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    "L'AMORE È UNA DISTRAZIONE PER UN TENNISTA? NO. E' UNA BELLISSIMA COSA QUANDO SI TROVA L'AMORE GIUSTO" - JANNIK SINNER, LEGATO SENTIMENTALMENTE A MARIA BRACCINI (E' L'AMORE GIUSTO?), SI RACCONTA A "VANITY" - "MI PIACE PARLARE DI TENNIS, LA VITA PRIVATA VOGLIO MANTENERLA TALE" - "MI SENTO AL 100% ITALIANO. NOI PARLIAMO IL NOSTRO DIALETTO TEDESCO, MA ANCHE IN SICILIA PARLANO UN DIALETTO CHE NELLE ALTRE PARTI D’ITALIA NON CAPISCONO, NO?" - SANREMO, LA RESIDENZA A MONTECARLO ("E' UN POSTO MOLTO SICURO"), IL RAPPORTO CON I SOLDI, LE "TRASGRESSIONI" E LE INCAZZATURE: "SOLO QUANDO PERDO A BURRACO…"


     
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    Estratto dell'articolo di Federico Rocca per www.vanityfair.com

     

    […] Jannik Sinner – unico italiano ad avere sollevato al cielo dell’emisfero boreale Norm – mi accoglie pochi giorni dopo la sua impresa epica, in boxer neri, fresco di doccia. A trovarselo così, davanti agli occhi, resta un mistero da dove arrivi quella potenza fisica che l’ha fatto riemergere dall’apnea della finale giocata contro Daniil Medvedev, nella quale, dopo due set persi 6-3, le speranze di una vittoria storica sembravano azzerate. Le valigie sono aperte, un po’ qua e un po’ là, nella stanza. Sinner si veste davanti a me e si accomoda su una di quelle pompose poltrone coi braccioli, in velluto capitonné, degli hotel romani. Se non fosse per i pantaloncini e la maglietta colorata, sarebbe un principe sul suo trono.

    […]

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    Non sembra esattamente a suo agio nel raccontarsi.

    «Mi piace parlare di tennis, e dello sport in generale. Ma se si riferisce alla vita privata, è vero, voglio mantenerla tale. Voglio proteggere le persone che mi sono più vicine, tenendole fuori da tutto ciò. Lo vivo come un piccolo compito da svolgere, quasi un dovere: mi hanno aiutato, da giovane, ad acquisire sicurezza in me stesso, e oggi in qualche modo voglio tutelarle».

     

    […] oggi è lei «quello da battere»?

    «“Quello da battere” è una parola grossa. Sono il numero 4 al mondo. Per il momento. Certo è un buon risultato, ma adesso devo ancora lavorare, prepararmi a tutto, perché ormai gli avversari mi conoscono bene, anche le mie debolezze. Sono uno di quelli da battere, diciamo».

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    (Sinner è diventato numero 3 dopo la vittoria del 18 febbraio a Rotterdam, ndr).

     

    Gli altri chi sono?

    «Zverev e Medvedev stanno giocando molto bene. Carlos (Alcaraz, ndr) ha vinto già due Slam e ha due anni meno di me. E poi c’è Nole (?okovic, ndr). Nole è Nole».

     

    A proposito di debolezze: Nicola Pietrangeli ha detto che per ora non ne vede in lei. Lei pensa che ce ne siano?

    «Sicuramente sì. Posso gestire ancora meglio certi momenti di difficoltà, c’è ancora molto che posso imparare dai miei errori. Ora sto giocando bene, ma arriveranno momenti un pochettino più difficili: è importante lavorare adesso per affrontarli preparati».

     

    Si dice che nel tennis ogni giocatore abbia due avversari: quello che ha di fronte, e sé stesso. Lei quale dei due teme di più?

    «È vero: alle volte possiamo davvero diventare un ostacolo per noi stessi. Ma più spesso siamo gli unici a poterci dare una grande mano. Alla fine, un giocatore il controllo ce l’ha solo su di sé. Non possiamo controllare il vento, il sole, né tanto meno l’avversario quando gioca bene: sono variabili che puoi solo accettare. Per come sono fatto io, temo di più l’avversario».

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    […] Nel tennis, per diventare campioni servono perseveranza, metodo, accanimento, fatica, rigore, forse anche un po’ di maniacalità. Che altro?

    «Maniacalità?».

     

    I tennisti hanno la nomea di essere un tantino ossessivi.

    «Ah, sì. Be’, serve anche fortuna nel trovare le persone giuste, intorno a te. Ma anche queste, se ci pensi, rientrano tra le cose che puoi controllare».

     

    Lei le ha trovate?

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    «Credo di sì: le persone giuste al momento giusto, che mi hanno indirizzato sulla strada giusta. Mi hanno aiutato a crescere, a conoscere meglio me stesso, il mio corpo».

     

    Quanto lo cura?

    «In questo momento ci sto attento al 100%. Per esempio: domenica ho giocato la finale, il giorno dopo sono volato in Italia e la mattina seguente sono andato subito in palestra. Non ho festeggiato in modo esagerato, non ho bevuto, perché non fa bene al corpo. Siamo andati a mangiare qualcosa e poi sono tornato in hotel».

     

    […] E quando ci ha pensato alla vittoria?

    «In volo, avevo 20 ore. Ho pensato subito a come potrei migliorare ancora. Mi sono chiesto come mai fossi finito sotto due set a zero, perché non avessi reagito prima».

     

    Un po’ di spazio per la gioia pura non c’è?

    «Sono uno abbastanza concentrato. Il che non vuol dire che non mi stia godendo il momento».

     

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    […] Si piace fisicamente?

    «Sì, in un modo normale. Come tutti, dico che vorrei avere qualcosa di diverso, ma in realtà sto lavorando per avere il fisico migliore possibile per giocare a tennis».

     

    Il tennis sembra uno sport sano, esente da scandali. C’è un lato oscuro di questo mondo che non conosciamo?

    «Come in tutte le cose, c’è il bello e c’è il brutto. Per esempio tra gli atleti c’è molta competizione, anche fuori dal campo».

     

    […] La famiglia come sta vivendo la sua popolarità?

    «In modo tranquillo. L’unica cosa è che adesso capita che si ritrovino un sacco di gente fuori di casa».

     

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    Da ragazzino avrà dovuto fare delle rinunce, per dedicarsi al tennis. Quale le è pesata, e le pesa, di più?

    «Ho tutto, non mi manca niente. Non sono mai stato in discoteca, non mi piace andare a dormire tardi. Preferisco giocare a carte con un amico».

     

    È sempre in giro per il mondo: quanto è difficile mantenere vivi i rapporti, le relazioni?

    Accavalla le gambe, allungandosi sulla poltrona, allontanandosi da me. Non è la prima volta. Il linguaggio del suo corpo è di facile interpretazione, quando le domande si fanno appena un po’ più intime.

     

    «I miei migliori amici sono ancora quelli dei tempi della scuola, si contano sulle dita d’una mano. Sono pochi, ma veri, perché mi conoscono da quando ero ragazzino e non gli importa di cosa ho vinto o di quanto sono famoso. Mi parlano di cose normali, mi regalano la serenità. Lo apprezzo, più di tutto il resto. È molto facile tenerli stretti a me».

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    Come tutti sanno è altoatesino e di madrelingua tedesca. Si è sempre sentito italiano al 100%?

    «Sempre, e sono molto orgoglioso di esserlo: a 7 anni facevo i campionati di sci coi ragazzini italiani, a 14 in Liguria i miei compagni erano italiani. Ma poi, noi parliamo il nostro dialetto tedesco, ma anche in Sicilia parlano un dialetto che nelle altre parti d’Italia non capiscono, no?».

     

    Giorgia Meloni ha detto che rappresenta «l’Italia che piace» e l’ha definita un esempio per i giovani. Lo è?

    «Boh. È una domanda difficile. Io gioco a tennis, a qualcuno piaccio e a qualcuno no. Per alcuni dovrei essere più sicuro di me, mentre altri apprezzano la mia umiltà».

    […]

     

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    Coi complimenti, inevitabilmente, è arrivata anche la prima polemica, quella sulla sua scelta di tenere la residenza fiscale a Montecarlo.

    «Il Principato è un posto molto sicuro, ci sono molti tennisti con i quali mi posso allenare, campi perfetti, belle strutture. Ho sempre pensato che sarebbe potuto essere un buon posto dove vivere».

     

    O possiamo dire molto ricco?

    Ride. «Va be’, fa lo stesso».

     

    Che rapporto ha oggi col denaro?

    «Prima di comprare qualcosa guardo sempre il prezzo, sempre. Se vado al ristorante e la pasta al ragù costa molto più di quella al pomodoro, prendo quella al pomodoro. Non perché sia tirchio, ma perché rispetto il denaro».

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    Si è tolto qualche sfizio?

    «L’unico regalo che mi son fatto è la macchina».

     

    Sarà una bella macchina.

    «È una bella macchina, ma non pensi a una Ferrari, una Lamborghini o una Maserati».

     

    Ha detto no a Sanremo. Non le piace molto quell’aspetto della popolarità, vero? Le ospitate, gli eventi…

    «Il 99% delle volte dico di no. Ma il motivo è molto semplice: mi voglio concentrare sul tennis, cerco di evitare le distrazioni».

     

    So che non desidera parlare della sua vita privata. Le chiedo, però, se crede che l’amore possa rientrare tra le distrazioni, rispetto al rigore che riserva al suo lavoro.

    «No. Certo non è semplice, giro molto e durante i tornei sono molto concentrato. Ma penso che sia una bellissima cosa quando si trova un amore giusto. Come per tutti. E poi, se ci pensa, i migliori tennisti al mondo hanno tutti moglie e figli».

     

    Trasgredisce mai?

    «No. Cioè, piccole cose».

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    Per esempio?

    «Nei tornei abbiamo dei pass sui quali sono caricati dei soldi per i pasti. Qualche volta coi ragazzi del team ci diciamo: “Dai, adesso prendiamo un piatto e passiamo senza pagare”. Ma è per scherzare…».

     

    […] C’è qualcosa che nella vita la fa davvero incazzare e perdere il controllo, anche solo per due secondi?

    «Quando perdo a burraco».

     

    Il più grande tra Pietrangeli e Panatta?

    «No, no, non iniziamo».

     

    Quando ha pianto l’ultima volta?

    «Quando è mancato l’altro nonno, un anno fa».

     

    E di gioia?

    «Mi sa che non è mai successo».

     

    A Melbourne sembravano lacrime quelle sul suo viso.

    «Era sudore».

     

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    […] C’è stato un momento in cui sembrava che Matteo Berrettini fosse l’astro nascente del tennis italiano sul quale puntare. Che cos’ha più di lui?

    «Lui ha avuto molti infortuni, speriamo che ritorni. Non è giusto dimenticare i suoi successi. Noi italiani siamo un bel gruppo, ci rispettiamo tutti anche se siamo tutti diversi. Io lavoro tantissimo per raggiungere i miei obiettivi e i miei sogni, perché non voglio avere rimpianti».

     

    Se anche dovesse finire domani, lei è già nella Storia. Che effetto le fa?

    «È una roba forte, bella, ma io sto facendo anche la mia storia personale, e la sto facendo per me stesso. Se mi guardo indietro so di avere fatto un bel percorso, ma non mi voglio fermare». […]

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