Simona Verrazzo per "Il Messaggero"
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Il mar Mediterraneo a rischio disastro ambientale: a largo delle coste della Tunisia è affondata una petroliera con 750 tonnellate di carburante. L'incidente è stato provocato dalle cattive condizioni del mare, che hanno bloccato l'imbarcazione nelle acque del paese nordafricano, facendola inabissare: salvi i membri dell'equipaggio, fatti evacuare, mentre si teme per l'ecosistema marino.
A lanciare l'allarme sono le stesse autorità di Tunisi, che hanno ricostruito la dinamica dell'episodio.
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La petroliera Xelo, battente bandiera della Guinea Equatoriale proveniente dall'Egitto e diretta a Malta, aveva chiesto di poter entrare nelle acque territoriali della Tunisia, all'altezza del porto di Gabés, nel sud-est del paese. L'equipaggio si è inizialmente rivolto alle autorità tunisine per ottenere il permesso di sbarcare, ma la situazione è precipitata e l'acqua, arrivando fino a due metri all'interno della sala macchine, ha costretto gli uomini a una vera e propria evacuazione. Ma mentre si è arrivati in tempo per mettere in salvo il personale a bordo, non c'è stato nulla da fare per l'imbarcazione: squadre congiunte della Marina, dei Trasporti e delle Dogane della Tunisia, aiutate dalle autorità della regione di Gabés, hanno cercato di mantenere stabile la petroliera per evitarne l'affondamento, senza però riuscirci.
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L'imbarcazione si è inabissata a 7 chilometri dalla costa. Le autorità tunisine sono intervenute per cercare di tranquillizzare sul possibile disastro ambientale, in una zona che è una delle destinazioni turistiche più gettonate per coloro che scelgono le vacanze nel mare del paese nordafricano, con l'oasi di Gabés affacciata sul Mediterraneo: la sabbia bianca e fine e i suoi palmeti di datteri ne fanno una località che punta sulle entrate del turismo, in ripresa dopo lo stop forzato per via della pandemia.
IL DANNO Ma a rischio sono anche le coste italiane. «Bisogna intervenire al più presto possibile. Abbiamo la certezza che sia una cosa seria - non nasconde la gravità della situazione l'ammiraglio Aurelio Caligiore, capo del Reparto ambientale marino presso il ministero della Transizione ecologica -. Bisogna fermare subito la fuoruscita degli idrocarburi per ridurre il danno che può investire prima la costa tunisina e poi propagarsi via mare alle nostre coste, prima si arriva e meglio è. Invece il governo tunisino non decide». E aggiunge: «Prima che sia troppo tardi bisogna intervenire. Le condizioni del mare e del vento sono molto serie. L'ideale sarebbe operare subito, ma è in acque territoriali tunisine e nessuno può intervenire se il Paese non chiede assistenza».
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L'ammiraglio ha informato il ministro Roberto Cingolani, che si è detto «preoccupato» per l'evoluzione dell'emergenza in mare. La ministra dell'ambiente, Leila Chikhaoui ha fornito aggiornamenti sull'incidente e sui soccorsi, parlando di «situazione attualmente sotto controllo». Ci sono perdite minime che non sono nemmeno visibili a occhio nudo - ha dichiarato Mohamed Karry, portavoce del tribunale di Gabés, presso il cui governatorato è stata aperta un'indagine per determinare le cause dell'incidente - Quindi non dovrebbe esserci un disastro nel golfo». Soltanto nei prossimi giorni, però, si potrà capire se il pericolo è stato del tutto scongiurato e se le sue acque, tra le più pescose del paese, siano completamente al sicuro.
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