1. «UNA PIOGGIA DI SCARCERAZIONI» SOSPETTI SUI PM ANTI-CARTABIA
Felice Manti per “il Giornale”
MARTA CARTABIA
Se si liberano gli ultras violenti, armati e «daspati» è discrezionalità dei gip, se i ladruncoli la fanno franca è colpa della riforma Cartabia. Come se in passato i topi d'appartamento venissero assicurati subito alla giustizia. Ma il sospetto che dietro le strane scarcerazioni di questi giorni ci sia un disegno per «avvertire» la politica c'è.
Anche il giudice di Napoli non ha convalidato l'arresto dell'ultras coinvolto negli scontri perché «non connotato da alcun intento offensivo». A differenza di Roma, dove invece il gip ha ritenuto insussistente il presupposto dell'urgenza e della necessità in fase di arresto nonostante il pericolo di reiterazione del reato.
federico cafiero de raho foto di bacco (2)
Vanificando, di fatto, il prezioso lavoro delle forze di polizia. E mandando un segnale pericoloso di impunità. Ma siccome la magistratura vive il suo momento peggiore in termini di credibilità, alla vigilia dell'elezione del Csm e dell'avvio di una stagione riformista che cambierà finalmente la giustizia che terrorizza le toghe militanti- meglio far lanciare qualche fumogeno agli ultras delle Procure, come Fatto e Cinque stelle.
I membri M5s nelle commissioni Giustizia della Camera e del Senato, dagli ex magistrati Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato alla coordinatrice del comitato Giustizia Giulia Sarti, blaterando di «smantellamento della giustizia e restaurazione classista», denunciano «un diffuso allarme sociale» perché «restano impuniti autori di furti, danneggiamenti e altri reati tipicamente rivolti a semplici cittadini» e accusano il governo di Giorgia Meloni di «sovranismo dell'impunità» per aver concesso «benefici penitenziari a corrotti e corruttori».
ROBERTO SCARPINATO
Ma è davvero così? Dal 30 dicembre scorso una serie di reati punibili fino a due anni (dalle frodi informatiche alle lesioni personali o stradali) sono perseguibili solo su querela della persona offesa, non più su iniziativa d'ufficio del magistrato.
«La riforma ha molti buoni aspetti che pretendono un'adesiva attitudine delle parti processuali per dare frutti insieme a farraginosità procedurali inutili e talvolta persino dannose», dice al Giornale il pm antimafia Stefano Musolino, segretario nazionale di Magistratura democratica, che marca ancora le distanze rispetto ai toni apocalittici di Area attraverso l'ex presidente dell'Anm Eugenio Albamonte, che ipotizza la sostanziale impunità di chi compie furti e borseggi: «Si assisterà, tra qualche settimana, a scarcerazioni di delinquenti che abitualmente mettono in atto condotte illecite di questo tipo».
meme travaglio conte
Per il procuratore generale di Napoli Luigi Riello c'è una «depenalizzazione camuffata», al Fatto quotidiano il presidente della Corte d'Appello di Napoli Giuseppe De Carolis denuncia: «Serve la querela pure per perseguire i reati con metodo mafioso». A chi paventa un possibile scarceramento di massa replica però Via Arenula: «Nessun condannato definitivo per reati per i quali è prevista la custodia cautelare uscirà dal carcere per effetto della Cartabia», assicura una fonte vicina al Guardasigilli Carlo Nordio. Tra chi difende la riforma c'è il capo dei pm di Bologna, Giuseppe Amato («Polemica di lana caprina») e il presidente facente funzioni del Tribunale di Milano, Fabio Roia, che difende «una riforma rivoluzionaria che vuole razionalizzare l'esercizio dell'azione penale».
marta cartabia al senato
Sarà, ma ieri a Milano il sistema informatico sugli atti processuali utile per la creazione del cosiddetto «fascicolo penale digitale» è andato in tilt. Un magistrato di Magistratura indipendente ammette al Giornale: «C'è del populismo giudiziario anche dentro la magistratura. Se sento che cresce del malcontento, io che ambisco al potere me ne faccio portatore mentre il buonsenso porterebbe a dire "troviamo una soluzione"». Qualcuno tra le toghe soffia sul fuoco. Ma rischia di bruciarsi.
2. LA LEGGE CARTABIA COLPISCE ANCORA: SEQUESTRATI E PICCHIATI DAI BOSS, MA NON QUERELANO. CHIESTA LA REVOCA DELLA MISURA CAUTELARE PER I MAFIOSI
giuseppe calvaruso
Estratto dell’articolo di Giuseppe Pipitone per www.ilfattoquotidiano.it
Sono stati sequestrati e picchiati dagli uomini di Cosa nostra. Il motivo? Avevano rapinato un negozio senza l’autorizzazione del capomafia. In un contesto simile è comprensibile, dunque, che le vittime di questo pestaggio non abbiano alcuna intenzione di querelare i boss che li hanno già picchiati una volta.
Mancando la denuncia, però, i pm della procura di Palermo non hanno avuto altra scelta che chiedere la revoca della misura cautelare per tre uomini di Cosa nostra. L’ennesima storia legata agli effetti nefasti della riforma della giustizia firmata da Marta Cartabia rischia di regalare l’impunità a tre mafiosi di rango. Almeno per quello che riguarda un pestaggio in piena regola, compiuto secondo le più feroci regole della mafia. In questo senso quello di Palermo rischia di diventare un caso studio di come le nuove leggi creino un danno gigantesco alla giustizia.
A Palermo il caso studio della Cartabia – Anche in questo caso il punto è che la querela è diventata la condizione di procedibilità per certi reati. Tra questi ci sono pure i sequestri di persona e le lesioni.
NICOLA GRATTERI CAFIERO DE RAHO
Proprio di questi reati, aggravati dal metodo mafioso, sono accusati Giuseppe Calvaruso, considerato il reggente del mandamento mafioso di Pagliarelli, il suo braccio destro, Giovanni Caruso, e Silvestre Maniscalco. Il 14 dicembre del 2022, i tre sono stati condannati in primo grado con l’abbreviato per una serie di reati. Pene alte visto che a Calvaruso, ritenuto il nuovo capofamiglia, sono stati inflitti 16 anni di carcere, tre in meno per Caruso, mentre a Maniscalco sono toccati 4 anni e 4 mesi.
giuseppe calvaruso arrestato
[…] Boss restano in carcere per altri reati – Intanto entra in vigore la riforma Cartabia, che trasforma in maniera retroattiva una serie di reati da “perseguibili d’ufficio” a “perseguibili a querela“, cioè solo su richiesta formale della vittima. Non si tratta di fattispecie di poco conto, visto che includono anche il sequestro di persona e le lesioni, pure quando sono aggravati dal metodo mafioso.
Reati che erano contestati a Calvaruso, Caruso e Maniscalco, arrestati prima dell’entrata in vigore della riforma. Per i tre vale dunque il regime transitorio, che obbliga il giudice a verificare la volontà delle persone offese. Se le vittime non vogliono procedere con la querela, la misura cautelare è inefficace e il reato non si può più perseguire. È quello che è successo a Palermo: interpellati dal giudice, i ladri, che provengono dallo stesso contesto sociale dei boss mafiosi, si sono rifiutati di depositare querela nei confronti degli uomini che li avevano pestati a sangue.
marta cartabia in conferenza stampa
Ai pm Dario Scaletta, Federica La Chioma e Bruno Brucoli, coordinati dall’aggiunto Paolo Guido, non è rimasto che chiedere l’inefficacia della misura cautelare per i tre. Che rimangono in carcere perché già accusati e condannati in primo grado per associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati. Ma se fossero stati accusati solo del sequestro e del pestaggio, seppur aggravati dal metodo mafioso, sarebbero tornati in libertà. Di sicuro per la questione del pestaggio non saranno più processati.