Estratto dell’articolo di Giacomo Amadori Fabio Amendolara per “la Verità”
SATNAM SINGH
[…] La straziante vicenda di Satnam Singh morto a causa del sangue perso dopo un incidente sul lavoro è solo la punta dell’iceberg. Ma purtroppo quello dei sikh è un mondo chiuso e spesso gli sfruttati accettano il loro destino come fanno in India gli appartenenti alle caste più basse […].
Nel Tribunale civile di Latina quando ci sono cause per lavoro nero spesso sono gli stessi lavoratori sfruttati che vengono a testimoniare a favore dei datori di lavoro, dicendo che questi non erano a conoscenza del loro impiego. La maggior parte di loro parla solo punjabi e non riesce ad avere rapporti con le istituzioni se non attraverso mediatori e interpreti.
Ma la loro comunità, anche per la mansuetudine della maggior parte dei membri e la facilità di controllo, è considerata una gallina dalle uova d’oro da imprenditori agricoli disonesti, connazionali dediti alla mediazione che spesso sfocia nel caporalato e da sindacalisti desiderosi di implementare i numeri degli iscritti.
LA MORTE DI SATMAN SINGH - VIGNETTA BY ELLEKAPPA
Emblematico è il caso della provincia di Latina dove gli indiani (circa 30.000 tra regolari e irregolari, per lo più originari del Punjab) dichiarano quasi meno di dieci giornate lavorative nei campi all’anno e vivono mediamente in condizioni disastrose mentre i loro rappresentanti fanno carriera.
La figura simbolo è quella di Gurmukh Singh, rappresentante della comunità indiana del Lazio e leader della comunità sikh di Borgo Hermada, dove partecipa tra l’altro alla gestione del tempio. È nato ad Hazara in India 52 anni fa ed è arrivato in Italia nel 1991 ed è uscito dalla clandestinità sei anni dopo. In Italia ha iniziato a fare il bracciante («Per 15 anni ho lavorato nelle serre» ci dice). Ma poi ha smesso e si è sistemato.
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Ha comprato insieme con la moglie una casa di sette vani a Terracina (Comune marinaro in provincia di Latina), ha aperto un minimarket e successivamente la D&S multi service, un’agenzia di onoranze funebri insieme con un cittadino italiano. Insomma assiste i connazionali dall’arrivo nel Belpaese sino alla tomba. La nuova ditta è nata nel febbraio del 2022 e nel corso di quell’anno ha fatturato 30.000 euro, mentre nel 2023 i ricavi sono quasi raddoppiati salendo a 50.000 euro.
Ma Singh svolge per i suoi connazionali anche un ruolo parasindacale. Il sito di giornalismo investigativo Irpi media gli aveva dedicato questo cameo: «Sui social, TikTok e Facebook soprattutto, pubblica spesso video in cui si mostra impegnato nel risolvere i conflitti tra i lavoratori e i datori di lavoro locali. In uno di questi video, pubblicato di recente, si filma a bordo del suo Suv insieme ad un lavoratore che ha “salvato”, e che lo ringrazia profusamente per avergli finalmente fatto ottenere i soldi che il datore di lavoro gli doveva da settimane. “Tutte le sorelle e fratelli indiani sono la mia famiglia”, dice Singh nel video. “Se avete un problema, chiamatemi. Avete il mio numero”.
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In queste mosse la Flai Cgil (la sigla del comparto dei lavoratori agricoli, ndr) vede una pericolosa privatizzazione delle lotte sindacali». Su Internet si trovano moltissimi video di Gurmukh: indossa sempre gli occhiali da sole, anche quando è dentro al suo ufficio, e il turbante. E promuove le sue molteplici attività. Inizialmente era considerato vicino alla Cgil, ma poi ha preferito cambiare e avvicinarsi alla Uil.
Nel sindacato guidato da Maurizio Landini qualcuno collega il cambio di casacca all’arrivo come segretaria generale della Flai-Cgil di Frosinone e Latina di un’indiana, Laura Hardeep Kaur, in grado di comprendere la lingua. Come se Gurmukh preferisse avere un controllo esclusivo sui connazionali.
[…] Ieri Singh non era a Latina: «È a Cremona per fare interviste». Con chi? «Non so esattamente, Rai1, Rai2… con tutti» ci spiega il socio nell’agenzia di onoranze funebri, Cataldo Di Crescenzo. Dopo pochi minuti ci contatta lo stesso Gurmukh e ci parla dell’iniziativa di piazza di martedì, una delle tante da lui organizzate, dove si annuncia il solito tripudio di bandiere azzurre della comunità.
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«Faremo uno sciopero di mezza giornata e un corteo che partirà alle 15. Arriveranno sindaci locali, Cisl, Uil e Usb. La Cgil ha manifestato da sola venerdì. La nostra comunità, però, scenderà in piazza domani» rimarca.
Gurmukh ci spiega: «Conoscevo Satnam, un grande lavoratore». Sapeva che era impiegato in nero? Il leader glissa: «Prima lui e la moglie lavoravano vicino a Napoli e sette mesi fa sono venuti qua. Adesso chiediamo dignità e diritti per i genitori anziani e i fratelli che sono rimasti in India e vivevano sulle sue spalle».
Da consumato politico annuncia che domani chiederà per l’ennesima volta «al governo una sanatoria per gli irregolari». Tra i suoi cavalli di battaglia anche «i ricongiungimenti familiari semplificati e la cittadinanza per i nati in Italia».
Diritto che i suoi due figli avevano reclamato tramite il quotidiano Avvenire alcuni anni fa all’interno di un articolo un po’ celebrativo. Nella sua attività Gurmukh preferisce evitare di denunciare chi sfrutta il lavoro nero dei clandestini: «E poi i ragazzi che non hanno impiego dove li portiamo? Il governo a chi trova un contratto deve rilasciare il permesso di soggiorno, se no episodi come quello di Satnam continueranno. Visto che era particolarmente grave il caso è venuto fuori, ma tanti altri non emergono perché quando i braccianti si fanno male gli imprenditori dicono che il lavoratore è caduto dalla bicicletta o che si è fatto male in strada. Nessuno denuncia».
RENZO LOVATO - TITOLARE DELL AZIENDA AGRICOLA DOVE E MORTO SATNAM SINGH
Gli chiediamo quale sigla sindacale aiuti di più la sua comunità. La risposta è ecumenica: «I sindacati fanno quello che possono, ma più di tanto non riescono, adesso sono tutti presenti, ma non possono fare nulla di concreto se il governo non concede le sanatorie».
[…] infila il coltello nella piaga delle divisioni sindacali: «Quando, dopo la morte di Satnam, ho scritto la mail a tutti hanno risposto Uil, Cisl e Usb. La Cgil ha voluto fare da sola, gli altri verranno in piazza con noi. Io ringrazio chi ci dà una mano, chiunque sia. Per me tutti devono lavorare unitamente, non per una sola bandiera, se i sindacati non si muovono insieme non concludono nulla».
Un sindacalista contattato dalla Verità, con la garanzia dell’anonimato, ci spiega: «Gurmukh non si iscriveva personalmente, portava la sua gente a farlo. Non penso che abbia mai avuto una tessera, ma schiera i membri della sua comunità da una parte o dall’altra».
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[…] L’ultima domanda che facciamo a Gurmukh è sui padroni (Antonello e Renzo Lovato) dell’azienda nei cui campi Satnam ha perso il braccio e, dopo poche ore, la vita. Gli chiediamo se li conoscesse. Risposta: «Io conosco tutti. Quei signori hanno mostrato mancanza di rispetto. Se chiamava (Antonello, ndr) l’ambulanza il ragazzo non moriva. Invece lo ha lasciato morire perdendo tempo. Qui c’è rispetto per cani e gatti ma non per l’umanità. Non dico da parte di tutti quanti, ma per colpa di gente come questa ci vanno di mezzo tutti».
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Sabato per chiedere giustizia per Satnam è sceso in piazza a Latina anche il Movimento 5 stelle. Alla manifestazione organizzata dai pentastellati c’erano Adriano Zuccalà, capogruppo in Regione, e Dario Tamburrano, europarlamentare. «Latina ha scelto da che parte stare, è scesa in piazza unita per dare un segnale forte: sdegno, rabbia, condanna per la disumanità che ha condotto a morte Satnam Singh», ha scritto su Facebook la consigliera comunale Maria Ciolfi. Peccato che i 5 stelle non sappiano che Antonello Lovato era uno di loro. Infatti qualcuno ha salvato alcuni screenshot del suo profilo Facebook in cui lo stesso tra i «mi piace» inseriva il Movimento e rilanciava i comunicati della sindaca di Roma Virgina Raggi.
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Ma se i padroni italiani si sono dimostrati senza cuore, nelle campagne dell’Agro Pontino la violenza alberga anche tra gli indiani, nonostante la maggior parte di loro sia gente tranquilla.
In quest’area le storie di soprusi e brutalità sono all’ordine del giorno. E le inchieste, anche se relegate al ghetto mediatico di Latina e Provincia, sono zeppe di brutti episodi.
In questi annali ci sono storie di braccianti feriti per gioco a colpi di fucile da ragazzi annoiati o connazionali picchiati a sangue per aver chiesto una mascherina in piena pandemia.
Ma gli indiani non devono stare in guardia solo quando incrociano gli italiani. Nel settembre 2020, sei asiatici sono stati arrestati per una brutale aggressione a due connazionali a Fondi. Nell’ottobre dello stesso anno, durante una festa a Borgo Montello sono volate sprangate e colpi di fucile.
L’uomo che aveva organizzato la festa per la nascita del figlio in Punjab è rimasto ucciso.
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Nove gli arrestati, tutti connazionali della vittima. Gli inquirenti hanno individuato un gruppo «dedito a compiere spedizioni punitive nella comunità indiana». Gurmukh Singh aveva lasciato la festa poco prima del raid e si è presentato spontaneamente in questura per testimoniare.
A Sperlonga, ad aprile, durante una rissa, due indiani sono rimasti gravemente feriti.
Anche in questo caso gli inquirenti parlano di un regolamento di conti. Infine, a novembre dell’anno scorso, a Sabaudia, un indiano è stato trovato agonizzante con ferite alla testa, presumibilmente causate da colpi di bastone, un dito mozzato e segni di assideramento.
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