Luigi Ippolito per il “Corriere della Sera”
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«Calmo, educato e del tutto senza pietà» così viene fuori nei dibattiti in Parlamento il nuovo leader laburista, Sir Keir Starmer. Ma a descriverlo in questo modo non sono i suoi sostenitori, bensì quei giornali conservatori abituati fino a ieri a fare la claque a Boris Johnson: e che adesso devono ammettere che il loro premier ha trovato un avversario formidabile.
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Mentre Boris passa di pasticcio in gaffe, Sir Keir lo fa a fette sfruttando la propria abilità forense di avvocato ed ex procuratore generale d' Inghilterra. Assistere in questi giorni alle sedute a Westminster e agli scambi dialettici fra i due, ha scritto il Telegraph (noto altresì quale il «Torygraph »), è come vedere il candidato a un' intervista «dissolto in una pozzanghera di nevrosi balbettante» mentre l' intervistatore «lo smonta come un Lego».
Il momento più epico è stato lo scontro di mercoledì sulla tragedia nelle case di riposo. Starmer ha ricordato che il 40 per cento delle vittime del coronavirus si trova nelle residenze per anziani: mentre il governo a marzo aveva consigliato di tenerli lì perché più al sicuro. «No, non è vero!», ha farfugliato Boris: ma Sir Keir gli ha messo davanti un documento dello stesso governo e lo ha accusato di sviare il Parlamento.
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Poi Starmer ha chiesto a Johnson di spiegare la ragione delle «vittime fantasma» nelle case di riposo: lì ad aprile si sono registrati 26 mila morti, rispetto agli 8 mila dell' aprile scorso; ma di quei 18 mila in eccesso, solo 8 mila sono stati attribuiti al Covid: che è successo agli altri 10 mila? Come sono morti?
Il premier non sembrava neppure aver capito la domanda, limitandosi a borbottare «terribile malattia una tragedia andare avanti come una sola nazione». E quanto al totale delle vittime, Sir Keir ha infilzato il governo per aver fatto di colpo sparire i grafici che confrontavano la mortalità britannica con quella degli altri Paesi, proprio quando il Regno Unito è diventato la «maglia nera» d' Europa.
Sembrano davvero passati secoli dall' epoca di Jeremy Corbyn: il precedente leader laburista era bravo nei comizi di piazza, ma del tutto inefficace nei dibattiti in Parlamento, dove la sua specialità era mancare i gol a porta vuota.
Ma adesso Johnson, invece di un vecchio pugile suonato, si trova di fronte un provetto spadaccino.
Sir Keir non urla, non inveisce: dopotutto, è un Cavaliere del Regno insignito dalla regina per i suoi meriti di procuratore. Lui infilza l' avversario con precisione: soprattutto se questi è un bluffatore di professione come Johnson. L' avvocato contro l' ex giornalista, la competenza e il rigore contro l' improvvisazione e la boutade : non c' è partita.
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E pensare che per Starmer si profilava un esordio difficile, con le sue parole che rischiavano di finire annegate nella pandemia. Ma il nuovo leader laburista ha trovato la misura giusta: critiche costruttive, fattuali, non ideologiche. Un po' come lui: che sta rapidamente archiviando gli improduttivi furori corbynisti per riproporre il Labour come forza credibile di governo.
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È un raddrizzamento graduale. Prima Starmer si è liberato dei fedelissimi di Corbyn, promuovendo esponenti blairiani e browniani; e ora, anche se non ha sconfessato il programma «socialista» del suo predecessore, ci si aspetta che man mano ne smussi gli aspetti più estremisti.
Boris a gennaio, sull' onda della Brexit, sognava già un decennio trionfale di Johsonismo: ma alla fine potrebbe rivelarsi ben più breve del previsto la sua permanenza al numero 10 di Downing Street. Da dove in tanti, a Londra, non fanno fatica a immaginare affacciarsi il ciuffo composto di Sir Keir.
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