Francesca D'Angelo per "Libero quotidiano"
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Dovremmo dirvi che domani sera torna Il circolo degli anelli su Rai Due, nella versione Sotto l'albero: uno speciale natalizio che celebra la nostra (meravigliosa) stagione sportiva. La vera notizia però è che torna lei: l'unica e sola Sara Simeoni, la celebre campionessa olimpica di salto in alto che, all'età di 68 anni, è diventata una vera e propria star tv, con tanto di "Bimbi di Sara" che celebrano le sue gesta su Twitter.
E dire che lei, su Twitter, manco c'è...
«Lo so: dovrei attrezzarmi, ma mi dà tanto l'idea che sarebbe come avere un secondo lavoro... Però mi faccio raccontare tutto!».
Giusto festeggiare quest' anno esaltante, ma non sarà che la parte difficile arriva ora?
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«Abbiamo portato a casa dei risultati eccezionali, ma certamente non possiamo tirare i remi in barca. Nello sport, quando raggiungi un risultato, non puoi vivere di rendita, anzi! Devi allenarti ancora di più per mantenere i risultati. Non possiamo certo pensare che gli avversari si inchineranno al nostro passaggio».
Gli inglesi di certo non lo faranno...
«Mica solo loro! Tutti gli avversari vogliono smentire il nostro exploit olimpico e dimostrare che sono loro i veri campioni da battere».
Cosa pensa delle accuse di doping mosse a Jacobs?
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«È sempre così: quando ottieni dei risultati, ti arrivano puntualmente strane voci all'orecchio. Purtroppo c'è sempre quello che non sa cosa fare e dunque sparla: l'invidia regna sovrana. Gli inglesi comunque devono darsi una calmata perché i controlli sono negativi. Punto. Pensino piuttosto ad allenarsi bene per batterci alla prossima gara».
A proposito di Jacobs, l'ha vista la copertina di Vanity Fair, dove campeggia semi nudo?
«Bella foto, no? È a fuoco, è a fuoco! (ride, ndr) Parlo ovviamente da ex studentessa del liceo artistico: per me è una foto artistica».
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Veniamo a lei. Con Il circolo degli anelli, è come se avesse vinto di nuovo: è amatissima tanto che Ignazio La Russa ha fatto il suo nome per il Colle. Ci farebbe un pensierino?
«Siamo a Natale, mica a Carnevale! No, grazie. Però sa cosa farei se fossi Presidente della Repubblica?».
Sono tutt' orecchi.
«Renderei meno statici i poveri corazzieri del Colle!».
Ok, forse meglio se lascia stare la politica. La materia però l'affascina?
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«Una volta mi interessava, ma adesso ho preso un po' le distanze. Non mi diverte più: si parla troppo, si dicono un sacco di cose e io ne esco fuori sempre frastornata. Ormai tutto si è ridotto a uno spettacolo e anche se l'Italia deve venire fuori da problemi giganteschi, i nostri governanti perdono tempo in altro. Confido però che ci sia, prima o poi, un colpo di coda da parte di qualche politico bravo: alla fine uno intelligente e illuminato c'è sempre».
JACOBS
Il governo dovrebbe sostenere di più e meglio lo sport?
«Quest' estate il Quirinale si è trasformato nella sede degli sportivi! (ride, ndr) Mi auguro che non sia stata solo una bella passerella e che la nostra causa venga presa a cuore. A parte i vertici massimi dello sport, che sono andati avanti, le altre società e gli atleti hanno avuto grossissime difficoltà con la pandemia. Confido in Valentina Vezzali (ex schermitrice ora sottosegretaria allo sport, ndr): saprà dare saggi consigli a Draghi».
Dunque, abbiamo detto niente Colle per lei: Sanremo invece? Si fa il suo nome anche per l'Ariston.
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«Amadeus mi è molto simpatico, lo conobbi a una manifestazione quando lui era ancora giovinetto, ma non ho ricevuto alcun invito. Però, sì: se mi chiamano, perché no? Sanremo è un po' come la Nazionale di calcio: la segui a prescindere. Anche se, certo, gli orari sono tosti...».
Beh, Il circolo degli anelli è stata una bella palestra: può farcela.
«Vero. Da spettatrice però è diverso: a un certo punto, purtroppo, mi addormento».
La tv potrebbe essere il suo nuovo futuro?
«Suvvia, alla mia età... Poi, per carità, se mi propongono qualcosa di carino, lo valuto.
Ormai sono in pensione, posso anche pensare di cimentarmi con qualcosa di nuovo». Compresi i reality show?
SARA SIMEONI 9
«Non mi piacciono: resisto al massimo 5 minuti poi cambio canale».
Molti atleti portano avanti tv e sport contemporaneamente. È una scelta oculata?
«Quando mi allenavo avevo ricevuto diverse proposte, ma per me l'allenamento era fondamentale. Forse se avessi perso dei giorni di allenamento, non avrei raggiunto i risultati ottenuti. Bisogna fare delle scelte».
amadeus per telethon
La Treccani sottolinea la sua «capacità di affrontare con serenità le competizioni». Eppure all'epoca non esistevano nemmeno i mental coach: che ne pensa di questa moderna figura sportiva?
«Faccio un po' fatica a comprenderla. Perché dovrei avere bisogno di una persona che mi dice che sono forte? Lo so già: so cosa posso fare e cosa mi può dare il mio fisico perché melo dicono i risultati ottenuti in allenamento e in gara. Il mental coach me lo sono costruito sul campo».
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Crede che le nuove generazioni siano fisicamente più prestanti ma mentalmente fragili?
«Sicuramente la società è cambiata rispetto ai miei tempi, le pressioni sono maggiori così come il numero di gare. Prenda l'ultima Olimpiade: gli atleti si sono concentrati su un unico grande obiettivo, non su uno tra le tante gare internazionali. E questo ha fatto la differenza».
È stato difficile chiudere con l'atletica?
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«Assolutamente no. Mi sono ritirata a 33 anni ma già negli anni 80 avevo iniziato ad accusare dei problemi fisici: non ne potevo più fisiologicamente. Inoltre nella vita ci sono anche altre cose, come mettere su famiglia».
Chiuso il capitolo gare, ha continuato ad allenarsi da sola?
«Macchè. All'inizio sono passata dall'allenamento quotidiano a... zero, perché ero sempre in giro per convegni. Dopodiché mi sono cimentata con tutte le discipline che prima mi erano vietate, perché a rischio infortuni: ho imparato a sciare, mi sono buttata con il paracadute e ho provato il rafting. Ora però mi limito a camminare!».
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Oggi allo sport si chiede di essere promotore dell'inclusività. Lei si sarebbe inginocchiata al grido di Black lives matter?
«Sarà che io sono per i fatti, più che per le parole, ma ho l'impressione che siano iniziative plateali che lasciano il tempo che trovano: ti inginocchi, va bene, ma poi? Finisce lì e resta tutto come prima. Semmai credo nel potere inclusivo connaturato allo sport stesso che, per sua natura, offre a tutti pari opportunità».
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Cosa pensa delle atlete trans: è giusto che gareggino con le donne?
«È un tema delicato: lasciamo che siano la medicina e gli esperti in materia a esprimersi nel merito».
Lei sente di essere stata un modello per le donne?
«Quando gareggiavo non mi preoccupavo di dimostrare qualcosa alla società, forse perché in casa mia nessuno ha mai fatto differenze di genere. Al massimo i miei genitori mi chiedevano di tornare a casa accompagnata, se facevo tardi la sera, ma niente di più. Tutti potevano fare tutto: a me, per esempio, piacevano le attività manuali, compreso spaccare la legna. Però, sì, so che molte donne si sono avvicinate all'atletica grazie a me e di questo sono molto felice!».
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