Maria Sorbi per “il Giornale”
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Come nel peggiore degli incubi, stiamo rivivendo il dramma della scorsa primavera. Tale e quale. All' inizio di marzo gli anestesisti si erano trovati costretti a scegliere chi rianimare e chi no. I posti non bastavano per tutti i malati e, come in guerra, i medici selezionavano le cartelle cliniche di chi aveva più chance di salvarsi e quindi aveva diritto a un letto in terapia intensiva e chi no.
ospedale REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA coronavirus
Ci risiamo. «Rischia di succedere di nuovo» sostengono gli anestesisti della Siaarti (società di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva). Ma c' è una differenza: durante la prima ondata, nei reparti più intasati, le decisioni erano state prese in una manciata di minuti in mezzo ai corridoi stracolmi di malati e disperazione. Ora ci si organizza alla vigilia del tutto esaurito. Con un documento condiviso anche dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici.
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«Nelle situazioni emergenziali - si legge nel testo - il medico finalizza l' uso ottimale delle risorse alla salvaguardia della sicurezza, dell' efficacia e dell' umanizzazione delle cure evitando ogni discriminazione». Ma in caso si sia costretti, «è data precedenza per l' accesso ai trattamenti intensivi a chi potrà ottenere grazie ad essi un concreto, accettabile e duraturo beneficio».
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I criteri che verranno considerati in caso di «selezione» sono legati all' età del paziente, all' eventuale presenza di altre patologie, alla gravità del quadro clinico. Di caso in caso i medici valuteranno anche l' impatto sulla persona dei potenziali effetti collaterali delle cure intensive. Nel documento tuttavia viene specificato che l' età biologica «non può mai assumere carattere prevalente». Quindi è assolutamente sbagliato pensare che verranno salvati i più giovani e sacrificati gli anziani.
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L' obbiettivo del doloroso documento è non lasciare solo il medico nella decisione più delicata. Ecco perché «occorre stabilire dei criteri, coerenti con i principi etici e con quelli professionali, che possano supportare il medico, qualora si trovi di fronte a scelte tragiche, dovute allo squilibrio tra necessità e risorse disponibili.
E che possano garantire comunque al paziente i suoi diritti: dargli la certezza che non sarà abbandonato, ma sarà preso in carico con gli strumenti possibili, appropriati e proporzionati». Il testo specifica anche che le persone che non potranno accedere alla terapia intensiva non verranno lasciate al loro destino e in nessun caso si potrà parlare di abbandono terapeutico. Si effettueranno tutte le cure possibili, anche se dovessero essere solo palliative, nel rispetto della dignità di ogni persona.
CORONAVIRUS - OSPEDALE
La speranza è tenere l' odioso documento etico nel cassetto, senza doverlo mai consultare. Ma i dati cominciano a raccontare di una realtà in netto peggioramento, anche se una parte dell' Italia sembra non aver ancora capito in che situazione versano i nostri ospedali.
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La situazione delle terapie intensive non è uniforme in tutta Italia, ma le regioni in cui il sistema sanitario dà evidenti segnali di sofferenza sono 15. Questa settimana «per la prima volta è stato segnalato il superamento in alcuni territori della soglia critica di occupazione in aree mediche (40%) ed ed esiste un' alta probabilità che 15 regioni superino le soglie critiche di terapia intensiva e/o aree mediche nel prossimo mese» rileva il report settimanale di monitoraggio sull' andamento dell' epidemia di ministero della Salute e Iss. Complessivamente, il numero di persone ricoverate in terapia intensiva è salito da 750 il 18 ottobre a 1.208 il 25 ottobre.
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