo a caro prezzo perdendoli per sempre. Mi sbaglio: non per sempre, dopo i trentacinque qualcuno torna. E lo paghiamo anche.
Limitando la ricerca alle prime sfide di questa edizione e trascurando Rüdiger e l’infortunato Ferguson di Germania-Scozia, segnalo Nagy dell’Ungheria, gli svizzeri Aebischer, Widmer, Freuler, Ndoye e Rodriguez, gli spagnoli Fabian e Morata, i croati Pongracic, Kovacic, Brozovic, Budimir, Perisic, Pasalic e Bruno Petkovic, i polacchi Szczesny, Kiwior, Zielinski, Urbanski e Swiderwski, gli olandesi de Ligt, Zirkzee, Reijnders, Schouten, Dumfries, de Vrij, i serbi Milinkovic-Savic, Milenkovic, Kostic, Lukic, Zivkovic e Vlahovic, gli sloveni Bijol e Stojanovic, i danesi Højlund, Kristiansen e Christensen.
Possibile che non ci siano dei ragazzi italiani in grado di meritare le stesse chance non di tutti ma almeno di alcuni degli stranieri che ho appena indicato? E posso garantire che più partite vedremo e più facce riconosceremo come familiari.
Quando leggo che il campionato dà 68 giocatori alle finaliste dell’Europeo, non gioisco, tutt’altro: come Tafazzi, mi viene voglia di impugnare la bottiglia di plastica e picchiare forte. Non sui miei.
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