Estratto dell'articolo di Irene Soave per il “Corriere della Sera”
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Quando Pavel Rubtsov è sceso dall’aereo con gli altri prigionieri scambiati il 1° agosto — un hacker, altre spie, l’assassino Vadim Krasikov — aveva la testa rasata di fresco e una maglietta con Darth Vader, e lo slogan «Your Empire Wants You». Il tuo impero ti chiama.
Sul tarmac dell’aeroporto di Vnukovo il suo imperatore, Vladimir Putin, lo ha accolto con una stretta di mano. Il mondo capiva così perché da due anni Rubtsov, classe 1982, fosse detenuto in Polonia, unico giornalista incarcerato in Europa in attesa di giudizio.
Pavel Rubtsov - NAVALNY
Con l’alias di «Pablo González Yagüe», e la doppia cittadinanza spagnola e russa — nato a Mosca, si era trasferito in Spagna a 10 anni e sua moglie è spagnola— viaggiava come giornalista sui teatri di conflitto dell’Est, dal Donbass al Nagorno-Karabakh. Guadagnava tra i 1.500 e i 2.000 euro al mese, con cui mantenere quattro figli.
La sua missione però era spiare gli oppositori russi per conto del servizio segreto militare di Mosca, il Gru, per cui lavorava almeno dal 2016. Secondo documenti divulgati ieri dal quotidiano El Mundo , aveva spiato a lungo anche Aleksei Navalny.
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I contatti di Rubtsov-González con Navalny iniziano ad aprile 2017. In due occasioni fornisce alla Russia notizia di due cliniche di Barcellona e Losanna dove Navalny è ricoverato: nella prima si cura l’occhio destro, danneggiato da un lancio di zelyonka , la «cosa verde» simile a vernice che può provocare cecità. In clinica González incontra Navalny, e gli chiede un selfie.
Tre anni dopo, a settembre 2020, Navalny si stava riprendendo in clinica dall’avvelenamento da Novichok, operazione dei servizi russi. González posta il selfie del 2017, per dire che Navalny non è in punto di morte e che «va all’estero ogni due per tre».
González divulgava nei suoi articoli, sempre, la versione di Mosca. Dove era ritenuto «sempre disponibile». I rapporti dall’Europa Durante i suoi viaggi, tra il 2016 e il 2021, González passa continuamente informazioni.
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Dalla Georgia scrive ciò che scopre del processo di adesione alla Ue. Dalla Polonia manda informazioni sulle principali infrastrutture di sicurezza. Si accredita all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa; a maggio 2019 modera, in spagnolo, un «Forum Europa-Ucraina» a Rzezow, e poi fa rapporto.
«È andata bene, mi inviteranno di nuovo, ho stretto molti contatti». A settembre 2020 visita a Varsavia la «Casa Bielorussia», dove si riuniscono i dissidenti anti-Lukashenko, e invia ai russi le loro foto, e persino le password del wi-fi. [...]
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Il 28 febbraio 2022 i polacchi lo arrestano. Confiscati laptop, telefoni, tablet, memorie e una radiotrasmittente. Ma le notizie davvero importanti, secondo l’inchiesta, Rubtsov-González le passava nelle chat di videogiochi da pc di cui era appassionato. In russo, lingua madre dell’impero cui andava la sua fedeltà.
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