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    SITI E APPASSITI – LA VOGLIA DI AVERE TUTTO GRATIS CI COSTA CARISSIMA: IL NUOVO LIBRO DI WALTER SITI RACCONTA IL LATO OSCURO DELLA CIVILTA’ DIGITALE - TANTI SERVIZI CI SONO OFFERTI A COSTO ZERO MA ALLA FINE IL CONTO ARRIVA SEMPRE, SOPRATTUTTO PER I MILLENNIAL, VISTO CHE IL LORO LAVORO NON E’ PIU’ RETRIBUITO COME UNA VOLTA


     
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    Francesco Borgonovo per la Verità

     

    A dettare la linea, in un libro uscito nel 2009, è stato Chris Anderson, già direttore della rivista Wired, uno dei guru della rivoluzione digitale: «Lo sviluppo della Freeconomics, l' economia del gratis, è stimolato dalle tecnologie dell' era digitale», ha scritto. «Le linee di tendenza che determinano il costo delle attività economiche online puntano tutte nella stessa direzione: lo zero». Questa è la parola del futuro: gratis. Entusiasmante, a prima vista. Ma pure molto, molto pericolosa.

     

    I lati oscuri della «gratuità» tecnologica sono tanti, e a metterli in luce provvede Walter Siti, romanziere potente, vincitore del premio Strega e autore di un saggio intitolato Pagare o non pagare (Nottetempo).

     

    «Faccio parte del ceto medio, di quelli che una volta si chiamavano "i garantiti"», racconta.

    «Io sono un garantito di 70 anni, con un nipote di 25.

    Mi ha colpito, in mio nipote e in generale nei giovani, questa specie di disinteresse che hanno per il possedere le cose. Hanno pochi soldi in tasca, sono abituati a non essere pagati per ciò che fanno. Se pubblicano un video su Youtube, per dire, non vengono pagati.

     

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    In compenso, però, possono scaricare da un Internet un sacco di roba: musica, film, libri, tutto gratis. Persino programmi che, a comprarli, risulterebbero molto costosi. Non comprano la macchina, per esempio, perché con i servizi di car sharing possono utilizzarla quando ne hanno bisogno, senza possederla, basta che la restituiscano dopo l' uso. Per la mia generazione, comprare qualcosa con i primi soldi guadagnati era una sorta di rito di passaggio. La prima auto, i primi regali fatti ai genitori con il denaro guadagnato da te... Era come dire: sono diventato adulto».

    Ecco, probabilmente il primo «luogo oscuro» del gratis è proprio questo.

     

    Nell' era digitale non ci si emancipa mai, non si diventa mai indipendenti. Si resta bambini. «Forse è davvero così», dice Siti.

    «Che ci sia una sorta di infantilizzazione della cultura mi sembra abbastanza evidente. Oggi tutto dev' essere immediato, tutto va toccato subito. L' idea di un patrimonio di conoscenza a cui si accede piano piano nel corso della vita è venuta meno. Sono i bambini che vedono una torta e ci vogliono subito mettere le mani sopra».

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    Il gratis ha pure un altro effetto. In qualche modo, sterilizza la protesta, annebbia la critica. «La logica mi sembra questa: non vieni pagato per le cose che fai, in compenso ti vengono offerte un sacco di cose gratis, dunque non ti conviene lamentarti troppo, perché saresti il primo a rimetterci», riflette Siti.

    Ma l' inganno più grande, il gigantesco non detto, va a toccare la vera natura di questo fenomeno. In realtà, il gratis non è affatto gratis.

     

    «Le multinazionali, per esempio, ti offrono tantissimi servizi gratuiti», spiega Siti, «ma è un modo per affiliarti. Google ti dà una serie di cose che non costano niente in modo che tu non possa più fare a meno di Google».

     

    economia immateriale della rete economia immateriale della rete

    il monopolioLa gratuità serve a garantirsi il monopolio. A questo proposito, Siti cita una battuta di Bill Gates: «Quando ha saputo che in Cina piratavano il suo software, non ha intentato azioni legali e ha commentato con filosofia "vogliamo che rubino i nostri prodotti, non quelli degli altri"».

     

    Insomma, regalando si diventa indispensabili. «Il gratis è una specie di trappola», prosegue il romanziere. «L' ambiguità è tutta nella parola inglese free, che significa "libero", ma indica anche qualcosa che non costa nulla. Ti regalano una libertà con cui non sai che fare. È come avere al collo un guinzaglio che ti lascia arrivare fino a un certo punto, ma mai oltre.

    In verità, il tasso di spesa in termini umani e psicologici è alto: il gratis costa moltissimo».

     

    Leggendo il saggio di Siti, viene da pensare che, alla fine dei conti, sia tutta una questione di fatica. La rivoluzione digitale, dopo tutto, si fa strada grazie alla comodità. Ci sgrava da compiti difficili e noiosi, è vero, ma contemporaneamente toglie valore a ciò che facciamo. Ci regala possibilità che nemmeno abbiamo chiesto, in compenso non dà alcun valore ai nostri sforzi e al nostro impegno.

     

    facilità estrema «È il prezzo da pagare per la facilità», dice Siti.

    «Tutto è più facile ma anche più controllato, direzionato. L' ho visto con i miei occhi, avendo insegnato a lungo in università.

     

    WALTER SITI WALTER SITI

    I ragazzi si abituano a fare ricerche su Wikipedia, o comunque online. Evitano la fatica di cercarsi i libri, di verificare quale sia più attendibile e quale meno.

     

    Si abituano alla strada più semplice, come l' acqua che scende sempre verso il basso. Io però ho l' impressione che la conoscenza sia una scalata verso l' alto. Mi colpisce molto l' idea che circola oggi secondo cui i libri devono essere come sfarinati. Invece di essere oggetti duri, magari anche difficili da mordere, diventano polvere, vengono disgregati. Di una poesia si può prendere un verso solo, basta una citazione per riassumere un intero volume...

     

    Tutto questo mi fa pensare a ciò che scriveva Giacomo Leopardi nello Zibaldone, parlando delle gazzette toscane del suo tempo: un Paese dove tutti sanno un poco è un Paese dove si sa poco. La cultura vera, credo, prevede un accumulo che per forza risulta elitario». L' elitarismo, però (almeno in superficie) è il vero nemico della rivoluzione digitale, in cui tutti devono avere accesso a tutto.

     

    culture diverse«Mi colpisce molto un aspetto», dice Siti. «Per ciò che riguarda la tecnologia, tutti riconoscono che ci vogliono saperi specifici. I ragazzi vengono invitati ad approfondire, a specializzarsi. Questo, però, non vale per tutto il resto della cultura. La letteratura deve essere per tutti, la musica idem. Il bello e il brutto si stabiliscono a maggioranza...».

     

    SITI SANTAGATA SITI SANTAGATA

    E dire che la tecnologia è la cosa più elitaria esistente al mondo. Gli apparecchi digitali che tutti utilizziamo e che ci sono ormai indispensabili funzionano quasi per magia. Sono davvero pochi, fra noi, quelli che ne comprendono davvero i meccanismi. «Non sappiamo minimamente come funzionino smartphone, tablet eccetera. Ci permettono di fare tantissime cose, ma quando si rompono non resta altro che cambiarli. E tutto questo crea un' oligarchia: ad avere il potere sono quelli che sanno come funzionano i dispositivi tecnologici». Tutti gli altri sono, appunto, sottomessi, dipendenti. Bambini legati al cordone ombelicale.

     

    Walter Siti Walter Siti

    la prigione Nell' era dell' algoritmo sovrano, il dono si rivela una prigione. Da cui è sempre più difficile fuggire, dato che le possibilità di ottenere un impiego ben pagato sono sempre più limitate. «Per quel che riguarda il lavoro, in effetti, sono un pessimista», sospira Siti.

     

    «Non credo all' idea per cui si riguadagnerà in qualità ciò che si perde in quantità.

    Ho l' impressione che l' ondata di robotizzazione si tradurrà anche nella sostituzione dei lavori intellettuali, rendendoli di fatto inutili. I posti di lavoro saranno sicuramente di meno. Resteranno gli schiavi, perché costeranno sempre meno delle macchine».

     

    Oh, certo. C' è chi parla di reddito di cittadinanza, pensando che sia la soluzione a tutti i mali. Ma, di nuovo, ci troviamo davanti a una ulteriore forma di dipendenza. A una variazione sul tema della gratuità: ti pago per non fare niente, ti regalo uno stipendiuccio per tenerti al tuo posto.

     

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    «Una volta, un signore che si occupava di hedge fund mi ha detto: a noi converrebbe dare soldi ai giovani, purché se ne stessero buoni e tranquilli», racconta Walter Siti. «È curioso: il reddito di cittadinanza è il sogno degli antagonisti, ma è anche un desiderio di chi comanda».

    Abbiamo perso la possibilità di comprare, e pure il piacere di farlo. «Lo stesso concetto di comprare è entrato in crisi», scrive Siti.

     

    Walter Siti Walter Siti

    «Man mano che tutto si computerizza, le cose che compriamo non ci appartengono davvero, le abbiamo soltanto in uso, con una licenza». La sensazione, in fondo, è esattamente questa: che la vita stessa non sia nostra, ma che ci sia concessa in licenza.

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