salvini
Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
I sindaci sono in rivolta. Non accettano di farsi commissariare, rifiutano l' appellativo di «distratti» che ha affibbiato loro Matteo Salvini e respingono all' indirizzo del Viminale la direttiva «anti balordi». È il nuovo fronte dello scontro elettorale perpetuo, che divide gli alleati di governo e che adesso investe anche le amministrazioni locali.
«Dove non arrivano i sindaci arriviamo noi», è il grido di battaglia con cui il ministro dell' Interno si è lanciato nella nuova crociata: permettere ai prefetti di sostituirsi ai sindaci sulle cosiddette zone rosse.
antonio decaro
Una decisione che mette a rischio l' autonomia dei primi cittadini, i quali da tempo invocavano maggiori poteri e invece potrebbero ritrovarsi più deboli.
Luigi Di Maio non ci sta e attacca: «Io sono dell' opinione che chi governa lo scelgono i cittadini, è l' abc della democrazia. Esprimi un voto e poi giudichi al termine del mandato». La reazione dei sindaci è sdegnata. Il presidente dell' Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro, ricorda che i primi cittadini amministrano «ogni giorno, tra mille difficoltà» e fa sapere che mai Salvini li ha chiamati per affrontare il problema del degrado urbano:
«Gli avremmo detto che varare zone rosse è come mettere la polvere sotto il tappeto». La polemica infuria e Decaro prova a fare carta straccia della direttiva incriminata: «Quello distratto sembra piuttosto il ministro, che pare aver dimenticato che i prefetti hanno competenza esclusiva su ordine pubblico e sicurezza e non hanno bisogno di nessuna circolare né di commissariare nessuno».
degrado a roma monnezza
Il renziano Dario Nardella, che amministra Firenze ed è in cima alle classifiche del gradimento, denuncia il retrogusto di «spot elettorale» del provvedimento: «La legge stabilisce già cosa possono fare i prefetti e cosa possono fare i sindaci». Poi il contrattacco, con Nardella che butta il pallone nel cortile del Viminale: «Salvini dovrebbe fare il ministro dell' Interno una volta tanto e inviare nelle città le forze dell' ordine che servono e che sono sotto organico».
È l' ora di pranzo quando il leader della Lega prepara mediaticamente il terreno, parlando di occupazioni, degrado, abusivismo e illegalità e dichiarando che «in caso di sindaci distratti c' è sempre il supporto dei prefetti». E qui Salvini prende a modello l'«ordinanza anti balordi» di Laura Lega, primo prefetto donna di Firenze. Alle tre del pomeriggio il ministro annuncia che il 3 maggio sarà a Ferrara dopo l'«ennesima rissa tra immigrati» e fa sapere che sta per inviare a tutti i prefetti «una direttiva per cacciare i balordi dalle città». Detto, fatto. Alle cinque, ecco il testo dal titolo «Ordinanze e provvedimenti antidegrado e contro le illegalità».
salvini di maio
L' obiettivo è smantellare le «piazze di spaccio» delle grandi città. Se ai sindaci «distratti» non bastano i nuovi strumenti, come il daspo urbano, il reato di accattonaggio e la limitazione alla vendita di alcolici, entrano in gioco i prefetti. Nel teorema di Salvini tocca ai «custodi della sicurezza» ricorrere a strumenti straordinari e urgenti per allontanare i «balordi» dalle zone rosse. Alle nove di sera il ministro reagisce all' assalto e accusa «alcuni sindaci di centrosinistra» di voler alimentare la polemica contro di lui: «Ordinanze di questo tipo erano già state ufficializzate a Bologna e Firenze. I sindaci le avevano condivise, compreso Nardella».
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