Paolo Mastrolilli per “La Stampa”
scaffali vuoti al supermercato
Avete provato a comprare un libro, una bici, o peggio ancora un pezzo di ricambio per l'auto? E una macchina usata? Vi siete messi in testa di rinnovare la casa, ristrutturando bagni e cucine, o anche solo di cambiare qualche mobile? Negli Usa, di questi tempi, la risposta a simili domande varia in genere fra tre possibilità: la risata, la promessa di risentirsi l'anno prossimo, o la richiesta di una cifra esorbitante.
rallentamento della supply chain
La rivista "Atlantic" l'ha definita la "Everything Shortage", carenza di tutto, ed è il sottoprodotto della pandemia di Covid più tedioso, a parte ovviamente i danni alla salute. E' la devastazione della "supply chain", catena di fornitura dell'economia globale di cui prima non notavamo neppure l'esistenza, tranne poi scoprirne l'importanza vitale sulla nostra pelle quando si è spezzata.
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All'inizio siamo rimasti chiusi in casa, e quindi abbiamo smesso di produrre e consumare. Ma non ne abbiamo avvertito l'effetto, perché tanto non uscivamo. Poi siamo riemersi, abbiamo ripreso a lavorare, e negli Usa sono arrivati un sacco di sussidi statali. Perciò ci è venuta una voglia matta di tornare alla normalità, a cominciare da spese e acquisti rimandati per mesi.
everything shortage
Così la domanda di prodotti è schizzata in alto, senza che l'offerta fosse pronta a soddisfarla. Primo, perché la realizzazione di molti di questi beni era stata trasferita da tempo all'estero, in particolare in Asia, allo scopo di sfruttare i bassi costi locali. Ma ora questi paesi sono paralizzati dal Covid e quindi non producono più come una volta.
Secondo, perché anche se lo facessero, per fare poi arrivare i loro beni nei nostri negozi bisogna caricarli su camion o treni, trasferirli nei porti di origine, spostarli nei container delle navi, attraversare l'oceano, scaricarli nei porti di destinazione, metterli su camion e treni, eccetera.
joe biden
Tutti questi snodi si sono inceppati, diventando imbuti attappati. Perciò i beni non arrivano, i prezzi salgono e noi ci infuriamo col governo, anche se in realtà l'economia è in forte ripresa. Le possibili soluzioni? La prima è diventare monaci, e accettare una vita di privazioni. La seconda è riportare almeno in parte la produzione in patria, cosa che cerca di fare il presidente Biden col programma Build Back Better, ma richiederà anni. La terza è armarsi di pazienza e aspettare che passi la nottata.-
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