Giuseppe Liturri per ''La Verità''
Cosa c'è di meglio, di fronte ad una domanda scomoda, che fare finta di non aver capito e rispondere fischi per fiaschi? Pare questa la strategia adottata ieri, a proposito del prestito del Sure, dal commissario europeo Paolo Gentiloni nel corso della conferenza stampa di presentazione delle stime autunnali della Commissione sull'economia europea.La domanda scomoda, che è stata formulata solo sulle colonne di questo giornale lo scorso 30 ottobre, è quella relativa al contratto di finanziamento per il prestito di 27,4 miliardi erogato dalla Commissione all'Italia a fronte di spese eccezionali sostenute per cassa integrazione ed altre indennità ai lavoratori autonomi (Sure, in sigla).
Tale contratto non è pubblicamente accessibile e ne è stata negato l'accesso ad un parlamentare europeo che ha chiesto di visionarlo. Esso contiene tutti gli elementi essenziali (tasso di interesse in primis) per valutare la convenienza relativa di questo strumento per le nostre finanze pubbliche e avrebbe già dovuto essere pubblicato dal ministero dell'Economia o dalla Commissione, allo stesso modo in cui sono pubblici i rendimenti delle aste dei titoli di Stato. Invece nulla.
paolo gentiloni ursula von der leyen
Questo è un debito di cui non è dato (ancora) conoscere i costi. Il 3 novembre la nostra richiesta di trasparenza ha trovato eco nella interrogazione a risposta scritta presentata al ministro dell'Economia ed al Ministro degli affari europei, con primo firmatario il senatore della Lega Alberto Bagnai. Nel documento si chiede di sapere «se i Ministri in indirizzo siano in grado di spiegare i motivi della non immediata pubblicità del loan agreement [] e quali azioni intendano intraprendere al fine di renderlo pubblico». La risposta di Gentiloni è degna del teatro dell'assurdo: «Non c'è nessun complotto nell'accordo europeo sui fondi Sure il cui testo non è stato pubblicato». Allora, se non c'è alcun segreto, perché non lo pubblica?
Non sappiamo chi abbia suggerito al commissario la parola «complotto», che è totalmente estranea al contenuto della nostra richiesta, effettivamente finalizzata a sapere perché quel contratto non sia pubblico, senza formulare accuse di alcun tipo. Il fatto che Gentiloni, non noi, avanzi la tesi del complotto appare una voce dal sen fuggita che, a questo punto, avvalora i peggiori sospetti. Allora c'è effettivamente qualcosa in quel contratto che è meglio non far conoscere ai cittadini italiani? E la Commissione ed il Mef quanto a lungo si trincereranno dietro le eccezioni al diritto di accesso previste dal Regolamento 1049/2001, molto simili a delle forche caudine manovrabili con eccessiva discrezione?
roberto gualtieri alberto bagnai
«Credo che ci sia anche una richiesta formale avanzata dal Parlamento italiano e penso che le autorità italiane siano in contatto con la Commissione per verificare le modalità di risposta sul testo dell'accordo Sure. Io - ha continuato Gentiloni - avendone firmati 17, di accordi come questo, sono abbastanza tranquillo sul fatto che non ci sono complotti o segreti. Semmai possono esserci alcuni dati sensibili sul cui trattamento bisognerò fare verifiche nel dialogo tra autorità. Ma certamente non c'è nessun documento misterioso». Il commissario inanella una collana di frasi logicamente scollegate. Delle due, l'una: o un documento è segreto o è pubblico. E se è inizialmente segreto, tale resta fino alla sua pubblicazione. Spiace ribadire l'ovvio, ma pare che Gentiloni ne abbia bisogno.
Tuttavia si lascia sfuggire il tema dei dati sensibili, rivelando un nervo scoperto. Infatti un contratto di finanziamento simile è previsto anche per i prestiti del Recovery fund, all'articolo 13 del Regolamento ancora oggetto di trattativa. E in quel documento saranno contenuti il meccanismo di determinazione del tasso di interesse, la scadenza media, le rate e, soprattutto, «gli altri elementi necessari per l'attuazione del prestito». Con esplicito riferimento a riforme aggiuntive richieste. Insomma le famose condizioni che serviranno a rafforzare il vincolo esterno sul nostro Paese. In base a tutto ciò, non possono esserci dati sensibili in quel contratto, ma solo dati essenziali per capire le obbligazioni assunte dal nostro Paese.
paolo gentiloni valdis dombrovskis
Sul fronte della sostenibilità del debito italiano, Gentiloni fa strage, in un colpo solo, delle menzogne che durante l'autunno del 2018 ci costarono diverse decine di punti di spread, che arrivò a superare di poco 300 punti. Infatti, sembrava che qualche decimale di deficit/Pil in più per finanziare quota 100 ed il reddito di cittadinanza, a prescindere dal giudizio sulle due misure, fossero sufficienti a mettere in discussione la sostenibilità del nostro debito ed i mercati furono opportunamente aizzati da dichiarazioni incendiarie dei commissari Ue. All'epoca, la crescita era di poco superiore allo zero ed il debito/Pil si attestava intorno al 135%. Oggi il Pil 2020 è previsto in calo del 10% ed il debito/Pil viaggia verso il 160% e Gentiloni crede «che non ci sia oggi alcuna preoccupazione sulla sostenibilità.
C'è la necessità, nel medio periodo, di mettere il debito in un percorso di sostenibilità e credo che questa preoccupazione sia pienamente condivisa dal governo italiano».Purtroppo la ferma sicurezza di Gentiloni nasconde un percorso di aggiustamento dei conti pubblici che non promette nulla di buono per il nostro Paese. Ai suoi occhi, ed a quelli della Commissione, la sostenibilità si ottiene solo con avanzi primari crescenti, già previsti dal 2023, che porteranno solo recessione. Il meccanismo già visto all'opera tra 2012 e 2014.