Lorenzo Salvia per il "Corriere della Sera"
mario draghi 2
In questo momento il problema è soprattutto la scarsità di vaccini. Ieri AstraZeneca ha aggiunto un nuovo taglio a quelli già annunciati: dovevano arrivare 566 mila dosi, ne sono state consegnate 60 mila in meno. Una sforbiciata del 10,6% definita «gravissima» dal segretario del Pd Nicola Zingaretti, mentre il governatore della Lombardia Attilio Fontana chiede che «Mario Draghi faccia sentire la sua voce in Europa». Quella di AstraZeneca non è una buona notizia.
Ma oltre alle dosi manca anche la velocità nella vaccinazione: su 4 milioni e 692 mila dosi consegnate ne abbiamo somministrate finora 3 milioni e 439 mila. Il 73,3%. Bisogna tenere da parte le fiale necessarie per i richiami, certo. Ma forse non sono 60 mila dosi in più o in meno a fare la vera differenza.
vaccino astrazeneca
Nel secondo trimestre di quest' anno è prevista la consegna di 64 milioni di dosi. E, senza un cambio di passo radicale, il vero collo di bottiglia potrebbe diventare proprio l'effettivo utilizzo dei vaccini. Il presidente del Consiglio Mario Draghi aveva detto che «abbiamo il dovere di rendere possibili le vaccinazioni in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private». E la traduzione delle sue parole è nella lista dei punti di somministrazione alla quale sta lavorando la Protezione civile. Ci saranno le stazioni ferroviarie. Un centinaio, pescando da quelle che per l'appunto appartengono alla società Centostazioni. Una lista che comprende gli scali di città importanti come Brescia, Padova, Parma, Salerno.
MARIO DRAGHI ALLA CAMERA
E anche le stazioni secondarie delle grandi città, come Milano Porta Garibaldi, Roma Ostiense e Napoli Afragola. Si potrebbero aggiungere anche le grandi stazioni come Milano Centrale, Roma Termini o Torino Porta Nuova. Ma non è detto, visto che anche in questi mesi di vita e spostamenti a scartamento ridotto sono comunque luoghi affollati. Saranno valutati tutti i parcheggi dei grandi centri commerciali. Qui nella lista dei candidati ci sono 955 strutture, alle quali vanno aggiunti 33 outlet. Arruolate le caserme dei Vigili del fuoco, in linea di massima una per provincia. E gli spazi dei 41 aeroporti e dei 32 porti commerciali italiani. Con la possibile aggiunta anche di alcuni dei 228 porti turistici. L'obiettivo annunciato è fare mezzo milione di somministrazioni al giorno. Utilizzando anche i 40 mila medici di famiglia, con l'accordo ormai pronto.
piano vaccinazioni governo
L'elenco della Protezione civile dovrebbe avere l'effetto collaterale di archiviare le famose primule, i padiglioni provvisori voluti dal commissario all'emergenza Domenico Arcuri. Al momento le primule sono congelate. Il bando è scaduto il 5 febbraio, due giorni prima Draghi era salito al Quirinale e aveva accettato l'incarico di formare il nuovo governo. Sono quattro le offerte arrivate, tutte da associazioni temporanee di imprese. Il vincitore non è stato scelto, e forse non ci sarà mai.
mario draghi al senato
Il bando prevede che la procedura di assegnazione possa essere interrotta in qualsiasi momento, senza possibilità di ricorso. La procedura si potrebbe sbloccare se alcune Regioni dovessero fare esplicita richiesta delle primule, ma in questo momento l'ipotesi non sembra probabile. Specie davanti alla lista delle strutture già esistenti e pronte all'uso alla quale sta lavorando la Protezione civile. Nell'elenco c'è anche una struttura della polizia in ogni provincia. E anche i locali delle organizzazioni nazionali di volontariato: nel censimento nazionale della Protezione civile sono 49, dalla Caritas all'Associazione nazionale carabinieri.
piano vaccinazioni governo
Ma si dovrebbero aggiungere anche quelle locali, che sono anche di più. Con un totale di 300 mila volontari che potrebbero essere utilizzati sia per le attività strettamente mediche, se qualificati per questo compito, sia per quelle logistiche e di sicurezza. Poi ci sono le strutture della Croce rossa, come quella già operativa a Roma nel parcheggio dell'aeroporto di Fiumicino. E ancora 70 strutture della Difesa, come il drive through della Cecchignola, la città militare alle porte di Roma, che finora è stato utilizzato per i tamponi e che a regime potrà fare 2.500 iniezioni al giorno. Un altro aiuto potrebbe arrivare da mille tende della Protezione civile, lo stesso tipo utilizzato oggi per i triage davanti agli ospedali. Sempre che i vaccini arrivino
Roberto Mania per “la Repubblica”
carlo bonomi foto di bacco
Aprire le fabbriche per vaccinare i lavoratori e i loro familiari. È la proposta che il presidente della Confindustria, Carlo Bonomi, lancia in questa intervista nella quale, tra l'altro, conferma la sua fiducia nei confronti di Mario Draghi ("la discontinuità con i governi precedenti è Draghi stesso")e spiega perché si deve tornare alla normalità sbloccando i licenziamenti in maniera selettiva e riformando il sistema degli ammortizzatori sociali.
Presidente Bonomi, siete disposti ad aprire le fabbriche e gli uffici per vaccinare i dipendenti?
«Certo! Siamo d'accordo con l'impostazione del presidente Draghi di coinvolgere i privati nel piano vaccinale. I dipendenti delle aziende aderenti a Confindustria sono circa 5,5 milioni, se consideriamo una media di 2,3 componenti per nucleo familiare potremmo vaccinare più di 12 milioni di persone. Siamo disposti a mettere le fabbriche a disposizione delle comunità territoriali nell'ambito del piano nazionale delle vaccinazioni. Abbiamo già inviato una nostra proposta operativa a Palazzo Chigi. Dobbiamo fare come all'estero dove si stanno utilizzando le fiere, gli aeroporti, le stazioni ferroviarie. Insomma strutture già esistenti. Si può benissimo fare anche in Italia. Confindustria ha già offerto alla Regione Lazio il suo centro congressi».
bonomi conte
Grande collaborazione con il nuovo esecutivo. Considera il governo Draghi un "governo amico" delle imprese?
«Quella del "governo amico" è un'espressione che non mi piace. Sono certo, però, che il presidente Draghi ascolterà le imprese perché ha ben presente il loro valore e cosa rappresenta il sistema industriale italiano. Draghi saprà ascoltarci: confido tramontata la vecchia liturgia degli incontri separati. Imprese e sindacati devono essere ascoltati insieme per trovare soluzioni rapide ed efficaci».
Diversamente dai governi Conte nei quali - secondo voi - c'era un sentimento anti-imprese?
mario draghi.
«Con Conte non c'è stato poco dialogo. Non c'è proprio stato».
Qual è la discontinuità del governo Draghi, a suo parere?
«Nel discorso programmatico ho ritrovato cose che Confindustria dice da tempo. Due esempi: che non possiamo scaricare sui giovani l'incremento del debito pubblico; che una riforma del fisco non si può fare a colpi di bonus bensì in maniera organica. La discontinuità è Draghi».
Tuttavia il nuovo governo sembra orientato a muoversi in continuità con il precedente sul tema delicato dei licenziamenti. Si profila una mini proroga del blocco. Voi sareste d'accordo?
«La nostra posizione è nota dal luglio dello scorso anno quando abbiamo inviato al governo una proposta per una riforma complessiva degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive per il lavoro. Non ricevemmo risposta. Basta proroghe a ripetizione. La discussione non è licenziare sì o no. Il tema vero è come riformare le tutele per il lavoro sapendo che la pandemia ha accelerato la trasformazione dei processi produttivi. Il lavoro non si difende dov' era e com' era. Il punto è aumentare l'occupabilità delle persone, cioè la loro capacità di essere richiesti dal mercato».
Bonomi
Dunque sì o no alla mini proroga del blocco dei licenziamenti?
«Siamo favorevoli ad una proroga selettiva che riguardi esclusivamente le aziende che operano nei settori che non possono ricorrere alla cassa integrazione ordinaria. Tutte le imprese industriali, quelle che finanziano la cassa integrazione, hanno a disposizione 52 settimane di cassa ordinaria per l'intero 2021. Queste aziende possono utilizzarla senza protrarre il blocco dei licenziamenti. Peraltro mentre la Cig Covid è a carico della fiscalità generale, quella ordinaria è pagata dalle imprese. Versiamo all'Inps tre miliardi l'anno per ricevere prestazioni pari a 600 milioni. L'industria italiana è contributore netto per 2,4 miliardi annui all'Inps. Sbloccare i licenziamenti non vuol dire affatto che ci sarà la corsa a licenziare». Vedremo.
Qual è la vostra proposta per riformare gli ammortizzatori sociali?
CORONAVIRUS LICENZIAMENTI
«Bisogna introdurre un ammortizzatore universale, valido per tutti i lavoratori e per tutti i settori. E ovviamente pagato in egual misura da tutte le categorie produttive. Siamo favorevoli a rafforzare l'assegno di ricollocazione. E serve avviare politiche attive per il lavoro, in collaborazione tra pubblico e privato, tanto più dopo il chiaro fallimento del reddito di cittadinanza come strumento per le politiche attive».
Draghi ha spiegato che nessun lavoratore dovrà perdere un sostegno al reddito ma che le "imprese zombie" non devono essere più sostenute. È d'accordo?
«In Italia dire una cosa simile sembra una rivoluzione. Per noi imprenditori è un ragionamento normale. Certo, bisogna distinguere da azienda e azienda ».
mario draghi
Cosa vuol dire?
«Che un'azienda come l'Alitalia non può essere perennemente sostenuta. Negli ultimi cinque anni le sono stati versati quasi quattro miliardi di soldi pubblici, senza che mai sia emerso un progetto industriale credibile. Con meno di 3 miliardi la Nasa è andata su Marte. Diverso è il caso dell'Ilva perché la produzione di acciaio a ciclo integrato a caldo è strategica per molte filiere produttive nazionali».
Capitolo fisco. Draghi non ha detto quale riforma propone, ma ha indicato un metodo affidando agli esperti il compito, sentite tutte le parti interessate, di elaborare una proposta. La Confindustria chiede ancora l'abolizione dell'Irap?
«Bene il metodo di Draghi. E l'Irap va tolta: è una tassa inopportuna, inadeguata e anche folle. Ci rendiamo conto che fa pagare le tasse sugli interessi passivi alle aziende anche in periodi di crisi? Follia».
LICENZIAMENTI CORONAVIRUS
Resta il fatto che l'Irap serve a finanziare il sistema sanitario pubblico. Cosa propone in sostituzione?
«Mi pare una tesi forzata. L'Irap rappresenta poco più del 10 per cento delle risorse necessarie al servizio pubblico sanitario. Va cambiato il meccanismo di finanziamento della sanità mettendo al centro il parametro dei costi standard e non quello fuorviante della spesa storica regionale. Il Recovery Plan deve essere l'occasione per guardare alle migliori esperienze del Paese».
Infine i contratti. Nell'agosto del 2020 lei inviò una lettera ai suoi associati. Scrisse: servono contratti rivoluzionari, basta con il vecchio scambio di inizio Novecento tra salario e orario. I rinnovi contrattuali hanno seguito il vecchio schema, compreso l'ultimo dei metalmeccanici. La considera una sua sconfitta?
MARIO DRAGHI IL TRAGHETTATORE BY DEMARCO
«Per nulla. È esattamente il contrario. L'ultimo contratto dei metalmeccanici è una rivoluzione che abbiamo fatto insieme ai sindacati. Abbiamo cambiato la classificazione delle mansioni che risalivano al 1973, quando la fabbrica era ancora fordista; abbiamo tradotto in formule concrete il diritto individuale alla formazione; abbiamo allungato la vigenza dell'accordo; abbiamo potenziato le risorse per il welfare aziendale. Non è per nulla un contratto tradizionale».
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