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    POCHE IDEE E BEN CONFUSE – SULLE RIFORME DI RENZI MOLTI FORZISTI HANNO VOTATO “NO” MA ERANO D’ACCORDO – E UN BUON NUMERO DI PIDDINI HA VOTATO “SÌ” PUR ESSENDO CONTRARI – POI SI LAMENTANO CHE LA GENTE SFANCULI LA POLITICA


     
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    Mattia Feltri per “la Stampa

     

    È finita per 357 sì (o sì-ma o sì-se o sì-forse) a 125 no (o no-ma o no-se o no-forse). È anche finita uno a uno, un documento della minoranza del Pd firmato da 23 deputati per spiegare a Matteo Renzi che è l’ultima volta che la passa liscia, e un documento della minoranza di Forza Italia firmato da 17 deputati per spiegare che è l’ultima volta che la passa liscia pure Silvio Berlusconi.

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    Era l’esito notarile (si chiede scusa per l’uso temerario dell’aggettivo) dell’esibizione parlamentare della mattina, dove un certo numero di democratici aveva definito pessima la riforma della Costituzione e però l’avrebbe votata, mentre un certo altro numero di forzitaliani l’aveva definita niente male e però non l’avrebbe votata. Lo straordinario è che tutto ciò, ai protagonisti della vicenda, sembra assolutamente logico.


    Comunque, ieri la riforma è passata e ritorna al Senato per una terza lettura da non perdere, specie se sarà la conseguenza della seconda. Nel corso della quale Forza Italia ha dunque deciso per il no dopo che a Palazzo Madama, in prima lettura, aveva deciso per il sì. Totalmente colpa di Matteo Renzi, è stato detto, che ha tradito il patto del Nazareno nell’elezione del Presidente della Repubblica.

     

    fitto berlusconi fitto berlusconi

    Per cui, ieri mattina, il partito di Berlusconi era così composto: gli strettamente berlusconiani guidati da Renato Brunetta sul recente no alle riforme, i fittiani storicamente ostili al Nazareno sul vecchio no alle riforme, i liberali alla Antonio Martino su un altro vecchio no alle riforme ma non di molesto stampo fittiano ma di accademico stampo martiniano, i verdiniani su un vecchio sì alle riforme all’ultimo minuto trasformato in un nuovissimo no alle riforme, e infine i riformisti non verdianini alla Mariastella Gelmini che, come i riformisti verdiniani, sono passati al novantesimo dal sì al no.

     

    maria stella gelmini 5 maria stella gelmini 5

    Questi ultimi - se al lettore la cronaca non dovesse ormai apparire etilica - si sono uniti ai verdiniani per redigere la lettera in cui si dice a Berlusconi che il no alle riforme non è una scelta politica ma «umana» (ci sarebbe stato meglio «umanitaria»): mai gli avrebbero giocato un brutto tiro proprio nel giorno della Cassazione sul Ruby uno. Però «non abbiamo votato norme mostruose né partecipato ad una svolta autoritaria», si è scritto, anche perché al Senato le si erano sostenute «su tua indicazione». Stavolta va così, la prossima non ci «vedrà silenti». 


    Da questa lunghissima premessa, Brunetta aveva tratto gli elementi per dichiarare che «il gruppo è unito». Ci sono al limite «sensibilità diverse» e «francamente giustificabili». Sarà come dice lui, nonostante la nostra contabilità: diciotto fittiani totalmente di traverso, diciassette verdinian-riformisti che stendono ultimatum, un dissidente eremita (Paolo Russo) che dal letto febbricitante ha pure scritto al Cav sulla bellezza delle riforme, un lupo solitario (Gianfranco Rotondi) che ha votato sì e siamo a trentasette in un gruppo di sessantanove.

    ROSY BINDI LEGGE "EUROPA" ROSY BINDI LEGGE "EUROPA"

     

    Un gruppo così unito che i fittiani sono intervenuti in aula per spiegare che il loro no era un vero no, e che gli altri no erano dei mezzi no, arrivati in extremis, e chissà che c’è dietro. E così unito che nel frattempo i verdiniani spiegavano che, al contrario, il loro no sarebbe presto sbocciato come una rosa in un bel sì. Allo stesso modo i democratici Rosi Bindi e Gianni Cuperlo, per dirne due, si erano alzati nell’emiciclo affinché fosse chiaro che invece il loro sì sarebbe presto diventato un no se Renzi andrà avanti con pervicacia, senza cambiare le cose in Senato e senza mettere mano alla riforma della legge elettorale.

     

    Per ora (parole di Cuperlo) prevale il senso di responsabilità e di lealtà ma non verso il premier, «verso il nostro Paese». Il medesimo senso di responsabilità che aveva spinto Stefano Fassina a uscire dall’aula e astenersi. E anche stavolta per Brunetta era tutto chiaro: «Renzi non ha più la maggioranza perché i suoi gliel’hanno giurata». 
    Si segnala che i cinque stelle - chiamalo fiuto del gol - sono rimasti a girarsi i pollici.

    cuperlo manifestazione cgil cuperlo manifestazione cgil

     

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