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    UNA DONNA NUOVA – LA STORIA DI SHARON RUSSO, NATA KEVIN, LA 21ENNE NAPOLETANA CHE HA VINTO LA BATTAGLIA LEGALE PER FARSI RICONOSCERE COME DONNA, ANCHE SENZA L’OPERAZIONE DEFINITIVA PER IL CAMBIO DI SESSO: “LA FARÒ, MA PRIMA DEVO PENSARE ALL’UNIVERSITÀ. GIÀ DA BAMBINA AVVERTIVO ALCUNI SEGNALI, SENTIVO DI ESSERE IN UN CORPO SBAGLIATO. POI CRESCENDO HO CAPITO CHE VOLEVO ESSERE UNA DONNA” – “ALL’INIZIO PENSAVO CHE MIO PADRE CI SAREBBE RIMASTO MALE, INVECE…”


     
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    Estratto dell’articolo di Ida Palisi per www.corriere.it

     

    SHARON RUSSO SHARON RUSSO

    Oggi è una donna a tutti gli effetti Sharon Russo, nata Kevin, da una famiglia medio-borghese napoletana: il padre impiegato comunale, la mamma casalinga, una sorella e un fratello maggiori. A soli 21 anni, ha vinto la battaglia legale per ottenere il riconoscimento della disforia di genere, senza la necessità di fare l’operazione definitiva per il cambio di sesso. Ora è comunque una donna, anche sulla carta d’identità.

     

    Sharon si sente una ragazza fortunata ?

    «Sì. Avevo timore di iniziare il percorso legale: le mie amiche e i miei amici che volevano cambiare sesso mi raccontavano di cause ripetute due, tre volte perché non si erano sottoposti all’operazione definitiva. Perciò non ci pensavo ancora, al riconoscimento del sesso. Invece l’ho ottenuto con una sola causa».

     

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    […] Perché la nuova identità senza l’operazione finale?

    «La farò, certo. Ma ora devo prima pensare all’università. Mi voglio iscrivere a Scienze Sociali, studiare per diventare assistente sociale e aiutare i ragazzi che vengono dalle famiglie difficili».

     

    […] Al liceo come è andata?

    «Bene! Ho frequentato il liceo classico con indirizzo internazionale al Garibaldi e sono stata sempre accolta per quello che sono,[...]».

     

    Nessun atto di bullismo?

    «No, anzi si potrebbe dire che sono io la bulla! Perché ho un bel caratterino. Tutti mi hanno fatto sempre sentire a casa».

     

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    E nella casa vera, in famiglia, l’hanno accettata?

    «Forse mio fratello lo trovava un po’ strano ma poi si è tranquillizzato. All’inizio pensavo che magari mio padre ci sarebbe rimasto male, invece mi ha aiutato più di tutti. Mi dava una mano ad alzarmi dal letto quando mi operavo, mi accompagnava a farmi le visite, mi è stato vicino per l’operazione al seno».

     

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    Ma prima si vestiva da maschio o da femmina?

    «A volte indossavo abiti femminili, soprattutto le crop top, le magliette corte fino a sopra l’ombelico. E per il sabato sera mi facevo prestare i vestiti da mia sorella. Poi dal secondo anno di liceo ho fatto crescere i capelli».

     

    Quando ha iniziato a sentirsi donna?

    «Già da bambina avvertivo alcuni segnali, sentivo di essere in un corpo sbagliato. Poi crescendo ho capito che volevo essere una donna a tutti gli effetti. Però ho pensato prima alla scuola, al diploma e poi a cambiare il mio corpo».

     

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    E gli interventi?

    «Al primo anno mi sono rifatta le orecchie, erano a sventola. Poi labbra, zigomi, seno e fondoschiena. Hanno pagato tutto i miei genitori».

     

    Come mai si chiama Sharon ora?

    «Chiesi a mia madre che nome avrebbe voluto darmi se fossi nata femmina e lei mi disse Sharon. […]».

     

    Perché ci ha tenuto così tanto a cambiare ufficialmente identità?

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    «Per l’università, per la scuola guida e per tutti gli ambienti sociali in cui serve esporre un documento. Pensavo fosse giusto soprattutto per il percorso di studi dopo la scuola».

     

    [...] Niente relazioni?

    «Sono stata fidanzata con un ragazzo dal periodo del liceo fino a poco fa, ci siamo frequentati per un anno e mezzo ma avevamo caratteri troppo diversi, io pensavo alla scuola, ad avere un’istruzione, lui al lavoro. Anche se viaggiavamo su binari paralleli lui mi voleva bene per quella che sono». […]

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