MATTEO RENZI
“Non sono andato via quando conveniva e non vado via adesso”. Poi l’avvertimento alla platea che rumoreggia: “Ci rivedremo al congresso e perderete di nuovo”. Come da copione, Matteo Renzi non molla il Pd e, seppur leader dimissionario, si comporta come l’unico padrone di casa. L’assemblea del partito all’hotel Ergife a Roma è ripartita da dove era rimasta incagliata, ovvero la non analisi della sconfitta dell’ex premier e segretario.
Che elenca le sue 10 ragioni della crisi e pianifica il ritorno, ma rifiuta di essere quello che si fa da parte. Chi si aspettava un nuovo inizio o almeno l’apertura dei lavori per ricostruire il partito, si è trovato di fronte il refrain del passato. “So che non sono l’unico responsabile ma in politica si fa così: paga uno per tutti“, ha detto. E pure: “Superficiale dire che le abbiamo perse tutte”.
Lui che aveva assicurato di volersi fare da parte dopo la botta del 4 marzo, ha aperto personalmente l’assemblea della presunta ripartenza. Solo dopo ha parlato Maurizio Martina: è stato eletto segretario con 7 voti contrari e 13 astenuti, e lui dovrà traghettare il partito verso il congresso e le primarie. Renzi è rimasto in sala giusto il tempo di sentire il suo successore parlare e poi se ne è andato. Non ha ascolta Gianni Cuperlo, ma nemmeno Andrea Orlando o l’attacco di Roberto Giachetti. Ignorato completamente il voto.
Martina: “Avviare congresso straordinario. Apro a chi è fuori e non temo pluralità”
maurizio martina assemblea pd
Il segretario reggente Martina oggi diventerà segretario pro tempore. Insomma l’ennesimo espediente per prendere tempo. Lui è stato prima sconfessato da Renzi quando stava trattando con i 5 stelle, e ora di nuovo con l’assemblea aperta da chi invece avrebbe dovuto stare in platea. Nel suo discorso ha cercato di rilanciare un programma per il rinnovamento: “Propongo che il partito avvii un percorso congressuale straordinario da qui a prima delle Europee che ci porti a elaborare idee, persone, strumenti nuovi. Dobbiamo riorganizzare tutto. In autunno terremo i congressi territoriali, perché nei territori il partito è collassato”.
E poi a ottobre “un grande appuntamento che si rivolga al Paese. Chiedo di poter fare un lavoro ricostruttivo e rifondativo: in ballo ci sono le ragioni fondative del Pd”. Martina, in controtendenza con le parole di Renzi, ha anche invocato maggiore profondità e apertura verso l’esterno: “Nel lavoro di ricostruzione del Pd dobbiamo metterci profondità perché non bastano i tweet. Neanche Obama basta più. Sono disponibile a fare il segretario di un partito che ricostruisca una fase straordinaria di riprogettazione. Si può fare, nella nostra pluralità. Si può fare se tutti teniamo un crinale di responsabilità”.
E, lui che nei giorni scorsi ha mostrato disponibilità al dialogo con Bersani, ha aggiunto: “Se ci sono democratici che non sono nel Pd cosa facciamo? Li teniamo fuori? Io sono pronto ad aprirgli porte e finestre. Quello che posso fare è rendermi disponibile, da questa assemblea, se lo vorrà, a fare il segretario di un partito che costruisce una fase straordinaria di riprogettazione, una pagina nuova sul progetto e poi sulle persone. Non ho paura della nostra pluralità se tutti teniamo a un principio fondamentale di unità e responsabilità. Penso che si possa fare, questo partito deve scuotersi e mettersi alla ricerca fuori di qui”.
E ha concluso: “Nessuna nostalgia del passato – aggiunge – pagina bianca, nuova, sguardo sul futuro, umiltà e determinazione, umiltà e coraggio”.
maurizio martina assemblea pd
Renzi: “Ci rivedremo al congresso, riperdere il congresso”. Ed elenca le sue 10 ragioni della sconfitta
Non solo Matteo Renzi non molla i dem o per il momento non darà sfogo al piano che tanto lo alletta di farsi un partito per i fatti suoi. Ma addirittura intende tenersi le redini del partito. Costi quel che costi e nonostante la sfilza di sconfitte elettorali. La conferma è arrivata con il discorso davanti all’assemblea dell’Ergife. Quando non solo ha elencato quelle che secondo lui sono state le 10 ragioni della sconfitta, ma ha lanciato un avvertimento a una parte del partito verso il congresso: “Smettiamola di considerare nemici quelli accanto a noi”, ha detto.
“Ci rivedremo al congresso, riperderete il congresso e il giorno dopo tornerete ad attaccare chi ha vinto”. E ancora, rispondendo ai fischi: “Adoro stare sui contenuti e ragionare, per chi è in grado di ragionare mica per tutti…”. Quindi ai suoi: “Vi suggerisco di non cadere nelle provocazioni. Non si può sempre, comunque e soltanto, attaccare dall’interno. Perché così si aiuta la destra. Basta risse da cortile alle quali il nostro popolo non può più stare. Io darò il mio contributo per la battaglia educativa e culturale contro chi vuol chiuderci nell’odio e nella paura.
Fate il percorso che volete io ci sono, ma se il giorno dopo le elezioni si ricomincia daccapo il problema è quando si chiude il congresso, non quando si inizia. Non siamo alla terza Repubblica ma non siamo nemmeno alla prima Repubblica in cui la corrente di un partito immagina di indebolire il leader per avere poi qualcosa di più. O ce ne rendiamo conto o perderemo la possibilità di incidere”.
L’ex segretario ha voluto, almeno nella forma, dimostrare che sulla sconfitta ha ragionato. E per questo ha fatto un elenco delle dieci ragioni per cui i democratici hanno perso: “Evitiamo le dietrologie: mi prendo le responsabilità di tutto quello che sto per dire. Siccome ci attende una traversata nel deserto, mi prendo la responsabilità di elencare dieci ragioni per cui abbiamo perso”. “Uno. Sembravamo establishment, anzi lo eravamo. Due. C’è un’ondata internazionale: la volete vedere o fate finta di nulla?
matteo renzi assemblea pd
Tre. Le divisioni interne: perché non le vince le elezioni un partito che litiga fino a una settimana prima del voto. Dite che è un’analisi superficiale? Quando volete… Quattro. Io non ho rinnovato abbastanza, soprattutto al Sud. Abbiamo perso perché abbiamo rottamato troppo poco. Cinque. La mancanza di leadership: è vero che non c’è leader senza la sua comunità, ma non c’è comunità che non esprima un leader, perché in politica la comunicazione è essenziale.
Sei. Non abbiamo dettato l’agenda: sullo Ius soli dovevamo decidere, o si metteva la fiducia a giugno o si smetteva di parlarne. Io l’avrei fatta perché fondamentale. Sette. I vitalizi: se approvi la legge Richetti alla Camera, poi non è che al Senato non l’approvi. Otto. I voucher: se facciamo credere che il Jobs act sia la madre di tutti i mali, poi non ci si sorprenda se Di Maio può dire che abbiamo creato schiavismo. Noi abbiamo ceduto alla cultura della Cgil. I toni e i tempi della campagna elettorale.
Non è l’algida sobrietà che fa sognare un popolo, devi dare un orizzonte forte al Paese. Ci siamo autoimposti un tema, la coalizione che non interessava agli italiani: aver seguito per mesi l’operazione di Pisapia, impostaci da una stampa amica, è un errore clamoroso. Siamo stati troppo sui social e poco sul sociale? Non sono d’accordo. Siamo stati poco sui social dove si è sviluppata una campagna devastante che ha mostrificato i nostri. Dieci. Si è detto che abbiamo rappresentato tutto in modo semplicistico e positivo: penso che non l’abbiamo fatto perché il progressismo non deve rappresentare il futuro come una minaccia”.
Del suo intervento, tutti aspettavano i mea culpa che però non sono arrivati. “Noi l’egemonia l’abbiamo avuta per tre o quattro anni”, ha esordito Renzi. “L’abbiamo persa e l’atto delle dimissioni ha questo significato”. Ma a chi applaude come a sottolineare le sue responsabilità, ha ribattuto: “Abbassiamo tutti i toni delle tifoserie. So che non sono l’unico responsabile ma in politica si fa così: paga uno per tutti”.
Si è poi rivolto alla minoranza che lo ha contestato durante il suo mandato: “Chi in questi ultimi 4 anni anziché dare una mano al progetto ha cercato di demolire il Pd ha distrutto non il Pd ma l’alternativa al populismo. Hanno picchiato contro l’argine del sistema, sul web e con divisioni assurde che hanno fatto il male del Pd. Perché non hai fatto una cosa tua dopo le primarie del 2014 o dopo il voto? Perché io credo e contino a credere che sia il Pd l’argine al populismo, non sono andato via quando conveniva e non vado via”.
matteo renzi assemblea pd
Renzi ha anche parlato dell’ipotesi di un accordo con i 5 stelle, quell’ipotesi che lui durante le mediazioni per la formazione del governo ha demolito in diretta su Rai1 intervistato da Fabio Fazio. E che ancora ci ha tenuto a distruggere: “Avevamo alternative? L’accordo con M5s. Ho combattuto come un leone per oppormi perché chi vince le elezioni deve governare, e hanno vinto M5s e Lega. Se avessimo fatto coalizione con M5s o con il centrodestra avremmo mandato all’opposizione i vincitori delle elezioni e sarebbe stata una ferita per il Paese.
Avrebbero detto che nessuno rispetta la democrazia. Se avessero vinto quelli che dicevano accordo M5s-Pd avremmo avuto una profonda ferita costituzionale rispetto chi dice che il M5S è la nuova sinistra, sono cantanti, intellettuali, ma io trovo che sia la vecchia destra. Non potremo mai perdonarli di aver trasformato la lotta politica in Italia in una rissa. Avete inquinato le falde della democrazia. C’è una componente di centrosinistra nel M5s? Possono prendere il bus e pagare i contributi alle colf, ma restano una corrente della Lega”.
1.PD: ZINGARETTI, RENZI NON ASCOLTA MAI, LIMITE ENORME
(ANSA) - "A me quello che più mi ha colpito dell'intervento di Matteo e un po' anche mi è dispiaciuto è che alla fine non si predispone mai all'ascolto degli altri, delle ragioni degli altri. Per un leader è un grandissimo limite". Così Nicola Zingaretti ha commentato con i giornalisti il discorso di Matteo Renzi all'assemblea Pd.
2.PD:ZINGARETTI,BASTA NOSTALGIE,ORA COMITATI ALTERNATIVA
nicola zingaretti presidente regione lazio
(ANSA) - "Il Pd si muove. Con fatica, ma finalmente si muove. Al bando ora ogni conservatorismo o nostalgia del passato con ricette che hanno fallito. Dobbiamo guardare avanti. Quando ci riusciamo il Pd vince, insieme a tanti altri, anche ora". Lo scrive sul suo profilo Facebook Nicola Zingaretti, salutando come positivo il congresso prima delle europee. "Costruiamo in tutto il paese in maniera aperta "comitati per l'alternativa" per chiamare a raccolta chi vuole cambiare e ridare agli italiani un futuro", aggiunge.
3.PD: GIACHETTI ATTACCA, RINVIO CONGRESSO È UN ERRORE FATALE
(ANSA) - "La decisione che state prendendo è un errore fatale. Tecnicamente e politicamente un errore fatale. L'unico obiettivo è evitare di tenere il congresso quando si doveva, nell'autunno prossimo. Non avete il termometro qui, di qual è lo stato del partito. Non stiamo avviando niente e non dobbiamo prenderci in giro: stiamo prendendo tempo perché siamo una classe dirigente fragile, impaurita e non trova il coraggio di consegnarsi al suo popolo, come dovrebbe".
Lo dice Roberto Giachetti, prendendo la parola in assemblea Pd. "Quando Zingaretti parla di un ciclo chiuso non parla di una sciocchezza ma Nicò, non si può considerare il ciclo chiuso adesso e riaprire il discorso tra un anno...", aggiunge. E ancora: "Dovremmo baciare per terra dove passa Calenda perché porta nel partito qualcosa di diverso". Infine conclude citando le parole di Renzi, che il 5 marzo invocava il congresso subito: "Io sono ancora lì. E sapete che vi voglio bene lo stesso ma aspettare a svolgere un congresso finché non sappiamo con certezza chi lo vince è il contrario di quello che dovrebbe essere il Pd".
4.MARTINA SEGRETARIO PD, SCONTRO SUL CONGRESSO MA IL VERO NODO SARÀ L' ALLEANZA CON I GRILLINI
franceschini giachetti lotti guerini boschi
Carlo Bertini per ''la Stampa''
Litigano su Martina segretario a tempo, ma alla fine trovano l' accordo per eleggerlo oggi in Assemblea nazionale.
Si dilaniano sulla data del congresso, fingono di volere le primarie a febbraio sapendo che si potrebbero tenere tra un anno, ma il vero tema politico che li dividerà di qui ai prossimi mesi saranno le alleanze, visto che il Pd è ridotto ai minimi termini.
Non a caso l' unico che ha messo fuori il naso per dire «nella corsa alla leadership io ci sono», ovvero Nicola Zingaretti, nella sua prima uscita sul Corriere della Sera, ha fatto capire che è alla sponda dei grillini che bisogna guardare, nella sua parte critica individuata nella componente che fa capo a Fico.
E anche se prima ci saranno le Europee, anche se il governo giallo-verde non dà segni di rotture, pur evidenziando molte crepe, è lì che la discussione andrà a parare. Come quando dal 4 marzo in poi i dem si sono spaccati tra chi avrebbe aperto porte e finestre ai pentastellati, almeno per vedere le carte (tutti i vecchi big e anche qualche renziano), e chi no.
GIACHETTI - LOTTI - FRANCESCHINI
Franceschini guarda avanti Di questo convenivano l' altro giorno Dario Franceschini e Francesco Boccia, scherzando sul fatto che se ora tutta la discussione sembra ruotare sulla questione che appare lunare della data delle primarie, è su nodi più sostanziali che si lotterà al congresso: è sulla forma del partito, sul tipo di progetto politico e sulle eventuali alleanze che si dovrebbe concentrare una discussione seria.
«Dobbiamo far tornare nel centrosinistra tutti quegli elettori che sono andati via, intercettati dal M5S e che oggi si ritrovano al governo, loro malgrado, con la destra di Salvini; con loro abbiamo il dovere di dialogare», sosteneva ieri Boccia in un seminario alla Camera sulle sorti della sinistra.
Nuova segreteria e Cencelli Ed è a questo che sembra alludere Gianni Cuperlo, quando liquida le voci sugli assetti, «un tandem Lotti all' organizzazione e Martina segretario non mi convince, ma corriamo il rischio della metafora del dito e della luna: perché abbiamo subìto la sconfitta peggiore della storia e se la risposta che diamo è litigarci ciò che rimane delle spoglie di una grande ambizione, non credo che andremo lontano».
Certo, dalle parti di Renzi non ci pensano proprio ad aprire spiragli verso quei pentastellati che già dai primi atti (vaccini, etc.) si posizionano anni luce dalla linea Pd. Se non altro perché l' ex leader crede che questo governo andrà avanti indefesso. Renzi si vuole tenere lontano dalle beghe delle correnti, oggi si terrà alto, attaccherà il governo e parlerà di Europa, lasciando scorrere il letto del fiume assembleare verso lo sbocco deciso dalle correnti, senza remare contro: elezione di Martina segretario, il quale dirà che il congresso si terrà nel 2019 senza specificare un mese preciso. E segreteria collegiale, blindata dai renziani nei posti chiave.
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Zingaretti stringe i tempi Non è quello che vuole Zingaretti (e Orlando che lo sostiene nella battaglia di fare le primarie a febbraio), ma così sarà. È ciò che offre Martina, «non voglio affibbiarmi una scadenza come gli yogurt».
A Renzi della data delle primarie non importa nulla, anche perché alle Europee ci sono le preferenze e nelle liste ci sarà spazio per tutti.
E perché, malgrado le smentite dell' interessato, crede di avere in tasca il sì del «suo» candidato: secondo l' ex leader infatti, Delrio si sarebbe già adattato all' idea di correre al congresso. E quindi lo scenario probabile sarà una sfida a due con Zingaretti. Mettendo in imbarazzo molti potenziali supporter del governatore, come Gentiloni: «Che fa Paolo se c' è Graziano in campo?», si chiedono i renziani. Ammettendo che il rapporto con i 5 Stelle sarà uno dei temi congressuali.
Anche per questo Marcucci dice «non facciamo passi indietro sul riformismo o ritorni al passato», stoppando così pure le aperture di Martina alle suggestioni lanciate da Bersani.