MONICA COLOMBO per il Corriere della Sera
dal pino
Quando il presidente federale Gabriele Gravina annunciò la ripresa del campionato, interpretandolo come un messaggio di speranza da lanciare a tutti gli italiani, probabilmente si immaginava milioni di spettatori incollati davanti alla tv. In fremente attesa di un'acrobazia di CR7 o di un tiro da trenta metri di Ibrahimovic.
Di un duello scudetto appassionante o di una lotta per la salvezza non scontata. Invece dopo mesi di astinenza del pallone, il pubblico ha spento in fretta il telecomando. Abituati alla liturgia della partita nel week-end, i tifosi davanti a questa sbornia di sfide sono apparsi smarriti davanti all'eccesso di offerta. Gare tutti i giorni, in orari che poco si prestano allo spettacolo in campo (ogni riferimento alle partite delle 17.15 non è puramente casuale), o trasmesse così tardi la sera da causare l'abbandono del divano dopo il primo tempo.
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Piccolo raffronto fra gli spettatori alle gare di Sky della 30ª giornata e l'equivalente nel girone d'andata: se nell'undicesimo turno di A gli spettatori delle sette partite furono complessivamente 6 milioni, nello scorso week-end sono stati 3 milioni e mezzo. E ancora: nell'era del pre Covid (dalla 18ª alla 24ª giornata ad esempio) su Sky l'ascolto medio cumulato di un turno di campionato fu 6 milioni e mezzo di telespettatori, scivolati a 4 milioni negli ultimi quindici giorni (ovvero dalla 27ª alla 30ª giornata).
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Ora è vero che la gente dopo mesi di lockdown ha più voglia di vedere gli amici che non la sfida per l'ultimo posto al preliminare di Europa League, e la teoria del calcio che sarà imprevedibile dopo il coronavirus è stata ampiamente confutata, fatto sta che l'emorragia di due milioni e mezzo di spettatori è preoccupante. Il dato non è secondario nell'analisi dei rapporti conflittuali fra la tv satellitare e la Lega.
Il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso della Confindustria del pallone con l'ingiunzione a Sky di pagare 102.794.888 euro dopo che non aveva versato l'ultima rata dei diritti tv della stagione 2019-20 (in pratica la cifra rappresenta il totale preteso da quei club che non avevano già chiesto anticipi alle banche).
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Particolare non secondario: il decreto non ha immediata esecutività. Sky ora ha 40 giorni di tempo per presentare opposizione e successivamente potranno trascorrerne altri 90 prima che venga fissata un'udienza. In questo nuovo contesto cadono i presupposti legali per spegnere il segnale alla tv dopo il 12 luglio, come qualche falco in assemblea aveva minacciato.
Del resto, qualora avvenisse, Sky sarebbe pronta ad avanzare a sua volta una causa verso la Lega. Poiché i tempi per completare l'iter giudiziario si prevedono lunghi (fra fine anno e inizio 2021), la tv di Rogoredo si augura che riprendano i colloqui per trovare un accordo con i club, così da ottenere uno sconto del 15-18% sul prossimo anno. Da via Rosellini non arrivano però segnali di apertura. Anzi il presidente Paolo Dal Pino è impegnato a valutare le offerte dei fondi. Qualora la Lega si trasformasse in una media company, l'ipotesi canale auto-prodotto tornerebbe d'attualità.
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