Luca Bottura per “La Stampa”
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Ieri mattina, ora di colazione. Consumo brioche e cappuccino. Prima di uscire mi avvicino alla cassa per salutare e quelli, a tradimento, battono lo scontrino: 3 euro e 10.
Ovviamente sbotto: «E che, si fa così?». Non comprendono. Allora spiego: «Lei mi chiede subito del denaro senza nemmeno informarsi sui miei interessi, sui miei progetti, sulla mia storia personale». Niente: «Tre euro e dieci».
«Ma lei lo sa la fatica che la mia famiglia ha fatto per me? Lo sa quanto hanno speso per farmi studiare? Io i suoi 3 euro e dieci voglio poterli reinvestire per il progresso del Paese».
TIZIANA FAUSTI
Minacciano di chiamare la polizia. Dialogante, mi gioco l'ultima carta: «Guardi, facciamo così: adesso esco e alle prime tre persone che incontro dico che il cappuccino era ottimo e la brioche freschissima. Vi pago in visibilità». A momenti mi menano.
Naturalmente non è successo, perché nessuno sano di mente (anche se questo non mi esclude dal novero) si permetterebbe di dar vita a una scena del genere. Eppure la leggete ogni giorno quasi ovunque, con parole molto simili. Cambiano solo gli attori: imprenditori e imprenditrici, l'ultima Tiziana Fausti, ramo fashion, che lamentano pubblicamente la proattività deficitaria di chi cerca lavoro, specie i giovani.
TIZIANA FAUSTI
Questi fannulloni chiedono subito quanto prenderanno, si informano sugli straordinari, su possibili weekend liberi. Invece di empatizzare con chi li assume, che magari si è fatto da sé semplicemente ereditando una valigeria di lusso nel centro di Bergamo.
TIZIANA FAUSTI
Ora, non so come dirlo a Fausti e a tanti altri, ma la roba che dicono loro si chiama socialismo. E non nel senso di social. Prevederebbe però che si socializzassero anche gli utili, oltre alla fatica e al rischio di impresa. Ma siccome (se Dio vuole) ha vinto il capitalismo, funziona diversamente. L'imprenditore rischia soldi, salute e posteriore in cambio di denaro frusciante. Ove gli vada bene, ovvio.
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L'impiegato non insegue il jackpot. Dunque si regola di conseguenza. Certo, una via di mezzo ci sarebbe. Quella tedesca, dove lavoratori e imprenditori condividono il "goal", come credo direbbe Fausti, in cambio di salari molto più alti - siamo l'unico Paese in cui gli stipendi sono scesi, da vent'anni in qua - e diritti che in Italia abbiamo progressivamente smantellato. Un fordismo alla teutonica che peraltro in Europa fu inventato dagli italiani, cioè da Adriano Olivetti.
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Uno che oggi passerebbe come un pericoloso comunista, fuori dal mondo, schiavo dei sindacati. E che, coinvolgendo i dipendenti, creandone il welfare, aveva divorato fior di aziende a stelle e strisce. Mica un benefattore.
Noi però siamo (non sempre, ma troppo spesso) la Repubblica dei Gianluca Vacchi. Talmente abituati a un ecosistema del lavoro tossico che ce la prendiamo coi giovani. Quelli cui abbiamo mangiato futuro e pensioni. E anche la voglia di farsi domande.
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Facciamocene lo stesso: se non si trova personale a termine per la stagione estiva, sarà mica che per 800 euro in nero al mese la gente sta a casa? Se c'è chi al Sud preferisce il reddito di cittadinanza a un lavoro, sarà mica perché il lavoro è pagato uguale e forse in nero?
Se la gente si dimette in massa, sarà mica perché il loro tempo ha la stessa dignità di quello delle Fauci e sono stanchi di farselo pagare due spicci? Non rispondete subito. Prendetevi qualche minuto. Intanto pago la colazione.