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Durante la Repubblica di Weimar, a Berlino, fioriva la sottocultura omosessuale. Si univano persone dello stesso sesso, esploravano la propria identità, cercavano di far emergere il genere giusto intrappolato nel corpo sbagliato. Quegli anni sono ora raccontati nel libro di Robert Beachy “Gay Berlin: Birthplace of a Modern Identity”.
Fu a Berlino che nacque “The Institute of Sexual Science”, dove si praticò il primo intervento da donna a uomo e dove si dispensavano le prime terapie ormonali. Il primo a sottoporsi all’operazione fu un ventitreenne, ex ufficiale che aveva combattuto nella Prima Guerra Mondiale: si era arruolato militare per mostrare la sua mascolinità, ma si sentiva da sempre donna. Subito dopo l’operazione, il paziente si sentì rilassato, equilibrato, in armonia con il corpo. Salvo poi farsi rioperare cinque mesi dopo perché si era innamorato di una donna.
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Bar, nightclub, e cabaret erano popolati da gay, lesbiche e trans. Gli scienziati si esponevano spiegando che l’omosessualità non era una perversione, ma una tendenza naturale. Dopo la guerra, la Germania era a pezzi, ma Berlino divenne capitale liberale e fulcro di creatività. Scrittori, poeti e artisti arrivavano da Londra, dalla Francia e dall’America per testimoniare e sperimentare questa libertà sessuale. I russi e gli scandinavi soddisfacevano gli impulsi voyeuristici.
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Esistevano una trentina di riviste omosessuali, settimanali e mensili, mentre nel resto del mondo si doveva aspettare il 1945 per simili pubblicazioni. I titoli erano espliciti, esposti nelle edicole, negli annunci si cercavano apertamente partner. Gli stilisti ideavano abiti di taglie maggiori per i traverstiti, la prostituzione maschile e femminile era a portata di mano. Si era raggiunto il punto massimo di mondanità e abbandono.
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Il Dottor Magnus Hirschfeld inaugurò “The Institute for Sexual Science” a marzo 1919, il primo istituto al mondo ad offrire assistenza medica e psicologica a persone etero, omosex, intersex, trans, trasformando il sesso in un legittimo studio accademico. L’istituto invitava all’educazione sessuale e aveva un suo museo della sessualità, dove si esponevano falli e strumenti fetish provenienti da tutto il mondo.
Il cross-gender fino ad allora era ritenuto sintomo di omosessualità, spesso associato alla prostituzione e alla attività criminale, ma il dottor Hirschfeld credeva fosse un’attitudine soprattutto eterosessuale. Quelli che impersonavano uomini e donne nei cabaret, attiravano tantissimi clienti. C’era la possibilità che venissero arrestati dalla polizia ma Hirschfeld convinse le forze dell’ordine a rilasciare un “pass travestiti” per permettere ai performer di andare a lavoro senza paura.
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All’istituto ci si incontrava per il tè pomeridiano e si tenevano balli. I medici volevano che lesbiche e gay avessero soddisfazione erotica che esulava da qualsiasi concetto di procreazione. L’epoca d’oro terminò con l’arrivo di Hitler. Nel 1933 i nazisti bruciarono i documenti dell’istituto e presero Hirschfeld come simbolo di ciò che odiavano: era ebreo, omosessuale e sessuologo. La festa a Berlino era finita.
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