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    SI CHIAMA MICRO-MOBILITÀ. MA I DANNI POSSONO ESSERE MACRO:  QUANTI RISCHI PER CHI VIAGGIA IN MONOPATTINO - ATTENZIONE A AUTO E MOTO E AL RISPETTO DEI LIMITIDI VELOCITA’ – TUTTE LE REGOLE: GLI UNDER 14 NON POSSONO UTILIZZARLI, FONDAMENTALE IL CASCO…


     
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    MONOPATTINO 4 MONOPATTINO 4

    Massimo SIderi per il Corriere della Sera

     

    Sembrano un gioco. In effetti sono nati come un gioco, negli Stati Uniti, all' inizio del Novecento. Peccato che non siano un gioco. I monopattini, soprattutto quelli elettrici che troviamo per strada e che possiamo condividere grazie agli smartphone, sono per molti versi una rivoluzione: veloci, efficaci nei ridotti tratti cittadini, ecologici grazie al motore elettrico, capaci di saltare file e traffico, di muoversi su strada e su marciapiede. Appunto: farsi prendere la mano è facile e pericoloso.

     

    Si chiama micro-mobilità. Ma i danni possono essere macro. Come è capitato in questi giorni con la prima vittima.

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    La curva di apprendimento delle innovazioni richiede sempre tempo: la draisina, madre della bicicletta, è nata nel 1816 grazie al Conte Drais. Già nel 1817 era stata regolamentata a Milano con un editto: entusiasti «early adopter» delle due ruote investivano i pedoni. Tre cose ci possono salvare: rispettare le regole, rispettare le regole, rispettare le regole. Automobilisti compresi, sia chiaro.

     

    1.RISPETTARE I LIMITI DI VELOCITA’

     

    Libertà va cercando chi si muove con lo «scooter» come viene chiamato negli Stati Uniti dove è nato e dove è ritornato qualche anno fa in quel laboratorio di idee che è San Francisco. Ma questo è il primo problema: non richiedono patenti o patentini. Solo uno smartphone. E questo può spingere a pensare che si possa andare ovunque. In realtà esiste un «codice stradale» da rispettare. Nelle aree pedonali la velocità massima deve essere di sei chilometri orari, una via di mezzo tra una passeggiata e una corsa insomma

     

    2.GLI UNDER14 NON POSSONO UTILIZZARLI

    MONOPATTINO CONTE MEME MONOPATTINO CONTE MEME

    Ma lo mando mio figlio sul monopattino elettrico oppure no? È un dilemma non banale visto l’entusiasmo che i ragazzi provano nell’utilizzarlo. Educare i ragazzi ad usare lo scooter rispettando le regole, come per la bicicletta, può aiutarli a responsabilizzarli, ma senza abbassare il livello di guardia.

     

    Innanzitutto il limite per legge è 14 anni, mentre capita di vedere teenager più giovani di questa soglia. Tanto chi controlla? La risposta può essere una sola: noi genitori. Non possiamo pensare di affidare ad altri il compito di dover dire no.

     

    1. L’ABITUDINE DEL CASCO

     

    Casco, altra nota dolente. Spettinarsi o proteggere la nostra vita? Può essere questo il dilemma moderno? L’obbligo esiste solo per i minorenni, ma vista la velocità e il pericolo che si corre, forse varrebbe la pena che ci spettinassimo tutti. Certo che è fastidioso.

     

    monopattino elettrico 10 monopattino elettrico 10

    Chiaro che è scomodo. Fino agli anni Ottanta non era nemmeno obbligatorio il casco sul motorino o la cintura in automobile: non potrebbe ave r senso lasciare che ognuno decida per sé? No, perché la salute in Italia è pubblica e si paga con le nostre tasse.

     

     

    1. I MARCIAPIEDI E IL PERICOLO DI AUTO E MOTO

    Strada o marciapiede? Come per la bicicletta anche il monopattino crea l’illusione di essere più un pedone che una persona che guida un mezzo. Più che un pericolo per gli altri, ci si sente in pericolo per se stessi (cosa vera, purtroppo, visto che poi, come per gli incidenti in bicicletta, la colpa è spesso degli automobilisti pericolosi, prepotenti e indisciplinati). Ma questo spinge ad andare sui marciapiedi. Il percorso per legge deve essere la strada a scorrimento lento (sulle altre l’uso è ammesso solo sulla pista ciclabile).

     

    1. I SEMAFORI CON IL ROSSO «BRUCIATI»

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    Al semaforo che faccio? Sgattaiolo? La pessima abitudine di passare i semafori pedonali anche quando sono sul rosso si sta diffondendo sempre di più, anche tra i pedoni e anche nelle città del Nord Italia con buona pace degli stereotipi. Ogni qual volta passiamo (anche a piedi) con un rosso dovremmo porci queste domande: e se un ragazzo mi guarda e mi emula? E se quello dietro pensa «passo anche io»? Facile dare la responsabilità ai vigili che non ci sono e che non possono passare il tempo a fermare tutti. La colpa è solo nostra. Si chiama educazione civica. Pensiamoci: il buon esempio può salvare una vita, senza essere eroi.

     

     

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