MAURO EVANGELISTI per il Messaggero
In sole 24 ore ieri in Italia altri 798 letti sono stati occupati da pazienti Covid. In una settimana l'incremento dei ricoveri è stato del 31 per cento, portandoci a 18.744 (di cui 1.677 in terapia intensiva).
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Drammatico il numero dei decessi: 294, non se ne contavano così tanti in un giorno da fine aprile. Il dato dei nuovi casi, 220.532, è molto alto, ma comunque a fronte di 1,3 milioni di tamponi, con un tasso di positività che si sta stabilizzando al 16 per cento. Ieri tra l'altro si è alimentato il dibattito sull'opportunità di non diffondere più il numero dei contagiati ogni giorno, rendendo il bollettino settimanale.
Per il virologo Matteo Bassetti il report serale «non dice nulla e non serve a nulla», secondo Donato Greco del Cts «sarebbe un'ottima idea fare diventare settimanale il bollettino». Al Ministero della Salute però per ora non hanno intenzione di modificare la comunicazione dei dati, anche per garantire trasparenza
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LA CRESCITA Se ci soffermiamo sui ricoveri, tutta l'Italia ha numeri da zona gialla, ma corre verso le percentuali di occupazione degli ospedali da arancione. La fotografia della situazione in tempo reale è dell'Agenas, l'agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, e dice che in terapia intensiva i posti Covid sono già occupati al 17 per cento, in area non critica al 26. Va ricordato che il sistema dei colori indica rispettivamente nel 20 e nel 30 per cento i valori da non superare per evitare il passaggio in arancione. Sia chiaro: queste classificazioni vengono decise Regione per Regione, il dato nazionale ha una valenza prettamente statistica, ma ci sta dicendo che comunque gli ospedali cominciano a essere in sofferenza. Tutto questo sta succedendo per effetto della diffusione della variante molto contagiosa Omicron che però non ha ancora soppiantato la Delta.
Questo significa che in ospedale arrivano pazienti contagiati da una o dall'altra variante. C'è un altro elemento che va valutato con attenzione: la Omicron ha una capacità di infettare molto forte, quasi senza precedenti, e in particolare il lineage Ba.2 (una sorta di sottocategoria della variante) sta correndo rapidamente in Danimarca e India.
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Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità la straordinaria contagiosità della Omicron cambia la questione: non dobbiamo chiederci se ci contageremo, perché è quasi scontato, ma se lo faremo da vaccinati con terza dose, dunque con alte probabilità di non finire in ospedale. Spiega Hans Kluge, direttore regionale per l'Europa dell'Oms: «Al ritmo attuale dei contagi, da qui a due mesi oltre il 50 per cento degli europei sarà contagiato dalla variante Omicron del Covid». Per questo, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, è urgente che siano sviluppati dei vaccini adattati per rispondere alle nuove varianti e che soprattutto «siano in grado non solo di fermare la malattia grave, ma anche l'infezione e la trasmissione».
PICCHI La circolazione di Sars-CoV-2 sta mettendo in seria difficoltà gli ospedali (anche se ancora non siamo ai picchi toccati nelle fasi più drammatiche della pandemia). In particolare, i dati di Agenas confermano che sono tre le Regioni e le Province autonome che in terapia intensiva sono maggiormente in difficoltà: il Friuli-Venezia Giulia ha un tasso di occupazione pari al 23 per cento, le Marche al 22, la Provincia Autonoma di Trento è addirittura al 30.
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Non solo hanno dati alti, ma anche in crescita. In totale le Regioni in cui c'è un incremento nelle terapie intensive sono sei, perché vanno aggiunte, sia pure con valori assoluti più bassi, Sicilia (17), Sardegna (13) e Puglia (9). Il Lazio è al 21 per cento, ma c'è una frenata.
Stesso ragionamento per Veneto, Liguria e Toscana, tutte al 20 per cento. Per quanto riguarda gli altri reparti, i dati più alti in Valle d'Aosta (46 per cento), Liguria (39), Calabria (36), Piemonte (32), Sicilia (31), Lombardia (29), Friuli-Venezia Giulia 28, Campania e Marche (25), Lazio, Veneto e Abruzzo (24), Emilia-Romagna (23).
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Ma a fronte di questi dati, quale Regioni potrebbero passare in zona arancione? Sono gli stessi governatori a parlarne. Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli-Venezia Giulia, spiega: «Siamo molto vicini alla zona arancione. Voglio ricordare però che con le misure che la Conferenza delle Regioni aveva chiesto al Governo per i vaccinati l'arancione è come la zona bianca. Avevamo voluto queste misure perché c'è una grande differenza tra i vaccinati e non. Ovvero, il non vaccinato rischia di andare in ospedale, se gli ospedali si saturano rischiamo di mettere in crisi tutto il Paese. Chi è vaccinato protegge se stesso e gli ospedali e quindi la propria comunità». Anche Attilio Fontana, presidente della Lombardia, non esclude un imminente passaggio in arancione.
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