GIUSEPPE CONTE PAOLO GENTILONI ROBERTO GUALTIERI
Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
Si ritrovano a metà mattina e si dividono su tutto. Litigano i capidelegazione del governo convocati da Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri. Sulla riforma del Mes, bloccata dallo scorso dicembre a causa della posizione di Roma, e sul suo eventuale utilizzo in futuro. Sul tavolo di Palazzo Chigi finisce allora la posizione dell' Italia in vista dell' Ecofin del 30 novembre, ma soprattutto nel decisivo Consiglio europeo del 10-11 dicembre. I grillini vorrebbero bloccare ancora il Salva Stati. Ne nasce una lite pesante.
FRANCESCHINI RENZI
«Presidente - dice a un certo punto Dario Franceschini, rivolgendosi a Giuseppe Conte - dobbiamo prendere atto che esistono due posizioni nel governo: Pd, Italia Viva e Leu che sono a favore della richiesta del fondo, il Movimento contrario. Il problema è che qua non stiamo decidendo se attingere a quelle risorse, ma solo se dare il via libera alla riforma che tutta Europa attende».
Alla fine, l' unico compromesso possibile diventa quello di rimettersi al Parlamento, dando mandato al ministro dell' Economia di presentarsi alle Camere con un "sì condizionato" dell' Italia alle nuove regole del Salva Stati. Sperando che nel frattempo i 5S facciano chiarezza al loro interno. L' alternativa è il sostegno decisivo di Forza Italia al Mes e un cambio di maggioranza, preludio di una crisi.
ROBERTO SPERANZA
Ci provano tutti, a convincere Alfonso Bonafede. Anche Roberto Speranza e Teresa Bellanova, spiegando che le ragioni sanitarie rendono grave un "no" preconcetto a quelle risorse, ma addirittura incomprensibile il veto alla riforma. «Il problema - replica il capodelegazione 5S - è che noi su questo punto ci spacchiamo. I nostri interpreterebbero il via libera come una richiesta del Salva Stati».
giuseppe conte roberto gualtieri
La miccia è innescata. A tremare, ovviamente, è Conte. Il premier cerca una mediazione. Sostiene che «no, il Mes non credo ci servirà, ho dubbi sullo strumento». Ma aggiunge che «sì, la riforma va approvata». Alla fine si decide di spedire Gualtieri di fronte alle commissioni Finanze e Affari europei. Ma il banco di prova si presenterà comunque, visto che toccherà a Conte sfidare l' Aula a inizio dicembre. E affrontare il rischio di un incidente parlamentare. I numeri, al Senato, sono ballerini. I cinquestelle rischiano nuove defezioni. Voti che saranno compensati da Forza Italia, certo.
sandra lonardo foto di bacco
Solo che Conte preferirebbe avere numeri autonomi. Come? Giorni fa un manipolo di senatori - un paio di ex azzurri eletti all' estero, qualche ex grillino, Sandra Lonardo Mastella (che però in seguito si è sfilata dall' operazione) - hanno ricevuto udienza dal premier. Gli hanno presentato il progetto di un gruppo contiano a Palazzo Madama, da lanciare all' inizio come componente del Misto. Il premier ha detto che non potrà riconoscerlo pubblicamente, provocherebbe uno scossone. Ma ha promesso di incontrarli appena arriveranno a quota dieci adesioni.
goffredo bettini gianni letta giuseppe conte
Il problema, però, è che anche gli altri partner di governo mandano segnali di insoddisfazione. Nel Pd si allarga l' area di chi non ha gradito lo stop a Berlusconi. E Goffredo Bettini chiede «un rimpasto dopo la manovra », con dentro i leader di maggioranza. Per non parlare di Renzi. Ha fatto saltare il tavolo sulle riforme e detonare la mina del Mes. E siccome l' ascesa a segretario generale della Nato sembra in salita, potrebbe accontentarsi di fare il ministro. Di certo prevede scossoni a gennaio. Rimpasto, come minimo, forse anche cambio di cavallo a Palazzo Chigi.
giuseppe conte e ursula von der leyen a bruxelles
I prossimi giorni, comunque, diranno se sarà proprio il Mes a sgambettare la maggioranza. Conte sa bene che un veto isolerebbe l' Italia che già sconta in queste ore alcune fragilità sul Recovery. Roma è giudicata a Bruxelles più indietro degli altri Stati membri nella stesura del piano nazionale. Un ritardo che preoccupa anche le altre cancellerie perché, spiegano autorevoli fonti europee, indebolisce il progetto ma anche l' Unione, visto che proprio l' Italia è il principale beneficiario delle risorse.
Il premier, che lunedì aveva ammesso il ritardo tricolore, ha sentito intanto al telefono Ursula von der Leyen, strappandole un incoraggiamento: «L'Italia è sulla buona strada con la presentazione del piano nazionale ». Frase utile anche a Bruxelles per non mostrare crepe nello storico impianto da 750 miliardi. Von der Leyen incoraggia l' Italia sul Recovery ma Roma è giudicata a Bruxelles in ritardo nella stesura del piano.