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    SFASCIO CAPITALE – A ROMA SI FERMANO I MINIBUS ELETTRICI, VANTO DEL GIUBILEO DEL 2000: NON CI SONO I SOLDI PER CAMBIARE LE BATTERIE – IL COMUNE HA RICAPITALIZZATO L’ATAC IN ESTATE, MA FORSE ERA MEGLIO PORTARE I LIBRI IN TRIBUNALE


     
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    Sergio Rizzo per il “Corriere della Sera


    C’erano una volta tanti Gulliver. I minuscoli autobus elettrici si arrampicavano per le viuzze del rione Monti che lambisce il Colosseo e sciamavano nelle strade del Tridente dalla Barcaccia a piazza del Popolo. Si scorgevano in fila a via Veneto, la strada della Dolce Vita, a caricare turisti dallo sguardo sorpreso davanti ai piccoli e silenziosi torpedoni: Roma ne aveva più di ogni altra città europea. Il Giubileo del 2000 consacrò l’orgoglioso primato. Quello del 2015 certificherà invece la loro prematura estinzione. 

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    Da sessanta che erano, tanto la famiglia dei bus lillipuziani arrivata a Roma vent’anni fa si era allargata, ne sono rimasti in circolazione otto. Gli altri sono in un cimitero a Trastevere dove attendono pietosa sepoltura. Le batterie sono esauste e i soldi per sostituirle non ci sono. 


    La ricapitalizzazione
    L’Atac ha un’esposizione finanziaria di 874 milioni. Questa estate il Comune l’ha dovuta ricapitalizzare. L’ha imposto il codice civile. Le perdite avevano infatti bruciato più di un terzo del capitale e una nuova iniezione di risorse fresche si rendeva indispensabile.

     

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    Denari però non ce n’erano. Così hanno ricapitalizzato l’azienda in parte con una operazione sul patrimonio e per il resto, parliamo di 40 milioni, con non meglio specificati «risparmi» sul contratto di servizio. Cioè sui soldi pubblici che il Comune e la Regione versano alla società ogni anno per far marciare gli autobus. Altri tagli a un servizio già indecente per tappare i buchi dell’azienda?

     

    La richiesta di chiarimenti all’assessore al Bilancio Marco Causi del solito rompiscatole Riccardo Magi, presidente dei radicali italiani e consigliere comunale della maggioranza, non si è fatta attendere. La risposta della giunta, invece, non è ancora arrivata: e sono ormai passati più di due mesi. Rafforzando la convinzione che il più grave errore sia stato quello di non aver portato subito i libri dell’Atac in tribunale.

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    Numeri che non tornano
    Sperare nella Misericordia del Giubileo, per come si sono messe le cose, è arduo. Il trasporto pubblico a Roma è in uno stato penoso. L’Atac ha 12 mila dipendenti, e circa 2.500 autobus con un’età media di 10 anni: la gran parte dovrebbe essere in pensione da un pezzo. Se non dormicchiare in un museo. Dei 2.500 mezzi ne sono utilizzabili circa 1.800. Gli altri sono stati cannibalizzati perché i pezzi di ricambio arrivano con il contagocce.

     

    Ogni giorno si rompono 300 autobus, e dai depositi non ne escono che 1.400. Risultato: l’Atac riesce a impiegare solo poco più della metà del suo parco. Astensioni dal lavoro permettendo, s’intende: dal 2009 si sono registrati 521 scioperi. I costi, poi. Uno studio dell’Istituto Bruno Leoni calcola che ogni chilometro percorso costa all’Atac 7,3 euro, contro i 2,4 degli autobus londinesi. 

    IGNAZIO MARINO AUTOBUS ATAC IGNAZIO MARINO AUTOBUS ATAC


    Per fronteggiare il Giubileo era stato deciso l’acquisto in leasing di 700 nuovi mezzi. Ma la gara è andata deserta. E le motivazioni non sono incomprensibili. Siamo a ottobre 2015 e ancora il bilancio 2014 non è stato approvato. L’azienda è allo sbando. L’amministratore delegato dell’Atac Danilo Broggi, che di fatto lavorava part time avendo uno stipendio annuo di 60 mila euro, ha formalizzato le dimissioni seguito a ruota dal direttore generale arrivato a maggio.

     

    Quattro mesi sono bastati a Francesco Micheli per capire: se n’è andato lamentando l’assenza di investimenti e di strategie, oltre a pesanti interferenze di politica e lobby. Anche se di più non ha detto. Ma che da maggio sia tutto diverso è evidente. 

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    A luglio Silvia Scozzese, l’assessore al Bilancio che aveva a sua volta sostituito la dimissionaria Daniela Morgante, si è dimessa: il suo posto è stato affidato a Marco Causi, deputato del Pd ed ex assessore veltroniano, con il grado di vicesindaco. Qualche giorno prima il sindaco Ignazio Marino aveva sfiduciato l’assessore alla mobilità Guido Improta: l’incarico è stato affidato a Stefano Esposito, senatore del Pd che parla dei suoi primi mesi come di un viaggio agli Inferi.

     

    La sicurezza è diventata un incubo. Qualche giorno fa la metro A, quella che collega Cinecittà a San Pietro passando per piazza di Spagna, è stata chiusa dopo che un treno ha perso per strada il vano batterie. Episodio tale da indurre il nuovo assessore a chiedere la nomina di un commissario per fare immediati interventi sulle linee: ci vogliono almeno 40 milioni. 

    Silvia Scozzese Silvia Scozzese


    Delle cause che hanno spinto l’Atac nell’abisso il Corriere ha ripetutamente dato conto, precisando che le radici sono ben precedenti all’arrivo di Marino. L’uso clientelare delle assunzioni, il ruolo improprio del sindacato che ha coperto assenteismi e inefficienze, l’assoluta carenza di controlli e sanzioni. Per non parlare di certe assurdità «tecnologiche».

    Marco Causi Marco Causi

     

    Basta dire che i tornelli della metro restano aperti diversi secondi dopo l’introduzione del biglietto consentendo così il passaggio di «trenini» di portoghesi. Il costruttore che li aveva tarati per il transito di una sola persona ha dovuto, su richiesta, modificare la taratura. Motivi di sicurezza: i bambini potevano farsi male. Difficile dire perché valga per i bambini romani e non per quelli milanesi o parigini. 


    Non solo trasporti 
    Il problema è come uscirne. E subito, considerando che si stanno per accendere i fari di tutto il mondo sulla capitale d’Italia e la qualità dei suoi servizi pubblici. Non solo i trasporti: anche la pulizia. E qui si apre un altro cahier de doléances . Roma è una città sporca ben oltre il tollerabile.

     

    stefano esposito stefano esposito

    Sporche le vie e sporchissimi i giardini, la cui cura veniva affidata anche alle cooperative sociali di Salvatore Buzzi & Co. Le considerazioni a proposito dell’Atac si potrebbero ripetere pressoché identiche per l’Ama, la società pubblica che deve raccogliere i rifiuti e pulire le strade a tariffe che sono fra le più care d’Italia.

     

    Pure in questo caso le cause risalgono a epoche precedenti a Marino. Trascorsi oltre due anni, tuttavia, è giusto chiedere conto dei risultati. E questi, purtroppo, non sono così tangibili.

    DANILO BROGGI DANILO BROGGI

     
    In compenso, a un’azienda che ha gestito in modo tanto insoddisfacente il servizio, il Comune di Roma ha rinnovato qualche giorno fa l’affidamento per 15 (quindici!) anni, impegnandosi a far sborsare ai cittadini romani 11 (undici!) miliardi di euro. La delibera è passata con 22 favorevoli e 14 contrari, e un terzo dei consiglieri assenti. Non senza qualche legittima rimostranza in seno ai revisori comunali.

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    E alcune pillole ineguagliabili, a dimostrazione che l’andazzo è duro a morire. È previsto che se la città dovesse rimanere ancora sporca, il servizio di spazzamento possa essere anche «esternalizzato» dal luglio 2016 per due anni «in via sperimentale» in alcune zone. Sempre però «garantendo la salvaguardia dei livelli occupazionali». Riusciremo anche a pagare gli spazzini a patto che non spazzino? 

    SCIOPERO MEZZI PUBBLICI A ROMA SCIOPERO MEZZI PUBBLICI A ROMA

     

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