VIDEO: AIMEE LOU WEED NUDA IN SEX EDUCATION
Gianmaria Tammaro per “la Stampa”
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Non sempre la seconda stagione di una bella serie riesce a mantenere le premesse - e, soprattutto, le promesse - della prima. Un po' perché spesso non è preventivata, ed è quasi un incidente di percorso: si deve, non si vuole fare. Un po' perché, se la prima stagione era ottima, tenere alta l' asticella della qualità diventa una sfida contro il tempo: uscire troppo tardi con le nuove puntate significherebbe perdere la spinta di quelle vecchie, e uscire troppo presto potrebbe fare solo danni.
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Con la seconda stagione di Sex Education, dal 17 gennaio su Netflix, sia premesse che promesse vengono mantenute. Stessa ambientazione, stessa - più o meno - struttura del racconto; stessa capacità di appassionare. Ritornano i vecchi protagonisti, e c' è solo un leggero cambiamento nella trama, con l' inserimento di nuovi personaggi, nuove dinamiche personali, e una scrittura drammaturgicamente più attenta. La creatrice, Laurie Nunn, ha imparato a dosare le giuste quantità di suspense, attesa e di appagamento.
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Asa Butterfield interpreta Otis, ora fidanzato e prossimo - così crede - a perdere la verginità; Gillian Anderson interpreta sua madre, la dottoressa Milburn, che in questa stagione fa da consulente nella sua scuola; Ncuti Gatwa ritorna come Eric, il miglior amico di Otis; e Emma Mackey, che interpreta Maeve, riesce finalmente - sembra, pare - a trovare il suo posto nel mondo.
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Alcuni episodi sono molto commoventi, e vanno oltre la semplice narrazione della storia principale: si fa un passo indietro, si guarda il racconto da un' altra prospettiva, e vengono approfonditi temi importanti e attualissimi, come la violenza e gli abusi. Ma soprattutto si continua a parlare di sesso e, se è possibile, in questa stagione se ne parla ancora più esplicitamente. E senza mai essere eccessivi o volgari. Nella sceneggiatura resiste una naturalezza sincera, non forzata, che dà ritmo ai dialoghi.
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Sex Education è solo in parte una serie rivolta ai più giovani: è evidente che, con protagonisti adolescenti, il primo obiettivo sia quello. Ma visti i temi e i toni, il pubblico è molto più ampio e comprende la fascia più adulta. Una scuola, con il suo piccolo ecosistema, resta uno spunto: una situazione ideale da cui partire. Una volta che con la prima stagione sono state gettate le basi, date le varie coordinate e costruita una realtà più o meno credibile, le possibilità narrative diventano infinite: e da una storia lineare e abbastanza prevedibile, si può prendere qualunque direzione.
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Ecco, Sex Education non segue sempre il tracciato della strada sicura; non si limita a riproporre meccanismi già provati e di indubbio successo. Si prende le sue libertà, si diverte a citare (c' è una scena che richiama «The Breakfast club», ma tutta al femminile, ed è bellissima), e ha il coraggio di usare i suoi personaggi, di andare fino in fondo e di mostrarli da un altro punto di vista.
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